Il pensiero del giovane e brillante docente dell’università di Friburgo, Eugenio Corecco era incentrato sul fondamentale obiettivo di assicurare l’unità della Chiesa attraverso la comunione nella disciplina”. Nella sua relazione sul Valore giuridico dell’atto contra legem, dava per acquisito che la canonistica avesse finalmente preso piena coscienza di essere una disciplina teologica chiamata ad applicare con vigore il metodo teologico, il che le imponeva di uscire dalle strettoie in cui si dibatteva la scienza giuridica che, negli ordinamenti statuali moderni, privilegia il principio della certezza del diritto sulla verità oggettiva, per cui in caso di conflitto è la giustizia ad essere sacrificata per garantire la stabilità e la sicurezza dei rapporti giuridici e dunque l’autorità dell’ordinamento. Su queste basi Corecco richiama l’attenzione sul fatto che nel diritto canonico il problema della certezza giuridica deve essere sacrificato per lasciare spazio alla giustizia ed alla verità oggettiva. Il diritto canonico deve essere inserito all’interno di un orizzonte più ampio, vale a dire quello della certezza teologica, in quanto realtà ecclesiale. Il diritto canonico è una delle realtà essenziali in cui si manifesta, per fatti concludenti, la tradizione della Chiesa e di conseguenza la verità contenuta nella parola e nel sacramento che dalla tradizione sono perpetuati. Queste considerazioni di Corecco si saldano perfettamente con la lettura proposta da Papa Benedetto sul significato e sui contenuti dell’interpretazione della legge canonica, che non può essere mero esercizio logico (anche se brillante e raffinato), né può ridursi all’applicazione delle norme alla singola situazione, sia pur affrontata con spirito pastorale, ma deve guardare alla realtà fattuale, interpretandola alla luce della tradizione della Chiesa e soprattutto in spirito di comunione. In questo senso, come afferma Papa Benedetto, anche nell’interpretazione della norma da applicare al caso concreto, deve operare quel principio del sentire cum ecclesia, che è elemento essenziale dell’opera dell’interprete. Qui si dischiude il discorso centrale del pensiero di Corecco, che vede come fondamento della certezza del diritto, anzi come esigenza intrinseca alla norma canonica, di garantire l’unità all’interno della communio ecclesiae et ecclesiarum; più ancora, la stessa norma canonica è ultimamente vincolante solo nella misura in cui coglie una esigenza della communio, alla quale l’interprete deve sentirsi vincolato. È stato giustamente rilevato che nel pensiero di Eugenio Corecco il fine ultimo dell’ordinamento canonico non è la realizzazione del bonum ecclesiae, né tantomeno la edificazione di una societas iuridice perfecta, ma la creazione della communio, che costituisce la modalità specifica con cui, all’interno della realtà ecclesiale, diventano giuridicamente vincolanti sia i rapporti intersoggettivi sia quelli esistenti tra le chiese particolari e quella universale. La communio è ad un tempo la realtà da realizzare e la modalità secondo cui il diritto canonico deve strutturarsi per realizzarla. Ne consegue che la communio, in quanto causa materiale formale e finale del diritto della Chiesa, è per se stessa giuridicamente vincolante.
Milano, G. (2014). Il contributo di Eugenio Corecco per una teologia del diritto canonico. In Fede, comunione e diritto. Eugenio Corecco e la canonistica postconciliare. Lugano : Eupress-FTL.
Il contributo di Eugenio Corecco per una teologia del diritto canonico
MILANO, GIAN PIERO GIUSEPPE
2014-05-01
Abstract
Il pensiero del giovane e brillante docente dell’università di Friburgo, Eugenio Corecco era incentrato sul fondamentale obiettivo di assicurare l’unità della Chiesa attraverso la comunione nella disciplina”. Nella sua relazione sul Valore giuridico dell’atto contra legem, dava per acquisito che la canonistica avesse finalmente preso piena coscienza di essere una disciplina teologica chiamata ad applicare con vigore il metodo teologico, il che le imponeva di uscire dalle strettoie in cui si dibatteva la scienza giuridica che, negli ordinamenti statuali moderni, privilegia il principio della certezza del diritto sulla verità oggettiva, per cui in caso di conflitto è la giustizia ad essere sacrificata per garantire la stabilità e la sicurezza dei rapporti giuridici e dunque l’autorità dell’ordinamento. Su queste basi Corecco richiama l’attenzione sul fatto che nel diritto canonico il problema della certezza giuridica deve essere sacrificato per lasciare spazio alla giustizia ed alla verità oggettiva. Il diritto canonico deve essere inserito all’interno di un orizzonte più ampio, vale a dire quello della certezza teologica, in quanto realtà ecclesiale. Il diritto canonico è una delle realtà essenziali in cui si manifesta, per fatti concludenti, la tradizione della Chiesa e di conseguenza la verità contenuta nella parola e nel sacramento che dalla tradizione sono perpetuati. Queste considerazioni di Corecco si saldano perfettamente con la lettura proposta da Papa Benedetto sul significato e sui contenuti dell’interpretazione della legge canonica, che non può essere mero esercizio logico (anche se brillante e raffinato), né può ridursi all’applicazione delle norme alla singola situazione, sia pur affrontata con spirito pastorale, ma deve guardare alla realtà fattuale, interpretandola alla luce della tradizione della Chiesa e soprattutto in spirito di comunione. In questo senso, come afferma Papa Benedetto, anche nell’interpretazione della norma da applicare al caso concreto, deve operare quel principio del sentire cum ecclesia, che è elemento essenziale dell’opera dell’interprete. Qui si dischiude il discorso centrale del pensiero di Corecco, che vede come fondamento della certezza del diritto, anzi come esigenza intrinseca alla norma canonica, di garantire l’unità all’interno della communio ecclesiae et ecclesiarum; più ancora, la stessa norma canonica è ultimamente vincolante solo nella misura in cui coglie una esigenza della communio, alla quale l’interprete deve sentirsi vincolato. È stato giustamente rilevato che nel pensiero di Eugenio Corecco il fine ultimo dell’ordinamento canonico non è la realizzazione del bonum ecclesiae, né tantomeno la edificazione di una societas iuridice perfecta, ma la creazione della communio, che costituisce la modalità specifica con cui, all’interno della realtà ecclesiale, diventano giuridicamente vincolanti sia i rapporti intersoggettivi sia quelli esistenti tra le chiese particolari e quella universale. La communio è ad un tempo la realtà da realizzare e la modalità secondo cui il diritto canonico deve strutturarsi per realizzarla. Ne consegue che la communio, in quanto causa materiale formale e finale del diritto della Chiesa, è per se stessa giuridicamente vincolante.File | Dimensione | Formato | |
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