Roma è una città complessa. Lo era nel 1861, lo è nel 2011. Descriverne ed interpretarne la struttura, attraverso una lettura fatta di immagini oltre che di parole, impone di penetrare nelle molte anime della Capitale. Roma è, ancora prima dell’Unità, un sistema urbano unico. Non tanto nella forma urbis, che, come per tutte le grandi capitali, è segnata dalla presenza di un fiume, colli, green belt, accessi radiali; quanto piuttosto per la sua posizione geografico-economica, storico-monumentale e politica e per le innumerevoli “appercezioni” che suscita. Roma è la città delle piazze (fori, mercati, spazi barocchi, 100 delle periferie), delle mura, dei colombari, dei forti, dei rioni e dei quartieri, delle consolari, dei parchi e degli orti, delle acque. Roma è città “interrotta”, come si diceva negli anni ’80 parafrasando Piranesi, dove un governo non dura mai abbastanza dall’Unità in poi per vedere realizzato un piano regolatore o un’opera. Roma è la città dei “volti del potere”, laici o religiosi, che l’hanno amata o ripudiata, evocando letteralmente l’idea di una grande città. Una città che amplia il suo respiro sino ai confini della Provincia, concatenando insediamenti urbani e rurali per distribuire flussi (informazioni, persone, energia) oltre la Città; i cui elementi spesso puramente celebrativi e ornamentali (obelischi, cupole, fontane, pini) o produttivi (casali acquedotti) sono percepiti come ordinatori del paesaggio. E’ la Città del “dentro” e del “fuori” le mura e dell'interazione tra campagna e città. In un rapporto invariato nel tempo, al di là di come artisti, ‘cinematografari’ e comunicatori la rappresentano, che invita costantemente all’immagine: dalle cartoline di Roesler Franz, alle notti bianche, agli eventi che proiettano su edifici e monumenti colori e immagini di una Roma dimenticata (chi ricorda oggi, oltre ai restauratori, che i colori di Roma prima del Rosso Piemontese sono il bianco, il celeste, il verde?) La vitalità e le visioni con cui Roma ha proceduto dal 1861 verso la modernità l’ha trasformata in una griglia di diversità giustapposte, toponimi, micro-paesaggi all’interno di un paesaggio tipico, di alta qualità, sostenuto da una posizione politico-economica non sempre di rispetto, faticosamente inseguita nel panorama italiano ed internazionale delle grandi città-Capitale centri e motori direzionali e dello sviluppo. Ma, come avrebbe detto Marc Bloch, di fronte all'immensa e confusa realtà il ricercatore deve fare la propria scelta per interpretarla. I saggi su Roma, dal 1861 ad oggi non sono poi molti, se si tralasciano quelli ovvi di storia, arte, archeologia, turismo, gran tour e i pamphlet politici (“Roma: che ne facciamo?” scriveva un assessore romano nel 1993). Le donne – ricercatrici francesi e romane soprattutto - “affrontano” Roma con più naturalezza e a tutto tondo; gli uomini - socioeconomisti, urbanisti, giuristi e sociologi - “affrontano” Roma per temi e settori. Tutti danno spazio a sensibilità e temi salienti di un dibattito animato che, soprattutto nel dopoguerra, è stato alla base di incontri e programmi di cultura, urbanistica e architettura cittadina; un ‘omaggio’ dovuto, e uno sforzo per diffondere un critical thinking sulla Capitale oltre la narrazione del mito. Un pensiero che si scontra, inevitabilmente, con l’agire dei practitioners, molto attivi a Roma fin dagli anni ‘20: mediatori, immobiliaristi, professionisti; per cui il territorio è soggetto-oggetto fondamentale dell’agire romano. Un territorio dalle plurime identità quello di Roma, su cui è difficile, per i sindaci-imperatori come li chiamano i Romani, resistere alla tentazione di lasciare un’impronta, che resta spesso incompiuta. C’è da interrogarsi, quindi, se questa Capitale, asimmetrica nei contenuti, sia il risultato del positivismo franco-piemontese che ne ha obbiettivamente segnato l’ingresso nella modernità tentando di emanciparne la realtà urbana dalle immagini mitiche e dai ruoli simbolici, o anche l’effetto del processo modernista e post-modernista che ha pervaso la progettazione dall’800 ad oggi, tanto da trasformare Roma in una “forma geografico-economica applicata”, direbbe Murdoch (2006), dove l’immaginario spaziale ‘performa’ la realtà e il ‘fare politica’, soprattutto sotto la spinta prima unitaria poi europea, ha reso impossibile superare la retorica che oppone storia e sviluppo.

Cesaretti, P., Clerici, L., Prezioso, M., Bertelli, G., Ventura, D. (2011). Interpretare Roma: 1861-2011. In P. Cesaretti (a cura di), Roma. Evoluzione di una Capitale 1861-2011 (pp. 39-70). Bolis.

Interpretare Roma: 1861-2011

PREZIOSO, MARIA
Membro del Collaboration Group
;
2011-12-01

Abstract

Roma è una città complessa. Lo era nel 1861, lo è nel 2011. Descriverne ed interpretarne la struttura, attraverso una lettura fatta di immagini oltre che di parole, impone di penetrare nelle molte anime della Capitale. Roma è, ancora prima dell’Unità, un sistema urbano unico. Non tanto nella forma urbis, che, come per tutte le grandi capitali, è segnata dalla presenza di un fiume, colli, green belt, accessi radiali; quanto piuttosto per la sua posizione geografico-economica, storico-monumentale e politica e per le innumerevoli “appercezioni” che suscita. Roma è la città delle piazze (fori, mercati, spazi barocchi, 100 delle periferie), delle mura, dei colombari, dei forti, dei rioni e dei quartieri, delle consolari, dei parchi e degli orti, delle acque. Roma è città “interrotta”, come si diceva negli anni ’80 parafrasando Piranesi, dove un governo non dura mai abbastanza dall’Unità in poi per vedere realizzato un piano regolatore o un’opera. Roma è la città dei “volti del potere”, laici o religiosi, che l’hanno amata o ripudiata, evocando letteralmente l’idea di una grande città. Una città che amplia il suo respiro sino ai confini della Provincia, concatenando insediamenti urbani e rurali per distribuire flussi (informazioni, persone, energia) oltre la Città; i cui elementi spesso puramente celebrativi e ornamentali (obelischi, cupole, fontane, pini) o produttivi (casali acquedotti) sono percepiti come ordinatori del paesaggio. E’ la Città del “dentro” e del “fuori” le mura e dell'interazione tra campagna e città. In un rapporto invariato nel tempo, al di là di come artisti, ‘cinematografari’ e comunicatori la rappresentano, che invita costantemente all’immagine: dalle cartoline di Roesler Franz, alle notti bianche, agli eventi che proiettano su edifici e monumenti colori e immagini di una Roma dimenticata (chi ricorda oggi, oltre ai restauratori, che i colori di Roma prima del Rosso Piemontese sono il bianco, il celeste, il verde?) La vitalità e le visioni con cui Roma ha proceduto dal 1861 verso la modernità l’ha trasformata in una griglia di diversità giustapposte, toponimi, micro-paesaggi all’interno di un paesaggio tipico, di alta qualità, sostenuto da una posizione politico-economica non sempre di rispetto, faticosamente inseguita nel panorama italiano ed internazionale delle grandi città-Capitale centri e motori direzionali e dello sviluppo. Ma, come avrebbe detto Marc Bloch, di fronte all'immensa e confusa realtà il ricercatore deve fare la propria scelta per interpretarla. I saggi su Roma, dal 1861 ad oggi non sono poi molti, se si tralasciano quelli ovvi di storia, arte, archeologia, turismo, gran tour e i pamphlet politici (“Roma: che ne facciamo?” scriveva un assessore romano nel 1993). Le donne – ricercatrici francesi e romane soprattutto - “affrontano” Roma con più naturalezza e a tutto tondo; gli uomini - socioeconomisti, urbanisti, giuristi e sociologi - “affrontano” Roma per temi e settori. Tutti danno spazio a sensibilità e temi salienti di un dibattito animato che, soprattutto nel dopoguerra, è stato alla base di incontri e programmi di cultura, urbanistica e architettura cittadina; un ‘omaggio’ dovuto, e uno sforzo per diffondere un critical thinking sulla Capitale oltre la narrazione del mito. Un pensiero che si scontra, inevitabilmente, con l’agire dei practitioners, molto attivi a Roma fin dagli anni ‘20: mediatori, immobiliaristi, professionisti; per cui il territorio è soggetto-oggetto fondamentale dell’agire romano. Un territorio dalle plurime identità quello di Roma, su cui è difficile, per i sindaci-imperatori come li chiamano i Romani, resistere alla tentazione di lasciare un’impronta, che resta spesso incompiuta. C’è da interrogarsi, quindi, se questa Capitale, asimmetrica nei contenuti, sia il risultato del positivismo franco-piemontese che ne ha obbiettivamente segnato l’ingresso nella modernità tentando di emanciparne la realtà urbana dalle immagini mitiche e dai ruoli simbolici, o anche l’effetto del processo modernista e post-modernista che ha pervaso la progettazione dall’800 ad oggi, tanto da trasformare Roma in una “forma geografico-economica applicata”, direbbe Murdoch (2006), dove l’immaginario spaziale ‘performa’ la realtà e il ‘fare politica’, soprattutto sotto la spinta prima unitaria poi europea, ha reso impossibile superare la retorica che oppone storia e sviluppo.
dic-2011
Settore M-GGR/02 - GEOGRAFIA ECONOMICO-POLITICA
Italian
Rilevanza nazionale
Capitolo o saggio
Roma; capitali; geografia urbana; socioeconomia urbana
Cesaretti, P., Clerici, L., Prezioso, M., Bertelli, G., Ventura, D. (2011). Interpretare Roma: 1861-2011. In P. Cesaretti (a cura di), Roma. Evoluzione di una Capitale 1861-2011 (pp. 39-70). Bolis.
Cesaretti, P; Clerici, L; Prezioso, M; Bertelli, G; Ventura, D
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