In questo studio si è cercato di esaminare – attraverso l’utilizzo dei più recenti strumenti iconografici – due casi di un culto ampiamente attestato nel territorio di Mottola (Taranto), quello di s. Margherita di Antiochia e di s. Nicola di Mira. La ricerca mette a confronto i testi agiografici della Vita dei due santi e le testimonianze pittoriche di una ben individuata area cultuale, ubicata in ambito rupestre, indulgendo sulla descrizione degli affreschi, sull’analisi dettagliata delle iscrizioni fatte apporre dai vari committenti (laici o religiosi) ai piedi dell’affresco, nonché delle numerose iscrizioni votivo–deprecatorie, esegetiche e parenetiche impresse sulle pareti degli invasi grottali. Il lavoro si apre con un doveroso richiamo al quadro generale relativo all’evoluzione degli studi più recenti, mentre la fase successiva affronta un tema poco dibattuto e quasi mai realizzato, ossia quello che assume gli affreschi come autentici documenti storici al fine di effettuare un confronto tra questo tipo di testo/documento (iconografia) e quello dei documenti scritti (agiografia) della Vita dei due santi molto venerati nella tradizione religiosa del Mezzogiorno d’Italia. I due ambiti disciplinari, si presentano diversi, ma affini, sia nell’oggetto che nella metodologia di ricerca. L’aspetto religioso diventa uno delle tante sfaccettature del complesso mondo rupestre, costituito da componenti etniche diverse, da tramiti e imprestiti culturali trascurati dai precedenti studi: si pensi alle vie dei pellegrinaggi, al movimento delle Crociate, all’influenza degli Ordini monastici e cavallereschi, nonché all’incidenza dei traffici commerciali tra Oriente ed Occidente. La Puglia, si connota in tal senso come regione privilegiata, dal momento che l’intero territorio geograficamente liminare ha svolto un eminente ruolo di ponte/crocevia tra due mondi variegati e complessi dal punto di vista degli intrecci politico–dinastici, delle relazioni artistiche, linguistiche e devozionali. Ne costituisce una indubbia riprova il Santorale strettamente legato sia alla Chiesa greca sia alla Chiesa latina il cui impatto emotivo e catechetico assumeva un rilievo straordinario nell’acculturazione religiosa dei fedeli. Il monachesimo medievale, negli indirizzi spirituali ed organizzativi, fu senza alcun dubbio, il centro di elaborazione e il canale di trasmissione di questa cultura. Dall’indagine emerge che la preesistenza e la persistenza in molte aree geografiche dell’Italia meridionale – soprattutto in Puglia – di un culto greco da un lato e la scarsa omogeneità socio–politica (secc. IX – X) dall’altro, non rendono facile, un discorso agiografico organico e unitario. In queste aree, una delle Passioni più diffuse in ambito iconografico, è quello della martire Marina/Margherita, mentre il Santo più popolare e insuperabile (sia nell’ambito della sfera cultuale nonché iconografica) resta il s. Nicola di Mira o di Bari. La metodologia utilizzata per tale studio è quella “dell’interscambio”, quella cioè tendente a far confluire e dialogare le due diverse fonti: l’agiografica e l’iconografica. Infatti, all’interno dei due “monumenti” religiosi presi in esame, sono dipinti sia le scene della Passione di santa Margherita sia l’episodio della Praxis de Tribus Filiabus, l’unico attestato in ambito rupestre, relativo alla Vita di s. Nicola. Superata l’ottica di accostamento dal punto di vista dei testi agiografici e iconografici, l’indagine prosegue verso gli aspetti correlati alle aree dominate dalle fondazioni monastiche, dalle incidenze devozionali–cultuali e liturgiche, dalle correlazioni artistiche specifiche, si pensi agli Exultet. Nell’ultima parte si è cercato di allargare lo sguardo indagatore sia verso alcuni elementi comparativi riferiti ad aree geografiche limitrofe, sia, al contempo, verso alcuni punti di contatto cultuali e iconografici mirati all’individuazione dei tramiti culturali connessi con la devozione dei due santi. Un valido esempio di quanto sopra affermato è dato dal confronto iconografico con i dipinti rupestri di Melfi (Potenza), di Laterza (Taranto), di Andria (Bari), di Casaranello (Lecce) ed infine con i pannelli lignei agiografici di Bisceglie (Bari) oggi presso la Pinacoteca Provinciale di Bari. Va detto che la metodologia comparativa, condotta su differenti tipologie di fonti (agiografica, liturgica, iconografica) ha permesso di cogliere anche alcune dinamiche politico–istituzionali e culturali sottese allo sviluppo del culto dei santi Nicola e Margherita. Per quest’ultima, tuttavia, va evidenziato che la sua rappresentazione iconografica risulta essere l’elemento preponderante rispetto alla fortuna cultuale in auge nell’Occidente medievale. Infatti, è possibile rilevare che la rete delle istituzioni monastiche benedettine, fu uno dei principali veicoli di diffusione del culto della Santa. Le implicazioni dei complessi e articolati movimenti sopra citati, presentano risvolti non trascurabili ai fini della definizione dell’intricato fenomeno qui considerato: si pensi alla diffusione di culti esogeni e al fenomeno della traslazione o del trafugamento di reliquie, come nel caso di s. Nicola da Mira a Bari. Il secondo volume comprende il repertorio dell’apparato decorativo inteso a meglio chiarire il rapporto tra componente agiografica e componente iconografica. Quantunque il discorso fin qui affrontato abbia presentato non poche difficoltà, tuttavia la ricerca tenta di dare nuove risposte al tema del santorale rupestre pugliese, attraverso una nuova e diversa impostazione metodologica basata, appunto, su un binomio agiografico-iconografico, vale a dire su una varietà e pluralità di elementi finora poco trattati. Tale accostamento dei due filoni di indagine costituisce un itinerario metodologico che cerca di collocare la problematica trattata sia nello spazio ossia, l’edificio grottale come oggetto della produzione pittorica, sia nel tempo legato agli utenti che in questi luoghi del sacro hanno espresso la loro fede più autentica e il loro legame con la produzione agiografica in quanto ispiratrice del repertorio dei santi cui si rivolgeva la loro invocatio.
Tortorelli, R. (2008). Aree cultuali e cicli agiografici della civiltà rupestre: i casi di S. Margherita e di S. Nicola di Mottola.
Aree cultuali e cicli agiografici della civiltà rupestre: i casi di S. Margherita e di S. Nicola di Mottola
2008-06-06
Abstract
In questo studio si è cercato di esaminare – attraverso l’utilizzo dei più recenti strumenti iconografici – due casi di un culto ampiamente attestato nel territorio di Mottola (Taranto), quello di s. Margherita di Antiochia e di s. Nicola di Mira. La ricerca mette a confronto i testi agiografici della Vita dei due santi e le testimonianze pittoriche di una ben individuata area cultuale, ubicata in ambito rupestre, indulgendo sulla descrizione degli affreschi, sull’analisi dettagliata delle iscrizioni fatte apporre dai vari committenti (laici o religiosi) ai piedi dell’affresco, nonché delle numerose iscrizioni votivo–deprecatorie, esegetiche e parenetiche impresse sulle pareti degli invasi grottali. Il lavoro si apre con un doveroso richiamo al quadro generale relativo all’evoluzione degli studi più recenti, mentre la fase successiva affronta un tema poco dibattuto e quasi mai realizzato, ossia quello che assume gli affreschi come autentici documenti storici al fine di effettuare un confronto tra questo tipo di testo/documento (iconografia) e quello dei documenti scritti (agiografia) della Vita dei due santi molto venerati nella tradizione religiosa del Mezzogiorno d’Italia. I due ambiti disciplinari, si presentano diversi, ma affini, sia nell’oggetto che nella metodologia di ricerca. L’aspetto religioso diventa uno delle tante sfaccettature del complesso mondo rupestre, costituito da componenti etniche diverse, da tramiti e imprestiti culturali trascurati dai precedenti studi: si pensi alle vie dei pellegrinaggi, al movimento delle Crociate, all’influenza degli Ordini monastici e cavallereschi, nonché all’incidenza dei traffici commerciali tra Oriente ed Occidente. La Puglia, si connota in tal senso come regione privilegiata, dal momento che l’intero territorio geograficamente liminare ha svolto un eminente ruolo di ponte/crocevia tra due mondi variegati e complessi dal punto di vista degli intrecci politico–dinastici, delle relazioni artistiche, linguistiche e devozionali. Ne costituisce una indubbia riprova il Santorale strettamente legato sia alla Chiesa greca sia alla Chiesa latina il cui impatto emotivo e catechetico assumeva un rilievo straordinario nell’acculturazione religiosa dei fedeli. Il monachesimo medievale, negli indirizzi spirituali ed organizzativi, fu senza alcun dubbio, il centro di elaborazione e il canale di trasmissione di questa cultura. Dall’indagine emerge che la preesistenza e la persistenza in molte aree geografiche dell’Italia meridionale – soprattutto in Puglia – di un culto greco da un lato e la scarsa omogeneità socio–politica (secc. IX – X) dall’altro, non rendono facile, un discorso agiografico organico e unitario. In queste aree, una delle Passioni più diffuse in ambito iconografico, è quello della martire Marina/Margherita, mentre il Santo più popolare e insuperabile (sia nell’ambito della sfera cultuale nonché iconografica) resta il s. Nicola di Mira o di Bari. La metodologia utilizzata per tale studio è quella “dell’interscambio”, quella cioè tendente a far confluire e dialogare le due diverse fonti: l’agiografica e l’iconografica. Infatti, all’interno dei due “monumenti” religiosi presi in esame, sono dipinti sia le scene della Passione di santa Margherita sia l’episodio della Praxis de Tribus Filiabus, l’unico attestato in ambito rupestre, relativo alla Vita di s. Nicola. Superata l’ottica di accostamento dal punto di vista dei testi agiografici e iconografici, l’indagine prosegue verso gli aspetti correlati alle aree dominate dalle fondazioni monastiche, dalle incidenze devozionali–cultuali e liturgiche, dalle correlazioni artistiche specifiche, si pensi agli Exultet. Nell’ultima parte si è cercato di allargare lo sguardo indagatore sia verso alcuni elementi comparativi riferiti ad aree geografiche limitrofe, sia, al contempo, verso alcuni punti di contatto cultuali e iconografici mirati all’individuazione dei tramiti culturali connessi con la devozione dei due santi. Un valido esempio di quanto sopra affermato è dato dal confronto iconografico con i dipinti rupestri di Melfi (Potenza), di Laterza (Taranto), di Andria (Bari), di Casaranello (Lecce) ed infine con i pannelli lignei agiografici di Bisceglie (Bari) oggi presso la Pinacoteca Provinciale di Bari. Va detto che la metodologia comparativa, condotta su differenti tipologie di fonti (agiografica, liturgica, iconografica) ha permesso di cogliere anche alcune dinamiche politico–istituzionali e culturali sottese allo sviluppo del culto dei santi Nicola e Margherita. Per quest’ultima, tuttavia, va evidenziato che la sua rappresentazione iconografica risulta essere l’elemento preponderante rispetto alla fortuna cultuale in auge nell’Occidente medievale. Infatti, è possibile rilevare che la rete delle istituzioni monastiche benedettine, fu uno dei principali veicoli di diffusione del culto della Santa. Le implicazioni dei complessi e articolati movimenti sopra citati, presentano risvolti non trascurabili ai fini della definizione dell’intricato fenomeno qui considerato: si pensi alla diffusione di culti esogeni e al fenomeno della traslazione o del trafugamento di reliquie, come nel caso di s. Nicola da Mira a Bari. Il secondo volume comprende il repertorio dell’apparato decorativo inteso a meglio chiarire il rapporto tra componente agiografica e componente iconografica. Quantunque il discorso fin qui affrontato abbia presentato non poche difficoltà, tuttavia la ricerca tenta di dare nuove risposte al tema del santorale rupestre pugliese, attraverso una nuova e diversa impostazione metodologica basata, appunto, su un binomio agiografico-iconografico, vale a dire su una varietà e pluralità di elementi finora poco trattati. Tale accostamento dei due filoni di indagine costituisce un itinerario metodologico che cerca di collocare la problematica trattata sia nello spazio ossia, l’edificio grottale come oggetto della produzione pittorica, sia nel tempo legato agli utenti che in questi luoghi del sacro hanno espresso la loro fede più autentica e il loro legame con la produzione agiografica in quanto ispiratrice del repertorio dei santi cui si rivolgeva la loro invocatio.File | Dimensione | Formato | |
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