Molti sono convinti che la montagna proponga alle donne ed agli uomini che vi nascono e risiedono quadri e scelte di vita molto limitati rispetto all’offerta di pianura, considerata dall’economia uno spazio più utile perché indifferenziato, dove è immediatamente possibile anche la più minuta connessione con il globale. In parte questo è vero, se si considera che la montagna non ha consentito di accedere pienamente - quella italiana, poi, sino ad oggi ancor meno - a tutto ed a tutti. Questo limite è stato spesso attribuito in Italia alle condizioni morfologiche ed altimetriche del territorio: secondo le convenzioni geografiche, si è in montagna quando si superano i 600 m slm (in Appennino) o i 700 (nelle Alpi) e ci si confronta con climi ed habitat, costumi ed attività, linguaggi e culture fortemente identitari. Non è più vero se ci si sofferma a riflettere sull’identità e sulle identità che la montagna ha saputo e sa ancora esprimere, e che risaltano con evidenza in questo catalogo. Le aree di montagna, ad esempio, sono quelle che difficilmente hanno accolto movimenti migratori stanziali extranazionali ed extraregionali nelle aree di confine, perché in montagna le occupazioni, i beni e servizi, il tempo libero, le relazioni sociali sono chiare e quantificabili, come il tempo. L’economia e le attività che la rappresentano sono diverse, perché alcune variabili che le orientano qui diventano costanti o, almeno, non mutano così velocemente: le rese dei suoli, le destinazioni d’uso, le rendite, i costi ed i ricavi, il risparmio, l’e-government. Il capitale umano presenta caratteri distintivi, forse per effetto di un’offerta formativa più rarefatta anche dal punto di vista degli stimoli al cambiamento. Una “straordinaria coerenza tra i quadri ambientali e le forme produttive, in relazione anche all'organizzazione sociale della produzione” - per dirla con Emilio Sereni e la sua Storia del paesaggio agrario italiano – distingue la montagna e, in termini geografici, la coerenza del paesaggio che la rappresenta, ancora espressione di equilibrio nella sua scarsa mutevolezza. La montagna è quanto di ‘meno alla moda’ si possa immaginare dal punto di vista geografico-economico o dell’ideologia, se si tralascia per un momento l’ovvia attrazione esercitata dalla montagna in virtù dell’offerta sportiva e turistica per guardare alle molteplici tipologie di azioni che, nel tempo, sono state approntate e realizzate dalle capacità produttive montane per interpretare lo sviluppo; al punto da divenire entità geografiche “complesse”. Paesaggio, cultura, economia, storia si fondono nelle aree che definiamo montane, dando luogo a differenti sistemi unitari che ben si adattano ad una lettura geopolitica oltre che geoeconomica ed umana, accogliendo l’offerta di nuove e sostenibili forme di cooperazione transfrontaliera ed interregionale, come dimostrato dai tanti progetti europei Interreg III B. Perché la montagna non si sottrae alle analisi che ne vogliono individuare il tipo geografico e lo stato che ne caratterizzano le differenze alla scala locale, secondo il principio dell’identificazione delle unità territoriali di riferimento che combinano le caratteristiche di tipo antropico-insediativo con quelle naturali, dando luogo sia ad “unità morfo-territoriali” attraverso cui si misura il valore del suo paesaggio; sia ad “unità insiedativo-spaziali” attraverso cui si misura il suo valore economico-sociale. L'approccio metodologico della geografia allo studio della montagna è divenuto così sempre più complesso, investendo le relazioni intra ed intermontane sostituendo la semplice osservazione-descrizione degli indicatori del mutamento, non rinunciando a sottolineare l'importanza di quelli “percepiti” per leggere le forme e l'equilibrio del paesaggio montano anche in termini di globalità, oltre che di sistema regionale. Che si tratti del risultato di un'azione antropica o di un evento naturale, gli elementi costitutivi il paesaggio montano possono essere letti come “segni” e, pertanto, comportare l'esame dei relativi significanti e significati. Proprio come le immagini di questo catalogo. Non solo per la diversa finalità che una lettura geografica può offrire rispetto ad un approccio di tipo progettuale, ma anche per la presenza di precisi riferimenti temporali che fissano, in modo univoco, la relazione che intercorre tra eventi di natura umana (storia, economia, politica della montagna) e modifiche del paesaggio produttivo montano, fornendo la sintesi di un processo di sviluppo.

Prezioso, M. (2005). Postfazione – prospettive: considerazioni generali per il proseguimento della ricerca. In Istituto nazionale della montagna (a cura di), Carta della montagna del Lazio: analisi territoriale in ambiente GIS per lo studio dei criteri di definizione della montagna laziale (pp. 35-43). Roma : IMONT; Regione Lazio.

Postfazione – prospettive: considerazioni generali per il proseguimento della ricerca

PREZIOSO, MARIA
2005-01-01

Abstract

Molti sono convinti che la montagna proponga alle donne ed agli uomini che vi nascono e risiedono quadri e scelte di vita molto limitati rispetto all’offerta di pianura, considerata dall’economia uno spazio più utile perché indifferenziato, dove è immediatamente possibile anche la più minuta connessione con il globale. In parte questo è vero, se si considera che la montagna non ha consentito di accedere pienamente - quella italiana, poi, sino ad oggi ancor meno - a tutto ed a tutti. Questo limite è stato spesso attribuito in Italia alle condizioni morfologiche ed altimetriche del territorio: secondo le convenzioni geografiche, si è in montagna quando si superano i 600 m slm (in Appennino) o i 700 (nelle Alpi) e ci si confronta con climi ed habitat, costumi ed attività, linguaggi e culture fortemente identitari. Non è più vero se ci si sofferma a riflettere sull’identità e sulle identità che la montagna ha saputo e sa ancora esprimere, e che risaltano con evidenza in questo catalogo. Le aree di montagna, ad esempio, sono quelle che difficilmente hanno accolto movimenti migratori stanziali extranazionali ed extraregionali nelle aree di confine, perché in montagna le occupazioni, i beni e servizi, il tempo libero, le relazioni sociali sono chiare e quantificabili, come il tempo. L’economia e le attività che la rappresentano sono diverse, perché alcune variabili che le orientano qui diventano costanti o, almeno, non mutano così velocemente: le rese dei suoli, le destinazioni d’uso, le rendite, i costi ed i ricavi, il risparmio, l’e-government. Il capitale umano presenta caratteri distintivi, forse per effetto di un’offerta formativa più rarefatta anche dal punto di vista degli stimoli al cambiamento. Una “straordinaria coerenza tra i quadri ambientali e le forme produttive, in relazione anche all'organizzazione sociale della produzione” - per dirla con Emilio Sereni e la sua Storia del paesaggio agrario italiano – distingue la montagna e, in termini geografici, la coerenza del paesaggio che la rappresenta, ancora espressione di equilibrio nella sua scarsa mutevolezza. La montagna è quanto di ‘meno alla moda’ si possa immaginare dal punto di vista geografico-economico o dell’ideologia, se si tralascia per un momento l’ovvia attrazione esercitata dalla montagna in virtù dell’offerta sportiva e turistica per guardare alle molteplici tipologie di azioni che, nel tempo, sono state approntate e realizzate dalle capacità produttive montane per interpretare lo sviluppo; al punto da divenire entità geografiche “complesse”. Paesaggio, cultura, economia, storia si fondono nelle aree che definiamo montane, dando luogo a differenti sistemi unitari che ben si adattano ad una lettura geopolitica oltre che geoeconomica ed umana, accogliendo l’offerta di nuove e sostenibili forme di cooperazione transfrontaliera ed interregionale, come dimostrato dai tanti progetti europei Interreg III B. Perché la montagna non si sottrae alle analisi che ne vogliono individuare il tipo geografico e lo stato che ne caratterizzano le differenze alla scala locale, secondo il principio dell’identificazione delle unità territoriali di riferimento che combinano le caratteristiche di tipo antropico-insediativo con quelle naturali, dando luogo sia ad “unità morfo-territoriali” attraverso cui si misura il valore del suo paesaggio; sia ad “unità insiedativo-spaziali” attraverso cui si misura il suo valore economico-sociale. L'approccio metodologico della geografia allo studio della montagna è divenuto così sempre più complesso, investendo le relazioni intra ed intermontane sostituendo la semplice osservazione-descrizione degli indicatori del mutamento, non rinunciando a sottolineare l'importanza di quelli “percepiti” per leggere le forme e l'equilibrio del paesaggio montano anche in termini di globalità, oltre che di sistema regionale. Che si tratti del risultato di un'azione antropica o di un evento naturale, gli elementi costitutivi il paesaggio montano possono essere letti come “segni” e, pertanto, comportare l'esame dei relativi significanti e significati. Proprio come le immagini di questo catalogo. Non solo per la diversa finalità che una lettura geografica può offrire rispetto ad un approccio di tipo progettuale, ma anche per la presenza di precisi riferimenti temporali che fissano, in modo univoco, la relazione che intercorre tra eventi di natura umana (storia, economia, politica della montagna) e modifiche del paesaggio produttivo montano, fornendo la sintesi di un processo di sviluppo.
2005
Settore M-GGR/02 - GEOGRAFIA ECONOMICO-POLITICA
Italian
Rilevanza nazionale
Postfazione
geografia della montagna; paesaggio; sviluppo sostenibile;
Prezioso, M. (2005). Postfazione – prospettive: considerazioni generali per il proseguimento della ricerca. In Istituto nazionale della montagna (a cura di), Carta della montagna del Lazio: analisi territoriale in ambiente GIS per lo studio dei criteri di definizione della montagna laziale (pp. 35-43). Roma : IMONT; Regione Lazio.
Prezioso, M
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