Ringrazio i colleghi di Roma Tre per averci ospitato oggi e la CRUI, perché questa, come altre iniziative di attuazione della riforma, permettono di comprendere quanto sia complesso muoversi all’interno di un’azione come “Rapporti con il territorio”. Chi, come noi, è stato fin dall'inizio attore diretto di questa avventura è passato attraverso diversi stadi e ha superato non poche difficoltà per arrivare a presentare oggi un prodotto condiviso e, soprattutto, un prodotto capace di generare risultati. Nell’Università di Roma “Tor Vergata” abbiamo scelto di avviare il progetto seguendo l’indicazione generale fornitaci dalla CRUI: ragionare per sistemi, obiettivi, organizzazione, risorse, processi pianificati; e valutare come i risultati attesi e ottenuti potessero essere soggetti a miglioramento autovalutandoci, pur non essendo espressamente previsto nel Progetto CampusOne un momento di autovalutazione formale della misura territorio. L’esperienza dell’Azione “Rapporti con il territorio” ci ha insegnato che i processi di qualità cui l’azione si è conformata di fatto, sono in realtà processi piuttosto banali che richiedono, nel quotidiano, solo un piccolo sforzo in più di strutturazione del nostro tempo e del nostro agire. Entrando subito nella questione, vale la pena di descrivere l’esperienza “Tor Vergata” a partire dal sistema organizzativo che ci ha portato a concepire lo studio di fattibilità preliminare elaborato per aderire a CampusOne nel 2001. Vi ricorderete che nell'invito a partecipare a questo Progetto, la misura “Rapporti con il Territorio” era stata considerata un po' da tutti marginale rispetto agli altri obiettivi, adombrata ma non dettagliata, lasciando così liberi i sistemi locali e gli atenei di ragionare secondo le proprie specifiche competenze. Nel nostro studio di fattibilità erano stati elencati chiaramente gli scopi e gli obiettivi da raggiungere. Da qui la prima grande questione in fase di attuazione, cui accennava anche Cristiana Alfonsi: il territorio romano è piuttosto ampio e la sua presenza supera anche i suoi confini amministrativi ed istituzionali. Ci sono 4 università pubbliche e molte università private (ne ho contate 16!), per cui la competizione e la mancanza di interazione sono le prime cose che si percepiscono nella struttura organizzativa dell’offerta formativa universitaria romana. Si aggiunga a questo che gli atenei di Roma Uno, Roma Due e Roma Tre sono molto diversi tra di loro. Nel predisporre lo studio di fattibilità è subito emerso che Roma Tor Vergata è un campus universitario (almeno si è organizzata come tale) su 760 ettari; che Roma "La Sapienza" ha un modello radiale che gemma anche al di fuori della provincia; che Roma Tre, di più recente costituzione, si è organizzata secondo un modello lineare lungo la direttrice Ostiense fino ad arrivare al mare. Non a caso esemplifico la struttura fisica di organizzazione di questi 3 atenei, perché la struttura fisica comporta un processo organizzativo e gestionale completamente diverso da un ateneo all’altro, pur restando nell’ambito della stessa tipologia di sedi formative. Per meglio definire il processo organizzativo, durante il primo anno di lavoro in CampusOne abbiamo predisposto uno studio di benchmarking basato sull’analisi di 20 campus internazionali. Il target di riferimento dipende sia dal fatto che la nostra struttura è ampiamente rivolta a livelli di interazione che vanno oltre i confini nazionali, sia perché siamo uno dei pochi campus effettivamente considerabili tali in Italia. Abbiamo lavorato su due livelli: da un lato, in maniera ampia, sul piano delle interazioni e delle relazioni con le parti potenzialmente interessate a ciò che dentro l’università avviene e può avvenire, dall'altro abbiamo via via selezionato i soggetti con cui interloquire in maniera più diretta sul nostro territorio. Ragionando in termini di scala geografica, essendo io un geografo economico, ho ritenuto che il livello di scala sussidiaria e il rapporto perequativo con gli altri atenei dovessero essere molto chiari fin dall’inizio del lavoro. La responsabilità si è rivelato un elemento strategico nel modello organizzativo che abbiamo scelto: nel nostro organigramma c'è un coordinatore responsabile della misura, un Board strutturato con i sei Presidi che rappresentano le sei facoltà dell’Ateneo, un Comitato tecnico consultivo che si è andato costituendo dopo il primo anno di lavoro. In questa fase, oltre l'indagine di benchmarking, abbiamo avviato un'indagine più approfondita che ha dato luogo a due workshop di interlocuzione - il focus di cui ci parlava prima la collega di Palermo -, da cui è nato il Comitato tecnico consultivo che oggi conta 41 partecipanti sottoscrittori di un protocollo che descriverò più avanti. A questi 41 soggetti se ne stanno aggiungendo di nuovi, qualcuno è anche presente qui in sala, come il Vice Sindaco del Comune del Comune di Poggio Mirteto. Si tratta di soggetti grandi e piccoli di cui non interessa la dimensione, ma che aderiscano ai principi etici condivisi che ci hanno portato a stendere armonicamente questo protocollo. Abbiamo creato una unità tecnica utilizzando ricercatori interni, motivati perché convinti della bontà del progetto. I nostri ricercatori interni producono ipotesi, schede, lavoro e soprattutto supportano il gruppo degli studenti (ITER) che abbiamo da subito coinvolto come interlocutori attivi del Comitato, e composto da rappresentanze liberamente elette all'interno delle facoltà. Gli studenti sono stati invitati a partecipare al progetto perché ne sono i fruitori, gli utenti reali e finali di CampusOne. Nel nostro caso non necessariamente la sperimentazione porterà ad attivare degli stage, ma deve comunque servire a delineare un modello di politica universitaria che si trasformi in modello organizzativo e gestionale di cui gli studenti siano parte reale (oltre che interessata). Nel secondo anno, abbiamo avviato un lavoro di dialogo diretto, di colloquio anche piuttosto intenso e serrato, con le singole parti interessate. Stiamo parlando di parti sociali (ci sono tutti e tre i sindacati), di Confindustria, dell'Unione Industriali, di FederLazio, del Comune di Roma, della Provincia, della Regione, di istituzioni e soggetti, sia pubblici che privati, profit e no profit che hanno liberamente aderito e contribuito a delineare le regole del protocollo. Le esigenze delle parti interessate sono state individuate in vario modo e, man mano, perfezionate. Non abbiamo avuto la pretesa - e credo che sia stato un bene - di raccordarci immediatamente con i Corsi di laurea. Non era pensabile un'operazione del genere perché avremmo dovuto individuare chiaramente e immediatamente le figure che saremmo andati a formare. All'inizio di "CampusOne: Rapporti con il Territorio" eravamo in una fase di investimento per il futuro, cominciavamo a formare una figura che poi sarebbe stata effettivamente operativa solo dopo tre anni. Abbiamo preferito organizzare il nostro lavoro per arrivare ad individuare pian piano, alla fine del processo, in una sorta di riesame migliorativo, le figure effettivamente utili al territorio, almeno di pertinenza e di relazione con il campus Tor Vergata. Per fare questo abbiamo organizzato una raccolta dati certi e certificati (nel senso che lavoriamo in ISO 9000:2000). Il target formativo che abbiamo individuato è un target molto differenziato e fa parte dell'obiettivo principale delle policies sussidiarie dell'Università di “Tor Vergata”; policies che in un certo momento sono state anche oggetto di conflitti abbastanza aperti all'interno dell'Ateneo, perché i cambiamenti non sono sempre immediatamente condivisibili o non sono sempre percepiti in positivo. Questo lungo lavoro ci ha occupato per quasi tutto il secondo anno di CampusOne. Dalla interlocuzione è emerso, ad esempio, che il soggetto formato nelle nostre aule doveva essere il più generale possibile e il più possibile in possesso di caratteristiche diverse. Quindi, la richiesta emersa non è stata di una specializzazione nei tre anni, in contrasto con l’obiettivo verso cui puntavamo, ma di un soggetto con una grande operatività immediata al livello intermedio nel mondo del lavoro e dell'occupazione. Abbiamo anche individuato alcuni strumenti comuni per lavorare insieme, sperimentando e mettendo a disposizione l'innovazione, con grande generosità da parte di tutti, tant'è che il protocollo d’intesa che abbiamo stilato è stato poi condiviso in modo molto aperto da tutti e senza nasconderci dietro i rispettivi paludamenti. Abbiamo poi iniziato a parlare di progetti formativi, di rapporti di ricerca condivisi bilaterali o multilaterali. In realtà questa misura CampusOne svolge il ruolo di mediatore disinteressato, perché quello che noi abbiamo realizzato è un tavolo di governance dove poter fissate (per questo insisto sui principi condivisi) le regole del rapporto tra mondo esterno e università. Da sempre si chiede a tutti una collaborazione efficace con l’università, ma come poi questa collaborazione si debba effettivamente concretizzare era un aspetto ancora abbastanza nebuloso anche per CampusOne. Per fare un esempio, nella realtà è molto difficile far entrare Confindustria nella stesura dei programmi di un Corso di laurea. O ancora: la docenza laica funziona, ma la partecipazione laica al processo di redazione, di progettazione del piano di educazione formativa, è qualcosa che richiede la capacità di entrare anche nello spirito e nel metodo della formazione universitaria; una capacità che spesso manca alle strutture esterne. Abbiamo allora individuato una serie di strutture che sono divenute le risorse interne e le risorse esterne del progetto. Da un lato risorse interne perché residenti all'interno del campus (Banca d'Italia, CNR, i ricercatori, i dipartimenti, i centri di eccellenza, il parco scientifico e tecnologico) e dall'altro le infrastrutture e le strutture che si organizzano esternamente e che partecipano al progetto gestite da uno strumento che stiamo finendo di perfezionare in questo momento e che abbiamo chiamato GEMS. Il Geographical Educational Management System, creato proprio all'interno della struttura CampusOne, è una sorta di mini-GIS che gestisce non solo la domanda, ma anche l'offerta educativa. Non come vorrebbe la Legge Biagi con un’offerta di professionalità; non è questo l’obiettivo, a mio avviso, della struttura “Rapporti con il territorio”. Si tratta di monitorare e tenere sotto controllo e aggiornare costantemente le politiche di relazione con il territorio. Alla fine quello che emerge è il modello policentrico equipotenziale specifico del nostro campus, perfettamente in linea con quello che chiede anche l'Unione Europea e che ci permette di superare nell’offerta di formazione anche i limiti regionali. Infatti, noi abbiamo stabilito una rete di interlocuzioni privilegiate anche con alcune Università del Mezzogiorno: Napoli, Salerno, Benevento. La progettazione, come dicevo, è stata fatta secondo le norme ISO e abbiamo organizzato un modello di scambio con gli interlocutori, che per un periodo è stato quasi quotidiano. Abbiamo lavorato molto sui contatti interpersonali, facendo delle riunioni assolutamente informali, trimestrali e semestrali, in cui ogni interlocutore portava un valore aggiunto a questo documento che man mano si è chiarito ed è diventato un accordo con proprie modalità di gestione dei servizi e dell’organizzazione. Per comunicare all’esterno i risultati del nostro lavoro abbiamo creato un sito dove sono presenti i verbali delle riunioni, i risultati dei workshop, le analisi della domanda. Nel settembre 2003 siamo arrivati alla stesura definitiva ed alla sigla del Protocollo di Intesa, un protocollo che impegna i firmatari prima di tutto sull’etica della formazione. Stiamo ancora ricevendo nuove adesioni e nel contempo compaiono le prime proposte di contratto: il primo, dalla Regione Lazio, prevede un coinvolgimento diretto e operativo degli studenti che lavoreranno all'interno della struttura su progetti dedicati. La proposta viene esaminata da 41 firmatari che individuano quali siano le expertise studentesche, si fa un bando di evidenza pubblica all'interno dell'Ateneo, rispondono gli studenti, invogliati non solo dalla piccola remunerazione che riceveranno ma anche dalla possibilità di inserire questa esperienza nel proprio curriculum per fare il primo ingresso diretto nel mondo del lavoro. Poi, se i loro docenti/toutor vorranno considerare questa esperienza come una prova finale del triennio saranno liberi di farlo, altrimenti rimane, comunque, un'esperienza positiva. Stiamo vagliando in questo momento altre tre-quattro possibilità di attivazione di nuovi progetti, nonché la possibilità che ci viene offerta da alcuni soggetti privati di “adottare uno studente”. Un bello slogan, che stiamo riempiendo di contenuti. In conclusione, un breve excursus sulle le attività in corso: le 41 parti saranno tra breve chiamate a lavorare su un dossier di consultazione continua, aprire tavoli di governance separati, dandosi le regole di lavoro a secondo degli obiettivi e delle finalità, utilizzando strumenti molto innovativi e sperimentali. Abbiamo coinvolto l'orientamento. A questo punto abbiamo aperto i Corsi di laurea sia del triennio che della formazione specialistica. Abbiamo stabilito condizioni di formazione continua. Stiamo incrociando domanda ed offerta per valutare anche gli stage aziendali, non era il caso di farlo prima. Stiamo simulando, per alcune domande specifiche di giovani del nostro Ateneo, la possibilità di essere incubati all'interno di imprese ma anche di fare spin-off insieme ai docenti. Infine, stiamo implementando il sistema informativo geografico.

Prezioso, M. (2004). Roma Tor Vergata: un caso di organizzazione per governare “in sostenibilità” i rapporti con il territorio. In CRUI (a cura di), Atti del Seminario CampusOne processi di integrazione con il territorio (pp. 1-4). Roma : CRUI.

Roma Tor Vergata: un caso di organizzazione per governare “in sostenibilità” i rapporti con il territorio

PREZIOSO, MARIA
2004-02-02

Abstract

Ringrazio i colleghi di Roma Tre per averci ospitato oggi e la CRUI, perché questa, come altre iniziative di attuazione della riforma, permettono di comprendere quanto sia complesso muoversi all’interno di un’azione come “Rapporti con il territorio”. Chi, come noi, è stato fin dall'inizio attore diretto di questa avventura è passato attraverso diversi stadi e ha superato non poche difficoltà per arrivare a presentare oggi un prodotto condiviso e, soprattutto, un prodotto capace di generare risultati. Nell’Università di Roma “Tor Vergata” abbiamo scelto di avviare il progetto seguendo l’indicazione generale fornitaci dalla CRUI: ragionare per sistemi, obiettivi, organizzazione, risorse, processi pianificati; e valutare come i risultati attesi e ottenuti potessero essere soggetti a miglioramento autovalutandoci, pur non essendo espressamente previsto nel Progetto CampusOne un momento di autovalutazione formale della misura territorio. L’esperienza dell’Azione “Rapporti con il territorio” ci ha insegnato che i processi di qualità cui l’azione si è conformata di fatto, sono in realtà processi piuttosto banali che richiedono, nel quotidiano, solo un piccolo sforzo in più di strutturazione del nostro tempo e del nostro agire. Entrando subito nella questione, vale la pena di descrivere l’esperienza “Tor Vergata” a partire dal sistema organizzativo che ci ha portato a concepire lo studio di fattibilità preliminare elaborato per aderire a CampusOne nel 2001. Vi ricorderete che nell'invito a partecipare a questo Progetto, la misura “Rapporti con il Territorio” era stata considerata un po' da tutti marginale rispetto agli altri obiettivi, adombrata ma non dettagliata, lasciando così liberi i sistemi locali e gli atenei di ragionare secondo le proprie specifiche competenze. Nel nostro studio di fattibilità erano stati elencati chiaramente gli scopi e gli obiettivi da raggiungere. Da qui la prima grande questione in fase di attuazione, cui accennava anche Cristiana Alfonsi: il territorio romano è piuttosto ampio e la sua presenza supera anche i suoi confini amministrativi ed istituzionali. Ci sono 4 università pubbliche e molte università private (ne ho contate 16!), per cui la competizione e la mancanza di interazione sono le prime cose che si percepiscono nella struttura organizzativa dell’offerta formativa universitaria romana. Si aggiunga a questo che gli atenei di Roma Uno, Roma Due e Roma Tre sono molto diversi tra di loro. Nel predisporre lo studio di fattibilità è subito emerso che Roma Tor Vergata è un campus universitario (almeno si è organizzata come tale) su 760 ettari; che Roma "La Sapienza" ha un modello radiale che gemma anche al di fuori della provincia; che Roma Tre, di più recente costituzione, si è organizzata secondo un modello lineare lungo la direttrice Ostiense fino ad arrivare al mare. Non a caso esemplifico la struttura fisica di organizzazione di questi 3 atenei, perché la struttura fisica comporta un processo organizzativo e gestionale completamente diverso da un ateneo all’altro, pur restando nell’ambito della stessa tipologia di sedi formative. Per meglio definire il processo organizzativo, durante il primo anno di lavoro in CampusOne abbiamo predisposto uno studio di benchmarking basato sull’analisi di 20 campus internazionali. Il target di riferimento dipende sia dal fatto che la nostra struttura è ampiamente rivolta a livelli di interazione che vanno oltre i confini nazionali, sia perché siamo uno dei pochi campus effettivamente considerabili tali in Italia. Abbiamo lavorato su due livelli: da un lato, in maniera ampia, sul piano delle interazioni e delle relazioni con le parti potenzialmente interessate a ciò che dentro l’università avviene e può avvenire, dall'altro abbiamo via via selezionato i soggetti con cui interloquire in maniera più diretta sul nostro territorio. Ragionando in termini di scala geografica, essendo io un geografo economico, ho ritenuto che il livello di scala sussidiaria e il rapporto perequativo con gli altri atenei dovessero essere molto chiari fin dall’inizio del lavoro. La responsabilità si è rivelato un elemento strategico nel modello organizzativo che abbiamo scelto: nel nostro organigramma c'è un coordinatore responsabile della misura, un Board strutturato con i sei Presidi che rappresentano le sei facoltà dell’Ateneo, un Comitato tecnico consultivo che si è andato costituendo dopo il primo anno di lavoro. In questa fase, oltre l'indagine di benchmarking, abbiamo avviato un'indagine più approfondita che ha dato luogo a due workshop di interlocuzione - il focus di cui ci parlava prima la collega di Palermo -, da cui è nato il Comitato tecnico consultivo che oggi conta 41 partecipanti sottoscrittori di un protocollo che descriverò più avanti. A questi 41 soggetti se ne stanno aggiungendo di nuovi, qualcuno è anche presente qui in sala, come il Vice Sindaco del Comune del Comune di Poggio Mirteto. Si tratta di soggetti grandi e piccoli di cui non interessa la dimensione, ma che aderiscano ai principi etici condivisi che ci hanno portato a stendere armonicamente questo protocollo. Abbiamo creato una unità tecnica utilizzando ricercatori interni, motivati perché convinti della bontà del progetto. I nostri ricercatori interni producono ipotesi, schede, lavoro e soprattutto supportano il gruppo degli studenti (ITER) che abbiamo da subito coinvolto come interlocutori attivi del Comitato, e composto da rappresentanze liberamente elette all'interno delle facoltà. Gli studenti sono stati invitati a partecipare al progetto perché ne sono i fruitori, gli utenti reali e finali di CampusOne. Nel nostro caso non necessariamente la sperimentazione porterà ad attivare degli stage, ma deve comunque servire a delineare un modello di politica universitaria che si trasformi in modello organizzativo e gestionale di cui gli studenti siano parte reale (oltre che interessata). Nel secondo anno, abbiamo avviato un lavoro di dialogo diretto, di colloquio anche piuttosto intenso e serrato, con le singole parti interessate. Stiamo parlando di parti sociali (ci sono tutti e tre i sindacati), di Confindustria, dell'Unione Industriali, di FederLazio, del Comune di Roma, della Provincia, della Regione, di istituzioni e soggetti, sia pubblici che privati, profit e no profit che hanno liberamente aderito e contribuito a delineare le regole del protocollo. Le esigenze delle parti interessate sono state individuate in vario modo e, man mano, perfezionate. Non abbiamo avuto la pretesa - e credo che sia stato un bene - di raccordarci immediatamente con i Corsi di laurea. Non era pensabile un'operazione del genere perché avremmo dovuto individuare chiaramente e immediatamente le figure che saremmo andati a formare. All'inizio di "CampusOne: Rapporti con il Territorio" eravamo in una fase di investimento per il futuro, cominciavamo a formare una figura che poi sarebbe stata effettivamente operativa solo dopo tre anni. Abbiamo preferito organizzare il nostro lavoro per arrivare ad individuare pian piano, alla fine del processo, in una sorta di riesame migliorativo, le figure effettivamente utili al territorio, almeno di pertinenza e di relazione con il campus Tor Vergata. Per fare questo abbiamo organizzato una raccolta dati certi e certificati (nel senso che lavoriamo in ISO 9000:2000). Il target formativo che abbiamo individuato è un target molto differenziato e fa parte dell'obiettivo principale delle policies sussidiarie dell'Università di “Tor Vergata”; policies che in un certo momento sono state anche oggetto di conflitti abbastanza aperti all'interno dell'Ateneo, perché i cambiamenti non sono sempre immediatamente condivisibili o non sono sempre percepiti in positivo. Questo lungo lavoro ci ha occupato per quasi tutto il secondo anno di CampusOne. Dalla interlocuzione è emerso, ad esempio, che il soggetto formato nelle nostre aule doveva essere il più generale possibile e il più possibile in possesso di caratteristiche diverse. Quindi, la richiesta emersa non è stata di una specializzazione nei tre anni, in contrasto con l’obiettivo verso cui puntavamo, ma di un soggetto con una grande operatività immediata al livello intermedio nel mondo del lavoro e dell'occupazione. Abbiamo anche individuato alcuni strumenti comuni per lavorare insieme, sperimentando e mettendo a disposizione l'innovazione, con grande generosità da parte di tutti, tant'è che il protocollo d’intesa che abbiamo stilato è stato poi condiviso in modo molto aperto da tutti e senza nasconderci dietro i rispettivi paludamenti. Abbiamo poi iniziato a parlare di progetti formativi, di rapporti di ricerca condivisi bilaterali o multilaterali. In realtà questa misura CampusOne svolge il ruolo di mediatore disinteressato, perché quello che noi abbiamo realizzato è un tavolo di governance dove poter fissate (per questo insisto sui principi condivisi) le regole del rapporto tra mondo esterno e università. Da sempre si chiede a tutti una collaborazione efficace con l’università, ma come poi questa collaborazione si debba effettivamente concretizzare era un aspetto ancora abbastanza nebuloso anche per CampusOne. Per fare un esempio, nella realtà è molto difficile far entrare Confindustria nella stesura dei programmi di un Corso di laurea. O ancora: la docenza laica funziona, ma la partecipazione laica al processo di redazione, di progettazione del piano di educazione formativa, è qualcosa che richiede la capacità di entrare anche nello spirito e nel metodo della formazione universitaria; una capacità che spesso manca alle strutture esterne. Abbiamo allora individuato una serie di strutture che sono divenute le risorse interne e le risorse esterne del progetto. Da un lato risorse interne perché residenti all'interno del campus (Banca d'Italia, CNR, i ricercatori, i dipartimenti, i centri di eccellenza, il parco scientifico e tecnologico) e dall'altro le infrastrutture e le strutture che si organizzano esternamente e che partecipano al progetto gestite da uno strumento che stiamo finendo di perfezionare in questo momento e che abbiamo chiamato GEMS. Il Geographical Educational Management System, creato proprio all'interno della struttura CampusOne, è una sorta di mini-GIS che gestisce non solo la domanda, ma anche l'offerta educativa. Non come vorrebbe la Legge Biagi con un’offerta di professionalità; non è questo l’obiettivo, a mio avviso, della struttura “Rapporti con il territorio”. Si tratta di monitorare e tenere sotto controllo e aggiornare costantemente le politiche di relazione con il territorio. Alla fine quello che emerge è il modello policentrico equipotenziale specifico del nostro campus, perfettamente in linea con quello che chiede anche l'Unione Europea e che ci permette di superare nell’offerta di formazione anche i limiti regionali. Infatti, noi abbiamo stabilito una rete di interlocuzioni privilegiate anche con alcune Università del Mezzogiorno: Napoli, Salerno, Benevento. La progettazione, come dicevo, è stata fatta secondo le norme ISO e abbiamo organizzato un modello di scambio con gli interlocutori, che per un periodo è stato quasi quotidiano. Abbiamo lavorato molto sui contatti interpersonali, facendo delle riunioni assolutamente informali, trimestrali e semestrali, in cui ogni interlocutore portava un valore aggiunto a questo documento che man mano si è chiarito ed è diventato un accordo con proprie modalità di gestione dei servizi e dell’organizzazione. Per comunicare all’esterno i risultati del nostro lavoro abbiamo creato un sito dove sono presenti i verbali delle riunioni, i risultati dei workshop, le analisi della domanda. Nel settembre 2003 siamo arrivati alla stesura definitiva ed alla sigla del Protocollo di Intesa, un protocollo che impegna i firmatari prima di tutto sull’etica della formazione. Stiamo ancora ricevendo nuove adesioni e nel contempo compaiono le prime proposte di contratto: il primo, dalla Regione Lazio, prevede un coinvolgimento diretto e operativo degli studenti che lavoreranno all'interno della struttura su progetti dedicati. La proposta viene esaminata da 41 firmatari che individuano quali siano le expertise studentesche, si fa un bando di evidenza pubblica all'interno dell'Ateneo, rispondono gli studenti, invogliati non solo dalla piccola remunerazione che riceveranno ma anche dalla possibilità di inserire questa esperienza nel proprio curriculum per fare il primo ingresso diretto nel mondo del lavoro. Poi, se i loro docenti/toutor vorranno considerare questa esperienza come una prova finale del triennio saranno liberi di farlo, altrimenti rimane, comunque, un'esperienza positiva. Stiamo vagliando in questo momento altre tre-quattro possibilità di attivazione di nuovi progetti, nonché la possibilità che ci viene offerta da alcuni soggetti privati di “adottare uno studente”. Un bello slogan, che stiamo riempiendo di contenuti. In conclusione, un breve excursus sulle le attività in corso: le 41 parti saranno tra breve chiamate a lavorare su un dossier di consultazione continua, aprire tavoli di governance separati, dandosi le regole di lavoro a secondo degli obiettivi e delle finalità, utilizzando strumenti molto innovativi e sperimentali. Abbiamo coinvolto l'orientamento. A questo punto abbiamo aperto i Corsi di laurea sia del triennio che della formazione specialistica. Abbiamo stabilito condizioni di formazione continua. Stiamo incrociando domanda ed offerta per valutare anche gli stage aziendali, non era il caso di farlo prima. Stiamo simulando, per alcune domande specifiche di giovani del nostro Ateneo, la possibilità di essere incubati all'interno di imprese ma anche di fare spin-off insieme ai docenti. Infine, stiamo implementando il sistema informativo geografico.
2-feb-2004
Settore M-GGR/02 - GEOGRAFIA ECONOMICO-POLITICA
Italian
Rilevanza nazionale
Capitolo o saggio
riforma universitaria; territorio; rapporto con le istituzioni; CampusOne
Prezioso, M. (2004). Roma Tor Vergata: un caso di organizzazione per governare “in sostenibilità” i rapporti con il territorio. In CRUI (a cura di), Atti del Seminario CampusOne processi di integrazione con il territorio (pp. 1-4). Roma : CRUI.
Prezioso, M
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