La natura e la validità dei divieti testamentari di alienazione, che dopo l’entrata in vigore della l. 19 maggio 1975, n. 151 (che ha novellato il testo dell’art. 692 c.c.) non sono più espressamente contemplati dal Codice civile, è stata oggetto di vivaci dibattiti dottrinali. Il saggio propone di distinguere tre ipotesi di divieti: a) qualora il testatore abbia espresso il desiderio che l’erede o il legatario non alieni il bene (ad esempio, inserendo una formula come «prego» o «mi auguro che l’onorato non voglia alienare il bene in oggetto»), il divieto consisterebbe in una semplice raccomandazione, che l’onorato potrà seguire oppure no, senza che un’eventuale trasgressione possa comportare conseguenze a lui sfavorevoli; b) qualora il testatore abbia invece imposto all’onorato di non alienare il bene (ad esempio, inserendo una clausola come «lascio il bene X ad Y, che non lo dovrà alienare»), sembra che la volontà del testatore colori in maniera più decisa l’istituzione; in tal caso, è preferibile inquadrare questa ipotesi nella fattispecie del modus, dal quale discendono effetti obbligatori; c) qualora il testatore abbia previsto, in caso di trasgressione del divieto di alienazione, la risoluzione dell’istituzione (ad esempio, se abbia disposto: «lego il bene X a Y a condizione che non lo alieni; qualora lo alienasse, Y perderà ogni diritto su X»), per una corretta interpretazione della volontà testamentaria si potrebbe parlare di un’istituzione sottoposta a modus il cui inadempimento, ex art. 648, 2° comma, c.c., potrebbe condurre alla risoluzione della disposizione testamentaria (in quanto prevista dal testatore o se l’adempimento dell’onere abbia costituito il solo motivo determinante della disposizione). Si potrebbe altrimenti parlare, in questo caso, di condizione potestativa risolutiva. Un divieto testamentario di alienazione non può essere perpetuo, né avere una durata eccessivamente lunga: in tali ipotesi, in base ai criteri generali di interpretazione del testamento si vedrà se il testatore abbia voluto imporre proprio un divieto perpetuo, certamente nullo, ovvero se abbia voluto imporre un divieto della massima durata possibile, nel qual caso il giudice potrebbe ridurlo ad un periodo ammissibile (ad esempio, cinque anni). Qualora il divieto abbia durata indeterminata, pare preferibile ritenere che l’autorità giudiziaria possa determinarne i limiti temporali.

Farace, D. (2006). Sull'efficacia dei divieti di alienazione disposti per testamento. RIVISTA DI DIRITTO CIVILE, 52(3), 363-386.

Sull'efficacia dei divieti di alienazione disposti per testamento

FARACE, DARIO
2006-01-01

Abstract

La natura e la validità dei divieti testamentari di alienazione, che dopo l’entrata in vigore della l. 19 maggio 1975, n. 151 (che ha novellato il testo dell’art. 692 c.c.) non sono più espressamente contemplati dal Codice civile, è stata oggetto di vivaci dibattiti dottrinali. Il saggio propone di distinguere tre ipotesi di divieti: a) qualora il testatore abbia espresso il desiderio che l’erede o il legatario non alieni il bene (ad esempio, inserendo una formula come «prego» o «mi auguro che l’onorato non voglia alienare il bene in oggetto»), il divieto consisterebbe in una semplice raccomandazione, che l’onorato potrà seguire oppure no, senza che un’eventuale trasgressione possa comportare conseguenze a lui sfavorevoli; b) qualora il testatore abbia invece imposto all’onorato di non alienare il bene (ad esempio, inserendo una clausola come «lascio il bene X ad Y, che non lo dovrà alienare»), sembra che la volontà del testatore colori in maniera più decisa l’istituzione; in tal caso, è preferibile inquadrare questa ipotesi nella fattispecie del modus, dal quale discendono effetti obbligatori; c) qualora il testatore abbia previsto, in caso di trasgressione del divieto di alienazione, la risoluzione dell’istituzione (ad esempio, se abbia disposto: «lego il bene X a Y a condizione che non lo alieni; qualora lo alienasse, Y perderà ogni diritto su X»), per una corretta interpretazione della volontà testamentaria si potrebbe parlare di un’istituzione sottoposta a modus il cui inadempimento, ex art. 648, 2° comma, c.c., potrebbe condurre alla risoluzione della disposizione testamentaria (in quanto prevista dal testatore o se l’adempimento dell’onere abbia costituito il solo motivo determinante della disposizione). Si potrebbe altrimenti parlare, in questo caso, di condizione potestativa risolutiva. Un divieto testamentario di alienazione non può essere perpetuo, né avere una durata eccessivamente lunga: in tali ipotesi, in base ai criteri generali di interpretazione del testamento si vedrà se il testatore abbia voluto imporre proprio un divieto perpetuo, certamente nullo, ovvero se abbia voluto imporre un divieto della massima durata possibile, nel qual caso il giudice potrebbe ridurlo ad un periodo ammissibile (ad esempio, cinque anni). Qualora il divieto abbia durata indeterminata, pare preferibile ritenere che l’autorità giudiziaria possa determinarne i limiti temporali.
2006
Pubblicato
Rilevanza internazionale
Articolo
Nessuno
Settore IUS/01 - DIRITTO PRIVATO
Italian
Divieto di alienazione; successioni a causa di morte; testamento
Farace, D. (2006). Sull'efficacia dei divieti di alienazione disposti per testamento. RIVISTA DI DIRITTO CIVILE, 52(3), 363-386.
Farace, D
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