La nota analizza la soluzione fornita dal Consiglio di Stato alla questione del rapporto tra legge statale e legge regionale in materia di edilizia ed urbanistica, devoluta alla competenza legislativa concorrente, e in particolare tra l’art. 12 d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 e l’art. 5 l. reg. Lazio 6 luglio 1977 n. 24, oltre che alla problematica del silenzio rifiuto dell’amministrazione. Sul primo punto, l’Adunanza plenaria, in pieno allineamento coi principi costituzionali affermati da Corte cost. 23 novembre 2007 n. 241, ha stabilito che la potestà legislativa concorrente delle Regioni ordinarie debba esplicitarsi nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale, nella specie desumibili dal d.p.r. n. 380 cit., il cui art. 2, comma 3 stabilisce che, nella fase transitoria, le disposizioni attuative dei principi da esso contenuti operino direttamente nei riguardi delle Regioni predette. In conseguenza di quanto sopra, l’art. 5 cit. deve ritenersi abrogato dall’art. 12 cit. che, in luogo del previgente termine quinquennale, limita a tre anni l’efficacia delle anzidette misure, qualora lo strumento approvato non venga inviato entro l’anno dalla pubblicazione, all’amministrazione competente per l’approvazione. Per quanto riguarda l’efficacia ed i limiti di applicazione della pronunzia giudiziale sul silenzio- rifiuto, la sentenza ripropone i noti problemi in materia di effettività della tutela giurisdizionale e di giusto processo. Infatti, in materia urbanistica ed edilizia (oggetto di esclusiva giurisdizione amministrativa), solo il conferimento del potere di accertamento della fondatezza della pretesa fatta valere in giudizio consente la definizione “giurisdizionale” della controversia. In subiecta materia, gli ambiti del giudizio sulla fondatezza della pretesa e della necessità di rispettare l’agire discrezionale della pubblica amministrazione tendono a corrispondere alla distinzione tra atti d’indirizzo e controllo, da un lato, ed atti di gestione, dall’altro, per i quali ultimi non dovrebbero esservi spazi sottratti al sindacato del giudice. In ogni caso, il giudizio sul silenzio rifiuto non soddisfa del tutto gli elementi di pienezza e completezza della tutela, né un esercizio del potere amministrativo attento ai risultati può esprimersi con un sostanziale inadempimento. Infatti, anche nella giurisprudenza comunitaria, l’amministrazione è sempre tenuta a realizzare un effetto specifico, con esclusione dell’omissione e, dunque, del non esercizio delle proprie potestà.
Ardanese, C. (2008). Nota a Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Sentenza 7 aprile 2008 n. 2. [Altro].
Nota a Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Sentenza 7 aprile 2008 n. 2.
ARDANESE, CLIZIA
2008-01-01
Abstract
La nota analizza la soluzione fornita dal Consiglio di Stato alla questione del rapporto tra legge statale e legge regionale in materia di edilizia ed urbanistica, devoluta alla competenza legislativa concorrente, e in particolare tra l’art. 12 d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 e l’art. 5 l. reg. Lazio 6 luglio 1977 n. 24, oltre che alla problematica del silenzio rifiuto dell’amministrazione. Sul primo punto, l’Adunanza plenaria, in pieno allineamento coi principi costituzionali affermati da Corte cost. 23 novembre 2007 n. 241, ha stabilito che la potestà legislativa concorrente delle Regioni ordinarie debba esplicitarsi nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale, nella specie desumibili dal d.p.r. n. 380 cit., il cui art. 2, comma 3 stabilisce che, nella fase transitoria, le disposizioni attuative dei principi da esso contenuti operino direttamente nei riguardi delle Regioni predette. In conseguenza di quanto sopra, l’art. 5 cit. deve ritenersi abrogato dall’art. 12 cit. che, in luogo del previgente termine quinquennale, limita a tre anni l’efficacia delle anzidette misure, qualora lo strumento approvato non venga inviato entro l’anno dalla pubblicazione, all’amministrazione competente per l’approvazione. Per quanto riguarda l’efficacia ed i limiti di applicazione della pronunzia giudiziale sul silenzio- rifiuto, la sentenza ripropone i noti problemi in materia di effettività della tutela giurisdizionale e di giusto processo. Infatti, in materia urbanistica ed edilizia (oggetto di esclusiva giurisdizione amministrativa), solo il conferimento del potere di accertamento della fondatezza della pretesa fatta valere in giudizio consente la definizione “giurisdizionale” della controversia. In subiecta materia, gli ambiti del giudizio sulla fondatezza della pretesa e della necessità di rispettare l’agire discrezionale della pubblica amministrazione tendono a corrispondere alla distinzione tra atti d’indirizzo e controllo, da un lato, ed atti di gestione, dall’altro, per i quali ultimi non dovrebbero esservi spazi sottratti al sindacato del giudice. In ogni caso, il giudizio sul silenzio rifiuto non soddisfa del tutto gli elementi di pienezza e completezza della tutela, né un esercizio del potere amministrativo attento ai risultati può esprimersi con un sostanziale inadempimento. Infatti, anche nella giurisprudenza comunitaria, l’amministrazione è sempre tenuta a realizzare un effetto specifico, con esclusione dell’omissione e, dunque, del non esercizio delle proprie potestà.File | Dimensione | Formato | |
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