In questa presentazione sostengo una doppia tesi, suffragata dall’evidenza etnografica: 1. La città di Roma nella crescita come capitale italiana ha modificato la forma e il senso del rituale religioso noto come “Pellegrinaggio al Santuario del Divino Amore”. 2. La Chiesa Cattolica romana alla fine del secolo scorso ha intrapreso un percorso di globalizzazione che ha modificato la forma simbolica e urbanistica del medesimo Santuario. In sintesi, questa presentazione intende confermare il rapporto di co-determinazione tra Cattolicesimo specificamente Romano e città di Roma: la religione cattolica agisce come un crogiolo dell’identità urbana, e la struttura urbanistica della città influenza la specificità delle sue forme religiose. Il pellegrinaggio ha mutato la sua forma in qualcosa di sempre più simile a una processione con l’allargarsi progressivo della città nello spazio e nella sua complessità sociale. La crescita urbana ha avvicinato la sede del Santuario, rendendo il percorso sempre meno una “gita fuori porta” (com’era stato per gran parte dell’Ottocento) e sempre più una processione attraverso cui i romani confermavano la loro appartenenza alla città. Sin dalla seconda metà del Settecento, il Divino Amore era considerato “il pellegrinaggio dei romani”. Con l’urbanizzazione rapidissima a cavallo del Novecento la città si trovò piena di immigrati italiani sempre più esclusi dai diritti elementari della cittadinanza (povertà abitativa, lavoro precario, irregolarità dei documenti). Questi cittadini non-ancora-cittadini iniziarono così a considerare il pellegrinaggio come un riconoscimento simbolico di appartenenza alla romanità: se partecipare al pellegrinaggio era un privilegio “dei Romani”, uno straniero che diventasse devoto fedele della Madonna del Divino Amore poteva conquistarsi una sorta di carta di identità romana, trovando tramite la devozione cattolica quell’inclusione nella cittadinanza che le strutture sociali e burocratiche della città non riuscivano a garantire. Questo processo di inclusione nell’identità cittadina tramite la partecipazione al rito religioso è proseguito anche con l’arrivo dei nuovi migranti, questa volta stranieri, che spesso fanno uso del pellegrinaggio come di una patente di “italianità”. Dal 1999, grazie soprattutto alla volontà di JPII, la Chiesa originaria è stata affiancata da una nuova chiesa, che sembra avere, anche nella forma architettonica, una funzione diametralmente opposta, vale a dire quella di proiettare l’immagine della Chiesa romana su di un palcoscenico davvero globale. La tradizionale concezione del cattolicesimo romano come spazio di incorporazione della diversità nella struttura simbolica della città viene ora affiancato, nella nuova chiesa, dall’idea che deve essere la città di Roma muoversi per raggiungere in tutto il mondo i destinatari del suo messaggio cattolico.
Vereni, P. (2023). Pellegrini e cittadini. Devozione e appartenenza nel culto romano del Divino Amore. ??????? it.cilea.surplus.oa.citation.tipologie.CitationProceedings.prensentedAt ??????? Massimo Rosati Seminars 9a edizione - Spazi e soglie del religioso - SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA - 3 FEBBRAIO 2023, Roma.
Pellegrini e cittadini. Devozione e appartenenza nel culto romano del Divino Amore
Pietro Vereni
2023-02-03
Abstract
In questa presentazione sostengo una doppia tesi, suffragata dall’evidenza etnografica: 1. La città di Roma nella crescita come capitale italiana ha modificato la forma e il senso del rituale religioso noto come “Pellegrinaggio al Santuario del Divino Amore”. 2. La Chiesa Cattolica romana alla fine del secolo scorso ha intrapreso un percorso di globalizzazione che ha modificato la forma simbolica e urbanistica del medesimo Santuario. In sintesi, questa presentazione intende confermare il rapporto di co-determinazione tra Cattolicesimo specificamente Romano e città di Roma: la religione cattolica agisce come un crogiolo dell’identità urbana, e la struttura urbanistica della città influenza la specificità delle sue forme religiose. Il pellegrinaggio ha mutato la sua forma in qualcosa di sempre più simile a una processione con l’allargarsi progressivo della città nello spazio e nella sua complessità sociale. La crescita urbana ha avvicinato la sede del Santuario, rendendo il percorso sempre meno una “gita fuori porta” (com’era stato per gran parte dell’Ottocento) e sempre più una processione attraverso cui i romani confermavano la loro appartenenza alla città. Sin dalla seconda metà del Settecento, il Divino Amore era considerato “il pellegrinaggio dei romani”. Con l’urbanizzazione rapidissima a cavallo del Novecento la città si trovò piena di immigrati italiani sempre più esclusi dai diritti elementari della cittadinanza (povertà abitativa, lavoro precario, irregolarità dei documenti). Questi cittadini non-ancora-cittadini iniziarono così a considerare il pellegrinaggio come un riconoscimento simbolico di appartenenza alla romanità: se partecipare al pellegrinaggio era un privilegio “dei Romani”, uno straniero che diventasse devoto fedele della Madonna del Divino Amore poteva conquistarsi una sorta di carta di identità romana, trovando tramite la devozione cattolica quell’inclusione nella cittadinanza che le strutture sociali e burocratiche della città non riuscivano a garantire. Questo processo di inclusione nell’identità cittadina tramite la partecipazione al rito religioso è proseguito anche con l’arrivo dei nuovi migranti, questa volta stranieri, che spesso fanno uso del pellegrinaggio come di una patente di “italianità”. Dal 1999, grazie soprattutto alla volontà di JPII, la Chiesa originaria è stata affiancata da una nuova chiesa, che sembra avere, anche nella forma architettonica, una funzione diametralmente opposta, vale a dire quella di proiettare l’immagine della Chiesa romana su di un palcoscenico davvero globale. La tradizionale concezione del cattolicesimo romano come spazio di incorporazione della diversità nella struttura simbolica della città viene ora affiancato, nella nuova chiesa, dall’idea che deve essere la città di Roma muoversi per raggiungere in tutto il mondo i destinatari del suo messaggio cattolico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.