Nel tempo della deregolamentazione, la pianificazione d’area vasta provinciale, con tutti i suoi ambiti e poteri di intervento non può tralasciare di affrontare la “questione” dell’area metropolitana come uno dei termini fondamentali della riflessione attenta sul federalismo possibile. Un metodo di lavoro diverso dal passato, basato sulla ricerca di sussidiarietà e nuovi input locali e sovralocali , sollecitano i governi provinciali ad essere consapevoli delle nuove formule e dei nuovi principi cui si intende orientare la regionalizzazione economico-territoriale, primo fra tutte la sostenibilità. La stessa riflessione ha mosso la ricerca geoeconomica e geopolitica a valutare ex ante gli effetti che il nascente federalismo potrà avere sull’organizzazione economico-territoriale del nostro Paese (Prezioso, 1997, 1999, 2000). La valutazione degli impatti della trasformazione dall’attuale monocentrismo regionale ad un policentrismo equipotenziale su base locale induce ad interrogarsi su quali principi la comunità insediata debba modellare il sistema di governo locale (piano territoriale d’area vasta) e a quali condizioni (le regole di governance); se siano le attuali regole ad orientare, nel caso italiano, la scelta, affinché le comunità locali mantengano, pur dirigendole verso un accrescimento progressivamente consapevole, le risorse potenziali per trasferirle alle generazioni future affinché se ne possano servire. Il contributo affronta due questioni del problema generale: - tecnico-formali, con riferimento alle tecniche ed alle procedure utili all’individuazione di aree ed ambiti sussidiari alla domanda di organizzazione federalista, raccordando la scala geografica al livello amministrativo più appropriato per il governo e l’organizzazione del territorio; - di stato e gestionali, le regole e gli strumenti da impiegare, condizione imprescindibile per sostenere in tempi e modi opportuni, scelte economiche conformi al principio di sostenibilità; muovendosi nel quadro europeo della ricerca di integrazione (o di concentrazione trasversale che ricomprende al suo interno quella orizzontale e verticale), motore di tutto il diverso processo di pianificazione in atto. Un punto di partenza importante è costituito dalla programmazione europea, ed in particolare dal Programma Quadro 2000-2006, il quale sostiene finanziariamente la ricerca di soluzioni endogene, individuando l’ambito d’azione geoeconomico dei governi locali nell’area vasta, che in Italia coincide nella maggior parte dei casi con gli spazi dell’agire provinciale, i soli in grado di far propri tutti gli stadi strumentali che permettono di coniugare la qualificazione e la funzionalità degli spazi (le aree intraregionali o dell’interrelazione), coordinandoli verso un unico fine cooperativo, coinvolgendoli nella competizione di scala transnazionale. L’Unione europea e molti ambiti amministrativi provinciali hanno trovato un punto d’incontro nella ricerca di nuova progettualità, la stessa già espressa dai portatori di interesse, dai board locali, dal management, dai cittadini/azionisti-clienti del territorio e dell’economia, confermando una reale disposizione a superare, in senso letterale o figurato, i confini della propria regione di interesse, per non lasciare, come in passato, la realizzazione dell’integrazione alle regioni già sviluppate, dove più certa è la base produttiva. A questo scopo sono state create molte regioni e molti confini, assumendo come criteri principali per la regionalizzazione l’univocità di condizioni e la coesione (o coerenza) di unità distinte, cioè l’interrelazione regionale. Questa è da intendere come aspetto visibile dell’integrazione, ossia un metodo di lavoro politico-economico-geografico, che rende possibile la realizzazione di obiettivi e programmi a fronte di un atto volontaristico e spontaneo, il quale, preceduto dalla condivisione di principi comuni, si manifesta in accordi programmatico/progettuali. La riflessione nazionale ed europea in materia ha dimostrato che alla base delle esperienze individuali c’è il tentativo di unificare metodologicamente spazi ambientalmente e funzionalmente distinti, e che, pur dando luogo a sub-sistemi diversi per efficienza, massa e coesione, un medesimo processo decisionale (la sostenibilità) tende ad orientare la gestione di risorse antropiche e fisiche diversamente ubicate. L’impostazione diverge dalle esperienze di pianificazione strategica d’area vasta in corso o realizzate in questi ultimi anni in Italia e in Europa (Napoli, Bari, Torino, Milano, Bologna, Barcellona, Lille), in cui l’interrelazione come oggetto del piano è derivata da un’azione coercitiva (la pianificazione di rete gerarchico-funzionale), centralista e centralizzante su un’offerta di idee/progetto, indifferente alla domanda di organizzazione “dal basso”. I limiti della pianificazione strategica tout court si delineano già in parte nel modo con cui si presentano i piani (di coordinamento o generali territoriali) metropolitani, provinciali e regionali, con il pregio di evidenziare sia quegli elementi che si oppongono all’integrazione e favoriscono la cooperazione antagonistica (competizione globale) giocata sul piano politico-commerciale per la diffusione di modelli imprenditoriali e gestionali comuni; sia la cooperazione imprenditoriale quando l’espansione geografica dei processi di integrazione richiede la regolamentazione nell’uso delle risorse. Tra i settori che più hanno assunto un peso nel delineare i limiti all’integrazione dei nei piani strategici, spicca quello dei servizi per la conoscenza e l’informazione e delle infrastrutture di comunicazione, cui inizialmente anche l’Unione Europea (UE) aveva attribuito un ruolo strutturale per l’avvio di un dialogo coesivo, supponendo che la “best co-operation” tra regioni potesse avvenire solo se beni, persone, capitali e informazioni attraversano una frontiera per essere ricevuti o essere forniti. Questa impostazione, che in sostanza comporta il passaggio da un sistema ad un altro, ha reso più difficile rappresentare secondo i convenzionali canoni dell’urbanistica il valore attualizzante e in prospettiva dinamico di cui il piano è portatore, oltre i cosiddetti fattori strutturali stabili (alta velocità, tecnologia dell’informazione, risorse tecniche e di rete, ecc.), i quali non necessariamente producono una pianificazione coesa, sebbene esista una continuità logica tra il processo per l’integrazione e il prodotto dell’integrazione. Più il piano strategico è stato studiato, scomposto e attualizzato per recepire innovazione, più ci si è allontanati dalla rappresentazione dei sistemi di risorse che lo hanno generato e dal sistema di regole condiviso che ne ha sostenuto la domanda (assenza di governace nelle norme tecniche e nei regolamenti) in ambito locale, dove è invece essenziale individuare gli elementi che definiscono la portata o ampiezza fisica e politica (il territorio di pertinenza metropolitana, ad esempio) della coesione.

Prezioso, M. (2001). Federalism's instruments: the sustainable roman plan on metropolitan base. In The Rome metropolitan area: which development and planning model? (pp.43-74). Rome : Provincia di Roma.

Federalism's instruments: the sustainable roman plan on metropolitan base

PREZIOSO, MARIA
2001-01-01

Abstract

Nel tempo della deregolamentazione, la pianificazione d’area vasta provinciale, con tutti i suoi ambiti e poteri di intervento non può tralasciare di affrontare la “questione” dell’area metropolitana come uno dei termini fondamentali della riflessione attenta sul federalismo possibile. Un metodo di lavoro diverso dal passato, basato sulla ricerca di sussidiarietà e nuovi input locali e sovralocali , sollecitano i governi provinciali ad essere consapevoli delle nuove formule e dei nuovi principi cui si intende orientare la regionalizzazione economico-territoriale, primo fra tutte la sostenibilità. La stessa riflessione ha mosso la ricerca geoeconomica e geopolitica a valutare ex ante gli effetti che il nascente federalismo potrà avere sull’organizzazione economico-territoriale del nostro Paese (Prezioso, 1997, 1999, 2000). La valutazione degli impatti della trasformazione dall’attuale monocentrismo regionale ad un policentrismo equipotenziale su base locale induce ad interrogarsi su quali principi la comunità insediata debba modellare il sistema di governo locale (piano territoriale d’area vasta) e a quali condizioni (le regole di governance); se siano le attuali regole ad orientare, nel caso italiano, la scelta, affinché le comunità locali mantengano, pur dirigendole verso un accrescimento progressivamente consapevole, le risorse potenziali per trasferirle alle generazioni future affinché se ne possano servire. Il contributo affronta due questioni del problema generale: - tecnico-formali, con riferimento alle tecniche ed alle procedure utili all’individuazione di aree ed ambiti sussidiari alla domanda di organizzazione federalista, raccordando la scala geografica al livello amministrativo più appropriato per il governo e l’organizzazione del territorio; - di stato e gestionali, le regole e gli strumenti da impiegare, condizione imprescindibile per sostenere in tempi e modi opportuni, scelte economiche conformi al principio di sostenibilità; muovendosi nel quadro europeo della ricerca di integrazione (o di concentrazione trasversale che ricomprende al suo interno quella orizzontale e verticale), motore di tutto il diverso processo di pianificazione in atto. Un punto di partenza importante è costituito dalla programmazione europea, ed in particolare dal Programma Quadro 2000-2006, il quale sostiene finanziariamente la ricerca di soluzioni endogene, individuando l’ambito d’azione geoeconomico dei governi locali nell’area vasta, che in Italia coincide nella maggior parte dei casi con gli spazi dell’agire provinciale, i soli in grado di far propri tutti gli stadi strumentali che permettono di coniugare la qualificazione e la funzionalità degli spazi (le aree intraregionali o dell’interrelazione), coordinandoli verso un unico fine cooperativo, coinvolgendoli nella competizione di scala transnazionale. L’Unione europea e molti ambiti amministrativi provinciali hanno trovato un punto d’incontro nella ricerca di nuova progettualità, la stessa già espressa dai portatori di interesse, dai board locali, dal management, dai cittadini/azionisti-clienti del territorio e dell’economia, confermando una reale disposizione a superare, in senso letterale o figurato, i confini della propria regione di interesse, per non lasciare, come in passato, la realizzazione dell’integrazione alle regioni già sviluppate, dove più certa è la base produttiva. A questo scopo sono state create molte regioni e molti confini, assumendo come criteri principali per la regionalizzazione l’univocità di condizioni e la coesione (o coerenza) di unità distinte, cioè l’interrelazione regionale. Questa è da intendere come aspetto visibile dell’integrazione, ossia un metodo di lavoro politico-economico-geografico, che rende possibile la realizzazione di obiettivi e programmi a fronte di un atto volontaristico e spontaneo, il quale, preceduto dalla condivisione di principi comuni, si manifesta in accordi programmatico/progettuali. La riflessione nazionale ed europea in materia ha dimostrato che alla base delle esperienze individuali c’è il tentativo di unificare metodologicamente spazi ambientalmente e funzionalmente distinti, e che, pur dando luogo a sub-sistemi diversi per efficienza, massa e coesione, un medesimo processo decisionale (la sostenibilità) tende ad orientare la gestione di risorse antropiche e fisiche diversamente ubicate. L’impostazione diverge dalle esperienze di pianificazione strategica d’area vasta in corso o realizzate in questi ultimi anni in Italia e in Europa (Napoli, Bari, Torino, Milano, Bologna, Barcellona, Lille), in cui l’interrelazione come oggetto del piano è derivata da un’azione coercitiva (la pianificazione di rete gerarchico-funzionale), centralista e centralizzante su un’offerta di idee/progetto, indifferente alla domanda di organizzazione “dal basso”. I limiti della pianificazione strategica tout court si delineano già in parte nel modo con cui si presentano i piani (di coordinamento o generali territoriali) metropolitani, provinciali e regionali, con il pregio di evidenziare sia quegli elementi che si oppongono all’integrazione e favoriscono la cooperazione antagonistica (competizione globale) giocata sul piano politico-commerciale per la diffusione di modelli imprenditoriali e gestionali comuni; sia la cooperazione imprenditoriale quando l’espansione geografica dei processi di integrazione richiede la regolamentazione nell’uso delle risorse. Tra i settori che più hanno assunto un peso nel delineare i limiti all’integrazione dei nei piani strategici, spicca quello dei servizi per la conoscenza e l’informazione e delle infrastrutture di comunicazione, cui inizialmente anche l’Unione Europea (UE) aveva attribuito un ruolo strutturale per l’avvio di un dialogo coesivo, supponendo che la “best co-operation” tra regioni potesse avvenire solo se beni, persone, capitali e informazioni attraversano una frontiera per essere ricevuti o essere forniti. Questa impostazione, che in sostanza comporta il passaggio da un sistema ad un altro, ha reso più difficile rappresentare secondo i convenzionali canoni dell’urbanistica il valore attualizzante e in prospettiva dinamico di cui il piano è portatore, oltre i cosiddetti fattori strutturali stabili (alta velocità, tecnologia dell’informazione, risorse tecniche e di rete, ecc.), i quali non necessariamente producono una pianificazione coesa, sebbene esista una continuità logica tra il processo per l’integrazione e il prodotto dell’integrazione. Più il piano strategico è stato studiato, scomposto e attualizzato per recepire innovazione, più ci si è allontanati dalla rappresentazione dei sistemi di risorse che lo hanno generato e dal sistema di regole condiviso che ne ha sostenuto la domanda (assenza di governace nelle norme tecniche e nei regolamenti) in ambito locale, dove è invece essenziale individuare gli elementi che definiscono la portata o ampiezza fisica e politica (il territorio di pertinenza metropolitana, ad esempio) della coesione.
International workshop Progetto territorio: The Rome metropolitan area: which development and planning model?
Rome
2001
3.
Province of Rome
Rilevanza internazionale
su invito
22-nov-2001
2001
Settore M-GGR/02 - GEOGRAFIA ECONOMICO-POLITICA
English
metropolitan area; Rome; territorial strategic sustainable planning; federalism;
Atti a cura di M. Prezioso
Intervento a convegno
Prezioso, M. (2001). Federalism's instruments: the sustainable roman plan on metropolitan base. In The Rome metropolitan area: which development and planning model? (pp.43-74). Rome : Provincia di Roma.
Prezioso, M
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