Ci sono molti modi di declinare, oggi, la sicurezza urbana. Alcuni ci vengono dall’appartenere all’Unione Europea; altri dall’esperienza quotidiana. I primi inducono a discutere di politiche e collocano il tema almeno ad una scala geografica regionale (se non nazionale ed oltre); i secondi, di regole comportamentali, riconduco al quotidiano, obbligano a pensare dalla provincia in giù, sino alla più piccola entità comunale. In entrambi i casi siamo nel campo della pianificazione, cioè della predittività delle scelte che influenzano il comportamento urbano; le quali, nel caso della sicurezza delle città, investono molti – se non tutti – i settori della cosiddetta “urbanistica” . In questa sede, le limitazioni di spazio, costringono a concentrare l’attenzione su poche categorie del rapporto urbanistica-sicurezza, tra i cui atti fondamentali si annoverano oggi, tra gli altri, i piani del rischio (aeroportuale, naturale, d’incendio, smaltimento rifiuti, energetico, della protezione civile, della protezione costiera e marittima, delle migrazioni, dei servizi, ecc.); cioè piani di settore mirati se non alla prevenzione almeno alla gestione di eventi catastrofici, naturali ed artificiali. L’Italia, da questo punto di vista, è candidata ad essere un campo vasto di sperimentazione. Una premessa sul dibattito europeo è d’obbligo prima di affrontare direttamente l’argomento, poiché è evidente il legame tra sicurezza urbana, urbanistica e competitività delle città. Prendendo spunto dall’ Incontro di Bristol del (2005) si evidenzia quanto segue: - la sicurezza urbana dipende dalla politica di coesione – sociale ed economica – che guiderà l’approccio strategico del periodo 2007-2013 per rinnovare la base della competitività europea (misurata attraverso 3 macro indicatori: conoscenza, innovazione, ottimizzazione del capitale umano); - l’offerta di sicurezza dipende dalla domanda che i territori urbani e rurali sono in grado di esprimere per rimuoverne gli ostacoli alla crescita della qualità della vita promuovendo un approccio integrato alle scelte di pianificazione (crecita + occupazione + sociale + ambiente) - dal 2004 si parla di coesione anche per lo sviluppo urbano, ma è solo nel 2005 che il Parlamento europeo ha inserito lo sviluppo urbano sostenibile tra le priorità della dimensione urbana dell’UE dell’allargamento da finanziare attraverso i fondi strutturali e per la coesione - lo sviluppo urbano sostenibile deve integrare gli obiettivi economici, sociali ed ambientali attraverso un’offerta di “buoni” servizi, includendo quelli pubblici e privati, interessi singoli e collettivi - bisogna valutare come implementare le attuali azioni rivolte alle aree urbane (gli studi sono stati condotti su 258 città medio-grandi dell’UE a 27), quali risorse strutturali impiegare (ad esempio in termini di urban regeneration) - le città e le aree metropolitane devono essere considerate motori “a rischio” dello sviluppo economico dove gli attori locali giocano un ruolo chiave per un’occupazione “sicura”.
Prezioso, M. (2008). Città, urbanistica e sicurezza urbana. In Le città e le problematiche della sicurezza: nuovi dialoghi tra geografia politica e geografia urbana: atti del convegno, a cura di M.P. Pagnini e M. Scaini (pp.237-240). Trieste : La Mongolfiera Libri.
Città, urbanistica e sicurezza urbana
PREZIOSO, MARIA
2008-01-01
Abstract
Ci sono molti modi di declinare, oggi, la sicurezza urbana. Alcuni ci vengono dall’appartenere all’Unione Europea; altri dall’esperienza quotidiana. I primi inducono a discutere di politiche e collocano il tema almeno ad una scala geografica regionale (se non nazionale ed oltre); i secondi, di regole comportamentali, riconduco al quotidiano, obbligano a pensare dalla provincia in giù, sino alla più piccola entità comunale. In entrambi i casi siamo nel campo della pianificazione, cioè della predittività delle scelte che influenzano il comportamento urbano; le quali, nel caso della sicurezza delle città, investono molti – se non tutti – i settori della cosiddetta “urbanistica” . In questa sede, le limitazioni di spazio, costringono a concentrare l’attenzione su poche categorie del rapporto urbanistica-sicurezza, tra i cui atti fondamentali si annoverano oggi, tra gli altri, i piani del rischio (aeroportuale, naturale, d’incendio, smaltimento rifiuti, energetico, della protezione civile, della protezione costiera e marittima, delle migrazioni, dei servizi, ecc.); cioè piani di settore mirati se non alla prevenzione almeno alla gestione di eventi catastrofici, naturali ed artificiali. L’Italia, da questo punto di vista, è candidata ad essere un campo vasto di sperimentazione. Una premessa sul dibattito europeo è d’obbligo prima di affrontare direttamente l’argomento, poiché è evidente il legame tra sicurezza urbana, urbanistica e competitività delle città. Prendendo spunto dall’ Incontro di Bristol del (2005) si evidenzia quanto segue: - la sicurezza urbana dipende dalla politica di coesione – sociale ed economica – che guiderà l’approccio strategico del periodo 2007-2013 per rinnovare la base della competitività europea (misurata attraverso 3 macro indicatori: conoscenza, innovazione, ottimizzazione del capitale umano); - l’offerta di sicurezza dipende dalla domanda che i territori urbani e rurali sono in grado di esprimere per rimuoverne gli ostacoli alla crescita della qualità della vita promuovendo un approccio integrato alle scelte di pianificazione (crecita + occupazione + sociale + ambiente) - dal 2004 si parla di coesione anche per lo sviluppo urbano, ma è solo nel 2005 che il Parlamento europeo ha inserito lo sviluppo urbano sostenibile tra le priorità della dimensione urbana dell’UE dell’allargamento da finanziare attraverso i fondi strutturali e per la coesione - lo sviluppo urbano sostenibile deve integrare gli obiettivi economici, sociali ed ambientali attraverso un’offerta di “buoni” servizi, includendo quelli pubblici e privati, interessi singoli e collettivi - bisogna valutare come implementare le attuali azioni rivolte alle aree urbane (gli studi sono stati condotti su 258 città medio-grandi dell’UE a 27), quali risorse strutturali impiegare (ad esempio in termini di urban regeneration) - le città e le aree metropolitane devono essere considerate motori “a rischio” dello sviluppo economico dove gli attori locali giocano un ruolo chiave per un’occupazione “sicura”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.