Se negli ultimi anni non sono mancate delle importanti ricostruzioni della filosofia italiana del secolo scorso (si pensi, per fare un solo esempio, a O. GRASSI e M. MARASSI [a cura di], La filosofia italiana del Novecento. Interpretazioni, bilanci, prospettive, Mimesis, Milano - Udine 2015), è anche vero che in questo volume Leonardo Messinese propone una prospettiva nuova: rileggere il pensiero italiano del Novecento come «banco di prova» per vedere se un contenuto filosofico «ch’era dato come già scontato» non possa assumere «una nuova forma», nella fattispecie la filosofia contemporanea in quanto metafisica, ovvero romanzo metafisico. Se dunque, per un verso, il Novecento italiano appare in linea con la tendenza «problematicista» dominante nella contemporaneità filosofica, per un altro verso, in Italia è dato vedere forse in modo più lineare che in altri paesi «l’implicito orientarsi di un tale problematicismo verso la soluzione del “problema” per eccellenza, il che vuol dire verso una ripresa del sapere verso l’Intero qual è, appunto, costitutivamente il sapere metafisico» (p. 12). Messinese mette a fuoco il dibattito sulla metafisica che ebbe luogo in Italia tra i filosofi d’ispirazione cristiana a cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta prendendo le mosse dai bilanci fatti al convegno di Anacapri del giugno 1981 (F. TESSITORE [a cura di], La cultura filosofica italiana dal 1945 al 1980 in relazione con gli altri campi del sapere, Guida, Napoli 1982), a quello di Torino del gennaio 1988 (P. ROSSI - C.A. VIANO [a cura di], Filosofia italiana e filosofie straniere nel dopoguerra, «Rivista di filosofia», LXXIX [1988], 2-3) e alla monografia di M. FERRARI, Mezzo secolo di filosofia italiana. Dal secondo dopoguerra al nuovo millennio (il Mulino, Bologna 2016), che si ispira alle linee guida gariniane delle Cronache di filosofia 1900/1943. Quindici anni dopo 1945/1960 (Laterza, Roma - Bari 1975). Fu proprio GARIN (Cronache di filosofia, II, p. 355) a indicare nella raccolta di saggi di GUSTAVO BONTADINI, Dall’attualismo al problematicismo (La Scuola, Brescia 1946; II ed. con Introduzione di C. Vigna, Vita e Pensiero, Milano 1996) il «genuino significato dell’“incontro” tra la metafisica classica e l’idealismo nella versione dell’attualismo gentiliano», raccolta che si apre, appunto, con la constatazione che se la filosofia contemporanea è giunta al bivio tra fondare la problematicità o fondare la metafisica, questo conferma che la metafisica è viva e vegeta. Tuttavia, osservava Bontadini, «i prolegomeni a questa metafisica (o antimetafisica) futura sono diversi, oggi, da quelli ch’erano ancora venticinque anni fa: ed in questo cambiamento è da ravvisare il guadagno sostanziale dell’ultima generazione. La metafisica è riapparsa possibile e istante (mentre la religione, in senso tradizionale, è tornata attuale e determinante)» (ibi, p. 390). Bontadini leggeva Croce e Gentile alla luce della questione che maggiormente lo assillava: «il problema della rigorizzazione del sapere metafisico, in particolare quanto alla posizione del “problema teologico” e della sua soluzione» (p. 74). Da parte sua, nel celebre saggio del 1948 su Il problematicismo, Spirito ribadiva la tesi secondo cui il passo decisivo per giungere al fondo del capovolgimento metafisico del pensiero compiuto dal criticismo di Kant sarebbe il risultato di un duplice processo che inizia con l’eliminazione di ogni residuo di trascendenza, grazie all’idealismo attuale di Gentile, e la Aufhebung dello stesso dialettismo metafisico di Gentile nella nuova forma del «dialettismo problematico», nel quale – spiega Messinese – veniva «superata la contraddizione, insita nell’attualismo, di ripristinare un Assoluto all’interno della dialettica» (p. 86). Del resto, Spirito era già entrato in polemica con Bontadini replicando alla comunicazione da lui presentata al VII Congresso Nazionale di Filosofia, tenutosi a Roma nel 1929, che Spirito presentava sì correttamente come rapporto tra l’immanenza dell’idealismo e la trascendenza della neoscolastica, ma giudicandola sbrigativamente come una forma di eclettismo (p. 92). Per Bontadini, la filosofia formalmente contemporanea era stata preceduta da una fase «precontemporanea» nella quale si era prodotta «la ripetizione del ciclo della filosofia moderna», tra positivismo, neokantismo e neohegelismo. In quanto «forma generale della filosofia contemporanea», il problematicismo è dunque «un vero e proprio organismo teoretico-storico, per il quale e nel quale le varie posizioni e direzioni si richiamavano e implicavano, in una caratteristica dialettica». In questo contesto, Bontadini si soffermava anche sulle correnti canoniche che meglio caratterizzano la filosofia contemporanea: il marxismo (nella forma del neomarxismo), considerato unitamente alle altre filosofie della prassi che si erano costituite in parallelo, e poi l’esistenzialismo e il neopositivismo (pp. 125-126). Con la propria peculiare prospettiva di pensiero neoclassico, osserva Messinese, Bontadini si candidava a occupare un posto specifico nell’agorà filosofica del Novecento. La discussione di Bontadini contro l’antimetafisicismo contemporaneo cominciò negli interventi tenuti ai Convegni di studi filosofici cristiani a Gallarate nell’immediato dopoguerra, con una vena polemica che investì Antonio Banfi e Mario Dal Pra (pp. 196-198). Del resto, Messinese mette bene in luce la relazione tra gli esiti «problematicisti» dell’attualismo in Banfi e il costituirsi del proprio razionalismo critico, nel quale il trascendentale indica che l’unificazione e un’unità del sapere si può indicare solo in una mera formalità e costituisce una risposta alla crisi definitiva della sintesi positivista del sapere senza risuscitare «fantasmi metafisici» (p. 30). Prima di chiudere questa recensione, può esser utile richiamare la proiezione internazionale di Bontadini, che già nel 1927, fresco di laurea, pubblicava in traduzione inglese la rassegna Philosophy in Italy during 1926 («New Scholasticism», IV [1927], 1, pp. 343-353). Nel 1953 a Bruxelles, Bontadini partecipava assieme a diversi altri filosofi cattolici italiani allo XIth International Congress of Philosophy, durante il quale Luigi Stefanini e Carlo Giacon ottennero l’assegnazione a Venezia, per il 1958, del XII Congresso Internazionale di Filosofia. Bontadini presentò una comunicazione tanto stringata quanto efficace su Esperienza e metafisica (Proceedings of the XIth International Congress of Philosophy, North-Holland - E. Nauwelaerts, Amsterdam 1953, IV, pp. 41-44). La comunicazione di Bruxelles era una sostanziale revisione dell’articolo dallo stesso titolo che Bontadini aveva preparato per la Festschrift in onore del settantesimo compleanno di Agostino Gemelli («Rivista di Filosofia Neo-Scolastica», XLI [1949], 1, pp. 64-76). Bontadini continuava così a sviluppare la posizione aperta nel Saggio di una metafisica dell’esperienza del 1938 (con Introduzione di V. Melchiorre, Vita e Pensiero, Milano 1995) riprendendo l’elaborazione del concetto di esperienza dal denso scritto del 1946 su La funzione metodologica dell’Unità dell’Esperienza (in Conversazioni di metafisica [1971], 2 voll., con Introduzione di A. Bausola, Vita e Pensiero, Milano 1995, I, pp. 33-63). Si trattava di chiudere il cerchio con l’idealismo, il problematicismo e la metafisica classica, cosa che avvenne nel corso di filosofia teoretica tenuto da Bontadini all’Università Cattolica nel 1953, su L’attualità della metafisica classica, nell’autopresentazione Per una filosofia neoclassica (ibi, I, pp. 260-290) e nell’articolo Metafisica dell’esperienza o esperienza metafisica («Teoresi», XVIII [1963], 3-4, pp. 291-297). La funzione metodologica dell’esperienza, spiega Messinese, risiede nel fatto che l’esperienza si costituisce sì in un primo significato di ordine fenomenologico, ma implicando al contempo la domanda – ovvero il problema – se questo significato vada identificato o meno con la Totalità del reale (pp. 227-228). Dal punto di vista metafisico, dunque, la problematicità autentica è quella che nasce dall’incontro dell’esperienza con l’idea dell’assoluto. In questo modo, conclude Messinese, «le due dimensioni del pensare […], l’intellettualismo e la criticità, sono assunte in modo sinergico e il metodo della metafisica viene a identificarsi con il movimento del pensiero che è posto dinanzi alla grande alternativa che incombe sul sapere umano in generale e sulla metafisica in particolare: ovvero se i risultati delle costruzioni teoretiche risultino convalidati o vengano infirmati» (pp. 228-229). Nel primo caso si ha il realismo, inteso come possesso della metafisica, cioè del sapere dell’essere nella sua struttura essenziale; nel secondo si ha invece l’idealismo, inteso come semplice assenza di metafisica. Il realismo corrisponde alla «mediazione dell’esperienza», l’idealismo alla «esperienza di una mediazione». Ma solo il realismo risolve la problematicità della situazione dell’uomo di fronte all’essere; l’idealismo lo lascia nella situazione di problematicità, «non essendo in grado di offrire una soluzione categorica» (p. 229). Resta da dire che il volume di Messinese affronta inoltre con grande ricchezza di analisi il rapporto che legò Bontadini al problematicismo e alla metafisica del suo allievo Emanuele Severino (p. 203) a proposito della costituzione della metafisica neoclassica (p. 225), della retractatio della metafisica (p. 315), le diverse dispute tra i due (p. 339) e l’ultimo scritto nel quale SEVERINO discusse con Bontadini a proposito della fine della storia (Appunti per Gustavo Bontadini, «Rivista di Filosofia Neo-Scolastica», LXXVI [1984], 4, pp. 616-622).
Pozzo, R. (2025). Review of Leonardo Messinese, Dopo Kant, oltre il problematicismo: Il Novecento come un ‘romanzo metafisico’ (Roma: Inschibboleth, 2024). RIVISTA DI FILOSOFIA NEOSCOLASTICA, 117(1), 277-279.
Review of Leonardo Messinese, Dopo Kant, oltre il problematicismo: Il Novecento come un ‘romanzo metafisico’ (Roma: Inschibboleth, 2024)
Pozzo, Riccardo
2025-09-01
Abstract
Se negli ultimi anni non sono mancate delle importanti ricostruzioni della filosofia italiana del secolo scorso (si pensi, per fare un solo esempio, a O. GRASSI e M. MARASSI [a cura di], La filosofia italiana del Novecento. Interpretazioni, bilanci, prospettive, Mimesis, Milano - Udine 2015), è anche vero che in questo volume Leonardo Messinese propone una prospettiva nuova: rileggere il pensiero italiano del Novecento come «banco di prova» per vedere se un contenuto filosofico «ch’era dato come già scontato» non possa assumere «una nuova forma», nella fattispecie la filosofia contemporanea in quanto metafisica, ovvero romanzo metafisico. Se dunque, per un verso, il Novecento italiano appare in linea con la tendenza «problematicista» dominante nella contemporaneità filosofica, per un altro verso, in Italia è dato vedere forse in modo più lineare che in altri paesi «l’implicito orientarsi di un tale problematicismo verso la soluzione del “problema” per eccellenza, il che vuol dire verso una ripresa del sapere verso l’Intero qual è, appunto, costitutivamente il sapere metafisico» (p. 12). Messinese mette a fuoco il dibattito sulla metafisica che ebbe luogo in Italia tra i filosofi d’ispirazione cristiana a cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta prendendo le mosse dai bilanci fatti al convegno di Anacapri del giugno 1981 (F. TESSITORE [a cura di], La cultura filosofica italiana dal 1945 al 1980 in relazione con gli altri campi del sapere, Guida, Napoli 1982), a quello di Torino del gennaio 1988 (P. ROSSI - C.A. VIANO [a cura di], Filosofia italiana e filosofie straniere nel dopoguerra, «Rivista di filosofia», LXXIX [1988], 2-3) e alla monografia di M. FERRARI, Mezzo secolo di filosofia italiana. Dal secondo dopoguerra al nuovo millennio (il Mulino, Bologna 2016), che si ispira alle linee guida gariniane delle Cronache di filosofia 1900/1943. Quindici anni dopo 1945/1960 (Laterza, Roma - Bari 1975). Fu proprio GARIN (Cronache di filosofia, II, p. 355) a indicare nella raccolta di saggi di GUSTAVO BONTADINI, Dall’attualismo al problematicismo (La Scuola, Brescia 1946; II ed. con Introduzione di C. Vigna, Vita e Pensiero, Milano 1996) il «genuino significato dell’“incontro” tra la metafisica classica e l’idealismo nella versione dell’attualismo gentiliano», raccolta che si apre, appunto, con la constatazione che se la filosofia contemporanea è giunta al bivio tra fondare la problematicità o fondare la metafisica, questo conferma che la metafisica è viva e vegeta. Tuttavia, osservava Bontadini, «i prolegomeni a questa metafisica (o antimetafisica) futura sono diversi, oggi, da quelli ch’erano ancora venticinque anni fa: ed in questo cambiamento è da ravvisare il guadagno sostanziale dell’ultima generazione. La metafisica è riapparsa possibile e istante (mentre la religione, in senso tradizionale, è tornata attuale e determinante)» (ibi, p. 390). Bontadini leggeva Croce e Gentile alla luce della questione che maggiormente lo assillava: «il problema della rigorizzazione del sapere metafisico, in particolare quanto alla posizione del “problema teologico” e della sua soluzione» (p. 74). Da parte sua, nel celebre saggio del 1948 su Il problematicismo, Spirito ribadiva la tesi secondo cui il passo decisivo per giungere al fondo del capovolgimento metafisico del pensiero compiuto dal criticismo di Kant sarebbe il risultato di un duplice processo che inizia con l’eliminazione di ogni residuo di trascendenza, grazie all’idealismo attuale di Gentile, e la Aufhebung dello stesso dialettismo metafisico di Gentile nella nuova forma del «dialettismo problematico», nel quale – spiega Messinese – veniva «superata la contraddizione, insita nell’attualismo, di ripristinare un Assoluto all’interno della dialettica» (p. 86). Del resto, Spirito era già entrato in polemica con Bontadini replicando alla comunicazione da lui presentata al VII Congresso Nazionale di Filosofia, tenutosi a Roma nel 1929, che Spirito presentava sì correttamente come rapporto tra l’immanenza dell’idealismo e la trascendenza della neoscolastica, ma giudicandola sbrigativamente come una forma di eclettismo (p. 92). Per Bontadini, la filosofia formalmente contemporanea era stata preceduta da una fase «precontemporanea» nella quale si era prodotta «la ripetizione del ciclo della filosofia moderna», tra positivismo, neokantismo e neohegelismo. In quanto «forma generale della filosofia contemporanea», il problematicismo è dunque «un vero e proprio organismo teoretico-storico, per il quale e nel quale le varie posizioni e direzioni si richiamavano e implicavano, in una caratteristica dialettica». In questo contesto, Bontadini si soffermava anche sulle correnti canoniche che meglio caratterizzano la filosofia contemporanea: il marxismo (nella forma del neomarxismo), considerato unitamente alle altre filosofie della prassi che si erano costituite in parallelo, e poi l’esistenzialismo e il neopositivismo (pp. 125-126). Con la propria peculiare prospettiva di pensiero neoclassico, osserva Messinese, Bontadini si candidava a occupare un posto specifico nell’agorà filosofica del Novecento. La discussione di Bontadini contro l’antimetafisicismo contemporaneo cominciò negli interventi tenuti ai Convegni di studi filosofici cristiani a Gallarate nell’immediato dopoguerra, con una vena polemica che investì Antonio Banfi e Mario Dal Pra (pp. 196-198). Del resto, Messinese mette bene in luce la relazione tra gli esiti «problematicisti» dell’attualismo in Banfi e il costituirsi del proprio razionalismo critico, nel quale il trascendentale indica che l’unificazione e un’unità del sapere si può indicare solo in una mera formalità e costituisce una risposta alla crisi definitiva della sintesi positivista del sapere senza risuscitare «fantasmi metafisici» (p. 30). Prima di chiudere questa recensione, può esser utile richiamare la proiezione internazionale di Bontadini, che già nel 1927, fresco di laurea, pubblicava in traduzione inglese la rassegna Philosophy in Italy during 1926 («New Scholasticism», IV [1927], 1, pp. 343-353). Nel 1953 a Bruxelles, Bontadini partecipava assieme a diversi altri filosofi cattolici italiani allo XIth International Congress of Philosophy, durante il quale Luigi Stefanini e Carlo Giacon ottennero l’assegnazione a Venezia, per il 1958, del XII Congresso Internazionale di Filosofia. Bontadini presentò una comunicazione tanto stringata quanto efficace su Esperienza e metafisica (Proceedings of the XIth International Congress of Philosophy, North-Holland - E. Nauwelaerts, Amsterdam 1953, IV, pp. 41-44). La comunicazione di Bruxelles era una sostanziale revisione dell’articolo dallo stesso titolo che Bontadini aveva preparato per la Festschrift in onore del settantesimo compleanno di Agostino Gemelli («Rivista di Filosofia Neo-Scolastica», XLI [1949], 1, pp. 64-76). Bontadini continuava così a sviluppare la posizione aperta nel Saggio di una metafisica dell’esperienza del 1938 (con Introduzione di V. Melchiorre, Vita e Pensiero, Milano 1995) riprendendo l’elaborazione del concetto di esperienza dal denso scritto del 1946 su La funzione metodologica dell’Unità dell’Esperienza (in Conversazioni di metafisica [1971], 2 voll., con Introduzione di A. Bausola, Vita e Pensiero, Milano 1995, I, pp. 33-63). Si trattava di chiudere il cerchio con l’idealismo, il problematicismo e la metafisica classica, cosa che avvenne nel corso di filosofia teoretica tenuto da Bontadini all’Università Cattolica nel 1953, su L’attualità della metafisica classica, nell’autopresentazione Per una filosofia neoclassica (ibi, I, pp. 260-290) e nell’articolo Metafisica dell’esperienza o esperienza metafisica («Teoresi», XVIII [1963], 3-4, pp. 291-297). La funzione metodologica dell’esperienza, spiega Messinese, risiede nel fatto che l’esperienza si costituisce sì in un primo significato di ordine fenomenologico, ma implicando al contempo la domanda – ovvero il problema – se questo significato vada identificato o meno con la Totalità del reale (pp. 227-228). Dal punto di vista metafisico, dunque, la problematicità autentica è quella che nasce dall’incontro dell’esperienza con l’idea dell’assoluto. In questo modo, conclude Messinese, «le due dimensioni del pensare […], l’intellettualismo e la criticità, sono assunte in modo sinergico e il metodo della metafisica viene a identificarsi con il movimento del pensiero che è posto dinanzi alla grande alternativa che incombe sul sapere umano in generale e sulla metafisica in particolare: ovvero se i risultati delle costruzioni teoretiche risultino convalidati o vengano infirmati» (pp. 228-229). Nel primo caso si ha il realismo, inteso come possesso della metafisica, cioè del sapere dell’essere nella sua struttura essenziale; nel secondo si ha invece l’idealismo, inteso come semplice assenza di metafisica. Il realismo corrisponde alla «mediazione dell’esperienza», l’idealismo alla «esperienza di una mediazione». Ma solo il realismo risolve la problematicità della situazione dell’uomo di fronte all’essere; l’idealismo lo lascia nella situazione di problematicità, «non essendo in grado di offrire una soluzione categorica» (p. 229). Resta da dire che il volume di Messinese affronta inoltre con grande ricchezza di analisi il rapporto che legò Bontadini al problematicismo e alla metafisica del suo allievo Emanuele Severino (p. 203) a proposito della costituzione della metafisica neoclassica (p. 225), della retractatio della metafisica (p. 315), le diverse dispute tra i due (p. 339) e l’ultimo scritto nel quale SEVERINO discusse con Bontadini a proposito della fine della storia (Appunti per Gustavo Bontadini, «Rivista di Filosofia Neo-Scolastica», LXXVI [1984], 4, pp. 616-622).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


