Si potrebbe sbrigativamente dire che nell’ermeneutica di Gadamer Betti ravvisa un’ingiustificabile riduzione dell’interpretazione a una già sempre garantita e acritica mediazione di passato e presente, laddove in quella di Betti Gadamer vede all’opera un ingenuo pregiudizio metodologico-oggettivistico, inadeguato alla svolta ontologica dell’ermeneutica novecentesca. Non si tratta, però, di dichiarare incompatibili le due posizioni, né di tentarne un’irenica conciliazione, ma di sfatare, anzitutto, alcuni pregiudizi che gravano sul confronto, entrale nell’ermeneutica novecentesca, tra Emio Betti e Hans-Georg Gadamer. Il più rilevante tra quelle esaminati nel saggio è che si tratti di una Auseinandersetzung fra una metodologia generale delle Geisteswissenschaften e una filosofia o ontologia ermeneutica. La verità è, invece, che si ha qui a che fare piuttosto con due filosofie diverse, con due diverse concezioni di ciò che significa comprendere e interpretare e che cosa siano un soggetto e un oggetto. Che l’interpretazione sia per Betti un processo distinto dall’eventuale evento della comprensione, infatti, non comporta affatto che l’ermeneutica non sia anche per lui un modo d’essere dell’esistenza come tale.
Griffero, T.b. (2012). “Ma possiamo ancora chiamare interpretazione un siffatto modo di procedere?” Betti e Gadamer di fronte al problema dell’applicazione. In R. Dottori (a cura di), 50 Jahre Wahrheit und Methode. Beiträge im Anschluss an H.-G. Gadamers Hauptwerk (pp. 291-305). Berlin : LIT Verlag.
“Ma possiamo ancora chiamare interpretazione un siffatto modo di procedere?” Betti e Gadamer di fronte al problema dell’applicazione
GRIFFERO, TONINO BERNARDO
2012-01-01
Abstract
Si potrebbe sbrigativamente dire che nell’ermeneutica di Gadamer Betti ravvisa un’ingiustificabile riduzione dell’interpretazione a una già sempre garantita e acritica mediazione di passato e presente, laddove in quella di Betti Gadamer vede all’opera un ingenuo pregiudizio metodologico-oggettivistico, inadeguato alla svolta ontologica dell’ermeneutica novecentesca. Non si tratta, però, di dichiarare incompatibili le due posizioni, né di tentarne un’irenica conciliazione, ma di sfatare, anzitutto, alcuni pregiudizi che gravano sul confronto, entrale nell’ermeneutica novecentesca, tra Emio Betti e Hans-Georg Gadamer. Il più rilevante tra quelle esaminati nel saggio è che si tratti di una Auseinandersetzung fra una metodologia generale delle Geisteswissenschaften e una filosofia o ontologia ermeneutica. La verità è, invece, che si ha qui a che fare piuttosto con due filosofie diverse, con due diverse concezioni di ciò che significa comprendere e interpretare e che cosa siano un soggetto e un oggetto. Che l’interpretazione sia per Betti un processo distinto dall’eventuale evento della comprensione, infatti, non comporta affatto che l’ermeneutica non sia anche per lui un modo d’essere dell’esistenza come tale.Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Licenza Creative Commons