L’immota solennità della Basilica di San Pietro in Vaticano è l’esito di un meditato processo di edificazione e manutenzione che interseca un lungo segmento di storia. Dal primo decennio del XVI secolo, le sbalorditive dimensioni dell’erigenda nuova basilica e le sue atipiche necessità traducono l’istituzione papale preposta alla gestione del colossale cantiere in privilegiata officina della costruzione, laboratorio sperimentale e volano dell’edilizia romana. Tale autorità, acquisita con il procedere del cantiere e consacrata da un’intensa attività di supporto a fabbriche esterne, dal XVIII secolo è riconvertita alle istanze del restauro, declinate in periodiche campagne di manutenzione e in alcuni interventi cardine, primo fra tutti il consolidamento della cupola (1748). Le specifiche necessità funzionali e strutturali dello spazio basilicale, dalle dimensioni inusitate, obbligano i tecnici sanpietrini alla repentina definizione di procedure e pratiche d’intervento, funzionali alla conservazione del corpus basilicale e del suo prezioso corredo decorativo, nonché all’invenzione di specifici dispositivi provvisionali. All’inizio del Settecento, la Fabbrica risponde a tale urgenza operativa con la versatile competenza dei suoi artieri. Fino a tutto il XIX secolo essi saranno i protagonisti dei restauri della cupola grande (1748, 1773, 1816), della volta della navata principale (1708, 1774, 1897), della cupola della cappella Gregoriana e del monumentale portico d’ingresso, solo per citarne alcuni. Tra i restauri diretti dai qualificatissimi tecnici sanpietrini si annoverano anche episodi esterni al limen petriano, quali il restauro della cupola del Pantheon (1755) e la rifunzionalizzazione del palazzo Astalli in via dell’Aracoeli (dal 1827) [1]. Ne emerge un interessante e variato repertorio storico di casi-studio, distinti per procedure d’intervento nelle quali sono adottati ponteggi di servizio, fissi o mobili, talora anche di dimensioni inusitate [2]. Questi ultimi, raccolti in uno strabiliante repertorio grafico concepito in forma di manuale [3], avranno una sorprendente longevità funzionale, che ne fa a tutt’oggi dei validi prototipi per l’adattamento alla contemporanea pratica del restauro. Riferimenti bibliografici: [1] M. P. Sette (a cura di), Restauro architettonico a Roma nell’Ottocento, Roma 2007. [2] N. Marconi, «Per costruire o ristorare ideate»: le Macchine e i Ponti di mastro Nicola Zabaglia, in Magnificenze Vaticane. Tesori inediti dalla Fabbrica di San Pietro, a cura di A. M. Pergolizzi, Roma 2008, pp. 154-177. [3] Castelli e Ponti di Maestro Niccola Zabaglia con alcune ingegnose pratiche e con la descrizione del trasporto dell’Obelisco Vaticano, Roma 1743 (seconda ed. Roma 1824).
Marconi, N. (2013). Procedure e tecnologie per il restauro tra XVIII e XIX secolo: il contributo della Fabbrica di San Pietro in Vaticano. In AID Monuments. Conoscere, Progettare, ricostruire. Galeazzo Alessi architetto ingegnere In: Atti convegno Perugia 24-26 maggio 2013. (a cura di): Conforti, C; Gusella, V (pp.473-486). Roma : Aracne.
Procedure e tecnologie per il restauro tra XVIII e XIX secolo: il contributo della Fabbrica di San Pietro in Vaticano
MARCONI, NICOLETTA
2013-01-01
Abstract
L’immota solennità della Basilica di San Pietro in Vaticano è l’esito di un meditato processo di edificazione e manutenzione che interseca un lungo segmento di storia. Dal primo decennio del XVI secolo, le sbalorditive dimensioni dell’erigenda nuova basilica e le sue atipiche necessità traducono l’istituzione papale preposta alla gestione del colossale cantiere in privilegiata officina della costruzione, laboratorio sperimentale e volano dell’edilizia romana. Tale autorità, acquisita con il procedere del cantiere e consacrata da un’intensa attività di supporto a fabbriche esterne, dal XVIII secolo è riconvertita alle istanze del restauro, declinate in periodiche campagne di manutenzione e in alcuni interventi cardine, primo fra tutti il consolidamento della cupola (1748). Le specifiche necessità funzionali e strutturali dello spazio basilicale, dalle dimensioni inusitate, obbligano i tecnici sanpietrini alla repentina definizione di procedure e pratiche d’intervento, funzionali alla conservazione del corpus basilicale e del suo prezioso corredo decorativo, nonché all’invenzione di specifici dispositivi provvisionali. All’inizio del Settecento, la Fabbrica risponde a tale urgenza operativa con la versatile competenza dei suoi artieri. Fino a tutto il XIX secolo essi saranno i protagonisti dei restauri della cupola grande (1748, 1773, 1816), della volta della navata principale (1708, 1774, 1897), della cupola della cappella Gregoriana e del monumentale portico d’ingresso, solo per citarne alcuni. Tra i restauri diretti dai qualificatissimi tecnici sanpietrini si annoverano anche episodi esterni al limen petriano, quali il restauro della cupola del Pantheon (1755) e la rifunzionalizzazione del palazzo Astalli in via dell’Aracoeli (dal 1827) [1]. Ne emerge un interessante e variato repertorio storico di casi-studio, distinti per procedure d’intervento nelle quali sono adottati ponteggi di servizio, fissi o mobili, talora anche di dimensioni inusitate [2]. Questi ultimi, raccolti in uno strabiliante repertorio grafico concepito in forma di manuale [3], avranno una sorprendente longevità funzionale, che ne fa a tutt’oggi dei validi prototipi per l’adattamento alla contemporanea pratica del restauro. Riferimenti bibliografici: [1] M. P. Sette (a cura di), Restauro architettonico a Roma nell’Ottocento, Roma 2007. [2] N. Marconi, «Per costruire o ristorare ideate»: le Macchine e i Ponti di mastro Nicola Zabaglia, in Magnificenze Vaticane. Tesori inediti dalla Fabbrica di San Pietro, a cura di A. M. Pergolizzi, Roma 2008, pp. 154-177. [3] Castelli e Ponti di Maestro Niccola Zabaglia con alcune ingegnose pratiche e con la descrizione del trasporto dell’Obelisco Vaticano, Roma 1743 (seconda ed. Roma 1824).File | Dimensione | Formato | |
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