In occasione della Legge Fanfani, la n. 43 del 28 febbraio 1949, si costituisce presso l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, la sezione immobiliare INA-Casa, con l'obiettivo di incrementare l’occupazione operaia attraverso la costruzione d’alloggi per i lavoratori dipendenti. Il Comitato di Attuazione, il 28 dicembre 1949, stanzia per il Comune di Cerignola 130.000.000 milioni di lire per la costruzione di nuovi alloggi. Con il contratto di convenzione firmato in data 30 agosto 1950, si stabilisce che il Comune di Cerignola ricoprirà il ruolo di Stazione Appaltante, assumendo così il compito di dirigere la fase esecutiva del progetto, mentre il progetto è affidato a Mario Ridolfi e a Wolfgang Frankl. Il Comune individua, per il progetto, un terreno in posizione periferica rispetto al nucleo urbano, situato lungo la strada, Via Pantanella, che conduce al Cimitero comunale. Il progetto di Ridolfi è approvato dalla Gestione INA-Casa il 24 aprile 1950. L’ Ufficio Tecnico del Comune di Cerignola redige il progetto esecutivo e organizza il cantiere suddividendo la costruzione in due lotti; il primo di 28 alloggi (128 vani), il secondo di 32 (186 vani). L’Impresa edile locale di Antonio Pedone si aggiudica i lavori per il primo lotto il 23 maggio 1950, mentre l’Impresa di Masotina Vito si aggiudica i lavori del secondo lotto. Il cantiere verrà consegnato il 2 luglio 1951 per il primo lotto, un mese prima rispetto al termine ultimo stabilito nella convenzione. Il corredo grafico con cui Ridolfi presenta il progetto prevede 30 tavole suddivise in: studi preliminari sulle tipologie, planimetrie e assonometrie generali della prima e della versione definitiva, disegni più dettagliati delle singole tipologie d’alloggio, disegni costruttivi degli infissi e proposte di sviluppo per il quartiere. Parte dei disegni originali è conservata all’Accademia di San Luca di Roma, e parte, quella riguardante i dettagli costruttivi degli infissi, è conservata nello studio privato dell’arch. Giulio Malagricci, figlio di Domenico Malagricci, collaboratore e poi socio dello studio Ridolfi. Le due proposte progettuali di Ridolfi partono dalla centralità spaziale della pineta esistente e dalla direzionalità obbligata di Via Pantanella. La prima proposta prevede una torre di cinque piani con tetto a falda posta all’ingresso, come invito al quartiere; sul lato della stessa via è situato un gruppo di case, organizzate in schiere e unificate in quota da un ballatoio comune. Al ballatoio si accede dalle estremità del blocco attraverso due rampe di scale e attraverso un ponte che passa in quota via Pantanella e lo collega alla pineta. Il progetto si conclude con una quinta costituita da un gruppo di villette a due piani. Tutti gli edifici sono previsti con il tetto a falda. Nella versione definitiva, quella realizzata, Ridolfi conferma la scelta delle tipologie, ma le disloca nello spazio urbano con una regola differente. Attutisce il significato della torre d’ingresso (tipo C) riducendola di un piano, prevede le lavanderie al posto del tetto a falda (non realizzate per mancanza di fondi) e la costruzione di un’altra torre più bassa (tipo C’). Delimita ancora una volta costruttivamente lo spazio intorno alla pineta, confermandone la centralità. Mantiene la scelta delle case a schiera (tipo D-E) sul lato di Via Pantanella, semplificandole tipologicamente: non prevede infatti il ballatoio in quota, il ponticello di collegamento, e il tetto a falda sostituito dalle terrazze. Ripropone, inoltre, con una distribuzione differente le tipologie a villette (tipo A-A’, tipo B-B’). Alcuni caratteri tipologici e alcuni dettagli costruttivi che si trovano nei disegni per il quartiere di Cerignola, sono molto vicini alle soluzioni che lo stesso Ridolfi adotta sia nel quartiere Tiburtino a Roma (1950-1951) che nel quartiere Ina-Casa a Terni (1949-1951). Il quartiere di Cerignola doveva rappresentare il manifesto “costruito” del Piano INA-Casa. Dal punto di vista storico, è uno dei primi previsti dal Piano INA-Casa. Anche la scelta del progettista non è casuale se si considera il ruolo che Mario Ridolfi ha occupato nella cultura architettonica del dopoguerra. La sua presenza in molti dei progetti cardini della Ricostruzione era il risultato di un impegno politico e culturale che era partito dal Razionalismo italiano ed è maturato sia nella sperimentazione del Manuale del CNR (1946) e sia nella ricerca svolta dietro le quinte, di tutta la fase preparatoria dell’INA-Casa. Neanche la scelta di Cerignola è il frutto di un’analisi del semplice fabbisogno abitativo della città, perché vi è nato Giuseppe di Vittorio (1892-1957), noto sindacalista e politico che per lungo tempo si è fatto portatore delle esigenze delle classi contadine del Sud ed in particolare di Cerignola. Lo scetticismo iniziale di Di Vittorio al Piano INA-Casa era noto, e quindi l’operazione strategica di costruire proprio nella sua città uno dei primi quartieri INA- casa e soprattutto farlo firmare ad uno dei più autorevoli esponenti dell’architettura italiana, sembrò la soluzione più giusta per dimostrare la validità dell’intero Piano Fanfani. Alcune scelte architettoniche di linguaggio ne fanno tuttora uno degli esempi più alti di edilizia economica. La prima tra tutte è la scelta di adottare la parola del luogo, utilizzando il tufo di Canosa a faccia vista come materiale costruttivo principale e realizzando tutti gli edifici con murature portanti, dallo spessore variabile di 40-60 cm. La decisione di lasciare a faccia vista tutti i materiali, sia il tufo, sia i mattoni pieni di Lucera, e sia le paraste di calcestruzzo, è un’altra testimonianza di questo atteggiamento: ogni materiale è utilizzato con la stessa valenza, senza gerarchie di genere, come se fosse un colore che definisce una porzione di facciata. Il risultato è il graticcio di travi e pilastri sulle facciate degli edifici che non corrispondono ad un’intelaiatura strutturale di cemento armato, ma ad un irrigidimento per le murature portanti perché resistessero alle frequenti manifestazioni sismiche della zona. Portando tutta la serie di piastrini in facciata a vista, Ridolfi lancia agli inquilini un messaggio costruttivo rassicurante. La scelta di non intonacare le superfici degli edifici e di utilizzare mattoni forati speciali per i parapetti e per i coronamenti, contribuisce inoltre ad alleggerire l’impatto visivo dell’intero quartiere, soprattutto nel caso dei due edifici alti. La condizione attuale dei quartieri di Cerignola va analizzata su un duplice piano. Se valutiamo lo stato degli edifici, il giudizio è negativo. Gli edifici di Ridolfi, sono stati intonacati quasi subito dopo la costruzione, per problemi di umidità, dagli stessi abitanti, gesto che ha cancellato il carattere progettuale più importante del quartiere. In realtà dall’analisi fatta sul materiale (tufo duro di Canosa, estratto nelle cave di Cefalicchio) e soprattutto dall’indagine costruttiva condotta sull’edificio (le murature hanno spessori rilevanti), si è giunti alla conclusione che la scelta di intonacare le pareti sia stata dettata più che altro da un atteggiamento culturale degli abitanti, che hanno erroneamente considerato il tufo a faccia vista come un segnale del “non finito” o di povertà. In assenza di una regolamentazione che ne disciplinasse l’utilizzo e la manutenzione, i proprietari si sono avvalsi degli strumenti alla loro portata per potere personalizzare il più possibile le abitazioni, chiudendo nella maniera più comune le logge con infissi in alluminio, sostituendo pavimenti e serramenti originali, utilizzando colori in facciata e recuperando spazio nei cortili con nuove tramezzature. Gli edifici degli altri quartieri non hanno avuto miglior sorte, tanto che si è arrivati, in alcuni casi, ad una alterazione della riconoscibilità architettonica dell’intervento originario. La ricerca propone un progetto di recupero delle facciate, riportando al faccia vista il tufo delle murature, e si avvale di strumenti come un manuale delle tecniche di intervento da applicare a tutti gli elementi costruttivi che costituiscono il quartiere.

Maddaluno, R. (2008). Il quartiere di Mario Ridolfi e Wolfgang Frankl a Cerignola : analisi e stategie di intervento.

Il quartiere di Mario Ridolfi e Wolfgang Frankl a Cerignola : analisi e stategie di intervento

2008-01-25

Abstract

In occasione della Legge Fanfani, la n. 43 del 28 febbraio 1949, si costituisce presso l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, la sezione immobiliare INA-Casa, con l'obiettivo di incrementare l’occupazione operaia attraverso la costruzione d’alloggi per i lavoratori dipendenti. Il Comitato di Attuazione, il 28 dicembre 1949, stanzia per il Comune di Cerignola 130.000.000 milioni di lire per la costruzione di nuovi alloggi. Con il contratto di convenzione firmato in data 30 agosto 1950, si stabilisce che il Comune di Cerignola ricoprirà il ruolo di Stazione Appaltante, assumendo così il compito di dirigere la fase esecutiva del progetto, mentre il progetto è affidato a Mario Ridolfi e a Wolfgang Frankl. Il Comune individua, per il progetto, un terreno in posizione periferica rispetto al nucleo urbano, situato lungo la strada, Via Pantanella, che conduce al Cimitero comunale. Il progetto di Ridolfi è approvato dalla Gestione INA-Casa il 24 aprile 1950. L’ Ufficio Tecnico del Comune di Cerignola redige il progetto esecutivo e organizza il cantiere suddividendo la costruzione in due lotti; il primo di 28 alloggi (128 vani), il secondo di 32 (186 vani). L’Impresa edile locale di Antonio Pedone si aggiudica i lavori per il primo lotto il 23 maggio 1950, mentre l’Impresa di Masotina Vito si aggiudica i lavori del secondo lotto. Il cantiere verrà consegnato il 2 luglio 1951 per il primo lotto, un mese prima rispetto al termine ultimo stabilito nella convenzione. Il corredo grafico con cui Ridolfi presenta il progetto prevede 30 tavole suddivise in: studi preliminari sulle tipologie, planimetrie e assonometrie generali della prima e della versione definitiva, disegni più dettagliati delle singole tipologie d’alloggio, disegni costruttivi degli infissi e proposte di sviluppo per il quartiere. Parte dei disegni originali è conservata all’Accademia di San Luca di Roma, e parte, quella riguardante i dettagli costruttivi degli infissi, è conservata nello studio privato dell’arch. Giulio Malagricci, figlio di Domenico Malagricci, collaboratore e poi socio dello studio Ridolfi. Le due proposte progettuali di Ridolfi partono dalla centralità spaziale della pineta esistente e dalla direzionalità obbligata di Via Pantanella. La prima proposta prevede una torre di cinque piani con tetto a falda posta all’ingresso, come invito al quartiere; sul lato della stessa via è situato un gruppo di case, organizzate in schiere e unificate in quota da un ballatoio comune. Al ballatoio si accede dalle estremità del blocco attraverso due rampe di scale e attraverso un ponte che passa in quota via Pantanella e lo collega alla pineta. Il progetto si conclude con una quinta costituita da un gruppo di villette a due piani. Tutti gli edifici sono previsti con il tetto a falda. Nella versione definitiva, quella realizzata, Ridolfi conferma la scelta delle tipologie, ma le disloca nello spazio urbano con una regola differente. Attutisce il significato della torre d’ingresso (tipo C) riducendola di un piano, prevede le lavanderie al posto del tetto a falda (non realizzate per mancanza di fondi) e la costruzione di un’altra torre più bassa (tipo C’). Delimita ancora una volta costruttivamente lo spazio intorno alla pineta, confermandone la centralità. Mantiene la scelta delle case a schiera (tipo D-E) sul lato di Via Pantanella, semplificandole tipologicamente: non prevede infatti il ballatoio in quota, il ponticello di collegamento, e il tetto a falda sostituito dalle terrazze. Ripropone, inoltre, con una distribuzione differente le tipologie a villette (tipo A-A’, tipo B-B’). Alcuni caratteri tipologici e alcuni dettagli costruttivi che si trovano nei disegni per il quartiere di Cerignola, sono molto vicini alle soluzioni che lo stesso Ridolfi adotta sia nel quartiere Tiburtino a Roma (1950-1951) che nel quartiere Ina-Casa a Terni (1949-1951). Il quartiere di Cerignola doveva rappresentare il manifesto “costruito” del Piano INA-Casa. Dal punto di vista storico, è uno dei primi previsti dal Piano INA-Casa. Anche la scelta del progettista non è casuale se si considera il ruolo che Mario Ridolfi ha occupato nella cultura architettonica del dopoguerra. La sua presenza in molti dei progetti cardini della Ricostruzione era il risultato di un impegno politico e culturale che era partito dal Razionalismo italiano ed è maturato sia nella sperimentazione del Manuale del CNR (1946) e sia nella ricerca svolta dietro le quinte, di tutta la fase preparatoria dell’INA-Casa. Neanche la scelta di Cerignola è il frutto di un’analisi del semplice fabbisogno abitativo della città, perché vi è nato Giuseppe di Vittorio (1892-1957), noto sindacalista e politico che per lungo tempo si è fatto portatore delle esigenze delle classi contadine del Sud ed in particolare di Cerignola. Lo scetticismo iniziale di Di Vittorio al Piano INA-Casa era noto, e quindi l’operazione strategica di costruire proprio nella sua città uno dei primi quartieri INA- casa e soprattutto farlo firmare ad uno dei più autorevoli esponenti dell’architettura italiana, sembrò la soluzione più giusta per dimostrare la validità dell’intero Piano Fanfani. Alcune scelte architettoniche di linguaggio ne fanno tuttora uno degli esempi più alti di edilizia economica. La prima tra tutte è la scelta di adottare la parola del luogo, utilizzando il tufo di Canosa a faccia vista come materiale costruttivo principale e realizzando tutti gli edifici con murature portanti, dallo spessore variabile di 40-60 cm. La decisione di lasciare a faccia vista tutti i materiali, sia il tufo, sia i mattoni pieni di Lucera, e sia le paraste di calcestruzzo, è un’altra testimonianza di questo atteggiamento: ogni materiale è utilizzato con la stessa valenza, senza gerarchie di genere, come se fosse un colore che definisce una porzione di facciata. Il risultato è il graticcio di travi e pilastri sulle facciate degli edifici che non corrispondono ad un’intelaiatura strutturale di cemento armato, ma ad un irrigidimento per le murature portanti perché resistessero alle frequenti manifestazioni sismiche della zona. Portando tutta la serie di piastrini in facciata a vista, Ridolfi lancia agli inquilini un messaggio costruttivo rassicurante. La scelta di non intonacare le superfici degli edifici e di utilizzare mattoni forati speciali per i parapetti e per i coronamenti, contribuisce inoltre ad alleggerire l’impatto visivo dell’intero quartiere, soprattutto nel caso dei due edifici alti. La condizione attuale dei quartieri di Cerignola va analizzata su un duplice piano. Se valutiamo lo stato degli edifici, il giudizio è negativo. Gli edifici di Ridolfi, sono stati intonacati quasi subito dopo la costruzione, per problemi di umidità, dagli stessi abitanti, gesto che ha cancellato il carattere progettuale più importante del quartiere. In realtà dall’analisi fatta sul materiale (tufo duro di Canosa, estratto nelle cave di Cefalicchio) e soprattutto dall’indagine costruttiva condotta sull’edificio (le murature hanno spessori rilevanti), si è giunti alla conclusione che la scelta di intonacare le pareti sia stata dettata più che altro da un atteggiamento culturale degli abitanti, che hanno erroneamente considerato il tufo a faccia vista come un segnale del “non finito” o di povertà. In assenza di una regolamentazione che ne disciplinasse l’utilizzo e la manutenzione, i proprietari si sono avvalsi degli strumenti alla loro portata per potere personalizzare il più possibile le abitazioni, chiudendo nella maniera più comune le logge con infissi in alluminio, sostituendo pavimenti e serramenti originali, utilizzando colori in facciata e recuperando spazio nei cortili con nuove tramezzature. Gli edifici degli altri quartieri non hanno avuto miglior sorte, tanto che si è arrivati, in alcuni casi, ad una alterazione della riconoscibilità architettonica dell’intervento originario. La ricerca propone un progetto di recupero delle facciate, riportando al faccia vista il tufo delle murature, e si avvale di strumenti come un manuale delle tecniche di intervento da applicare a tutti gli elementi costruttivi che costituiscono il quartiere.
25-gen-2008
A.A. 2007/2008
Ridolfi, Mario
Frankl, Wolfgang
INA-Casa
quartieri
Di Vittorio, Giuseppe
Cerignola
Tufo di Canosa
muratura portante
solai
it
Tesi di dottorato
Maddaluno, R. (2008). Il quartiere di Mario Ridolfi e Wolfgang Frankl a Cerignola : analisi e stategie di intervento.
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