Il terremoto in Umbria, seppure nella sua drammaticità, ha rappresentato (in particolare dal 1997 in avanti) una grande occasione di ricerca e di sviluppo di nuove metodiche progettuali e soluzioni tecnologiche per la riduzione del rischio sismico. L’Umbria, suo malgrado, nella sua bellezza avvolgente, ricca di emergenze storico-artistiche e paesaggi naturalistici, costituisce un laboratorio di sperimentazione sia per ciò che riguarda la fase di emergenza e sia per la fase di ricostruzione, continuando a rappresentare un punto di riferimento per le politiche e normative tecniche nazionali. Ad esempio, la ricostruzione del ’97 seppe affrontare con grande successo aspetti molto diversi che poi si sono integrati e sedimentati nella cultura progettuale e prassi amministrativa di altre regioni. Un lavoro che ha ‘resistito’ alla durissima prova dell’ultimo drammatico evento sismico dell’ottobre 2016. Ma ora dobbiamo andare oltre e provare a fare un ‘passo’ in avanti. Non si tratta più di mettere in sicurezza solo gli edifici ed il territorio (condizione fondamentale per qualsiasi intervento di riqualificazione), qui si tratta di ‘sviluppare un approccio resiliente’ ribaltando il concetto di ‘emergenza’ in quello di ‘sviluppo’ e di creazione di posto di lavoro. Occorre arrestare lo spopolamento e progettare ogni intervento, anche il più piccolo, in una logica ‘intelligente” di interventi “modello”. A tal fine, la realizzazione di Centri di comunità (sviluppati in collaborazione con il nucleo della Protezione Civile di Foligno) rappresenta l’opportunità reale di affermare un modello di socialità e di incontro delle comunità locali nei luoghi colpiti dal sisma, e, al tempo stesso, impone la scelta di dotarsi di strutture che, in particolari momenti di criticità e di emergenza, divengono autentici presidi civici in grado di dare ospitalità immediata e confortevole. L’obiettivo quindi è quello di realizzare una rete per avere presidi di Protezione civile diffusi sui territori a maggior rischio sismico. I centri devono poter ospitare le persone ma anche essere dotati di strumenti di connessione di uso civico, in grado di colmare il digital divide presente nelle abitazioni di alcuni centri frazionali della Valnerina colpita dal sisma.
Fiorelli, A., Verducci, P. (2018). Safe land for smart communities: un modello integrato di intervento per la rigenerazione delle aree interne della Valnerina colpite dal terremoto. In Territori fragili: Paesaggi, città, architetture: abstract proceedings book = Fragile territories: landscapes, cities, architecture: abstract proceedings book (pp.222-222). Roma : Gangemi.
Safe land for smart communities: un modello integrato di intervento per la rigenerazione delle aree interne della Valnerina colpite dal terremoto
Angela Fiorelli
;
2018-01-01
Abstract
Il terremoto in Umbria, seppure nella sua drammaticità, ha rappresentato (in particolare dal 1997 in avanti) una grande occasione di ricerca e di sviluppo di nuove metodiche progettuali e soluzioni tecnologiche per la riduzione del rischio sismico. L’Umbria, suo malgrado, nella sua bellezza avvolgente, ricca di emergenze storico-artistiche e paesaggi naturalistici, costituisce un laboratorio di sperimentazione sia per ciò che riguarda la fase di emergenza e sia per la fase di ricostruzione, continuando a rappresentare un punto di riferimento per le politiche e normative tecniche nazionali. Ad esempio, la ricostruzione del ’97 seppe affrontare con grande successo aspetti molto diversi che poi si sono integrati e sedimentati nella cultura progettuale e prassi amministrativa di altre regioni. Un lavoro che ha ‘resistito’ alla durissima prova dell’ultimo drammatico evento sismico dell’ottobre 2016. Ma ora dobbiamo andare oltre e provare a fare un ‘passo’ in avanti. Non si tratta più di mettere in sicurezza solo gli edifici ed il territorio (condizione fondamentale per qualsiasi intervento di riqualificazione), qui si tratta di ‘sviluppare un approccio resiliente’ ribaltando il concetto di ‘emergenza’ in quello di ‘sviluppo’ e di creazione di posto di lavoro. Occorre arrestare lo spopolamento e progettare ogni intervento, anche il più piccolo, in una logica ‘intelligente” di interventi “modello”. A tal fine, la realizzazione di Centri di comunità (sviluppati in collaborazione con il nucleo della Protezione Civile di Foligno) rappresenta l’opportunità reale di affermare un modello di socialità e di incontro delle comunità locali nei luoghi colpiti dal sisma, e, al tempo stesso, impone la scelta di dotarsi di strutture che, in particolari momenti di criticità e di emergenza, divengono autentici presidi civici in grado di dare ospitalità immediata e confortevole. L’obiettivo quindi è quello di realizzare una rete per avere presidi di Protezione civile diffusi sui territori a maggior rischio sismico. I centri devono poter ospitare le persone ma anche essere dotati di strumenti di connessione di uso civico, in grado di colmare il digital divide presente nelle abitazioni di alcuni centri frazionali della Valnerina colpita dal sisma.File | Dimensione | Formato | |
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