Nel circoscrivere i contorni del problema delle passioni in età moderna, in rapporto alle dottrine dei Philosophes materialisti del secolo XVIII, bisognerà prendere le mosse dalla definizione cartesiana di «passioni dell'anima» – titolo dell'ultima opera scritta da Descartes nel 1650: Les passions de l'âme – che ha un’importanza centrale nel nostro contesto. Si tratta di demarcare tale concetto di passione in una triplice direzione. 1/ All’indietro, in rapporto al senso antico del termine, quello aristotelico, per cui il pàskein (Patire) e una delle dieci categorie dell’essere, e come affezione dei sensi puramente passiva, è da distinguersi, quale correlativo e completare, dal pràttein (Agire); o in Platone, per il quale, come per gli Stoici, le passioni sono vere e proprie malattie dell’anima. 2/ demarcarlo in avanti, in rapporto al concetto romantico di passione fondamentale – quella forma affettiva per la quale il soggetto pone tutto l’interesse vitale del suo spirito in un unico e solo oggetto –, entrato oggi anche nel linguaggio comune (passione per la giustizia, per la libertà, per le automobili, per il sesso ecc.). 3/ demarcarlo ancor più in avanti, in rapporto al concetto scientifico contemporaneo di «emozione», affermatosi – diamo qui delle coordinate storiche sommarie – dopo Charles Darwin (L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli altri animali, 1872), fino alle moderne scienze cognitive, secondo le quali «le emozioni sono modificazioni mentali correlate a certe modifiche fisiologiche e ormonali. Le credenze possono essere considerate come cause ovvero come interpretazioni delle emozioni (…). Per William James, un’emozione è essenzialmente la percezione di un cambiamento fisiologico involontario». Secondo Darwin le emozioni hanno una precisa configurazione funzionale e formale, comune tanto agli uomini quanto agli animali, che può essere studiata in chiave evolutiva. Come osserva il neuropsicologo francese Olivier Koenig: «oggi sembra che l’emozione possa essere studiata in termini di sistema cognitivo, composto da un certo numero di sottosistemi, allo stesso titolo della visione, dell’azione e del linguaggio».
Quintili, P. (2009). Fisiologia delle passioni e filosofie della vita, da Buffon a Diderot (1749-1789). In P. Quintili (a cura di), Anima, mente e cervello. Alle origini del problema mente-corpo, da Descartes all'Ottocento (pp. 133-162). MILANO -- ITA : Unicopli.
Fisiologia delle passioni e filosofie della vita, da Buffon a Diderot (1749-1789)
QUINTILI, PAOLO
2009-11-01
Abstract
Nel circoscrivere i contorni del problema delle passioni in età moderna, in rapporto alle dottrine dei Philosophes materialisti del secolo XVIII, bisognerà prendere le mosse dalla definizione cartesiana di «passioni dell'anima» – titolo dell'ultima opera scritta da Descartes nel 1650: Les passions de l'âme – che ha un’importanza centrale nel nostro contesto. Si tratta di demarcare tale concetto di passione in una triplice direzione. 1/ All’indietro, in rapporto al senso antico del termine, quello aristotelico, per cui il pàskein (Patire) e una delle dieci categorie dell’essere, e come affezione dei sensi puramente passiva, è da distinguersi, quale correlativo e completare, dal pràttein (Agire); o in Platone, per il quale, come per gli Stoici, le passioni sono vere e proprie malattie dell’anima. 2/ demarcarlo in avanti, in rapporto al concetto romantico di passione fondamentale – quella forma affettiva per la quale il soggetto pone tutto l’interesse vitale del suo spirito in un unico e solo oggetto –, entrato oggi anche nel linguaggio comune (passione per la giustizia, per la libertà, per le automobili, per il sesso ecc.). 3/ demarcarlo ancor più in avanti, in rapporto al concetto scientifico contemporaneo di «emozione», affermatosi – diamo qui delle coordinate storiche sommarie – dopo Charles Darwin (L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli altri animali, 1872), fino alle moderne scienze cognitive, secondo le quali «le emozioni sono modificazioni mentali correlate a certe modifiche fisiologiche e ormonali. Le credenze possono essere considerate come cause ovvero come interpretazioni delle emozioni (…). Per William James, un’emozione è essenzialmente la percezione di un cambiamento fisiologico involontario». Secondo Darwin le emozioni hanno una precisa configurazione funzionale e formale, comune tanto agli uomini quanto agli animali, che può essere studiata in chiave evolutiva. Come osserva il neuropsicologo francese Olivier Koenig: «oggi sembra che l’emozione possa essere studiata in termini di sistema cognitivo, composto da un certo numero di sottosistemi, allo stesso titolo della visione, dell’azione e del linguaggio».I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


