A distanza di più di trent'anni dal catastrofico terremoto che distrusse Gibellina, antico paese di seimila abitanti della Valle del Belice, si vuole riflettere sul senso dell'intera operazione "arte a Gibellina", condotta da un sindaco "sognatore" ed "utopista", Ludovico Corrao e condivisa dalla popolazione, per connotare di una forte identità la rifondazione di un nuovo centro. L'arte contemporanea si è innestata sui linguaggi tradizionali della vecchia Sicilia. Le culture popolari sono state vivificate dallo sforzo immaginifico dei progetti urbani, ambientali, museali e di spettacolo che hanno fatto di Gibellina una "città del mondo". Sono stati, infatti, chiamati a raccolta, agli inizi degli anni Ottanta, famosi artisti (Consagra, Melotti, Pomodoro, Accardi...) e architetti di prestigio (Quaroni,Samonà, Purini, Venezia...) che in una gara di solidarietà hanno creato sculture e opere d'arte disseminandole nel tessuto urbano e innalzato da edifici pubblici per dare al nuovo centro un volto riconoscibile per qualità estetica. Il nuovo centro sorge a valle a 20 Km. di distanza dai ruderi del borgo feudale crollato, tuttora imprigionati da colate di cemento imbiancato di un metro e mezzo di altezza per 12 ettari. Straordinaria la invenzione di Alberto Burri: Il Grande Cretto, per fermare la memoria, allucinante e poetica, di una ferita perpretata alla terra. Gibellina è diventata, così, nel corso degli anni '80-'90 un laboratorio permenente di modelli da elaborare (urabnistici, architettonici e artistici) con uno slancio utopico che supera la meta iniziale di ricostruzione di un abitato a misura delle esigenze della vita quotidiana. Le Orestiadi, festival estivo di teatro e musica, le attività espositive del Museo d'Arte Contemporanea, tante attività culturali, hanno reso Gibellina un luogo simbolico. Lo scollamento tra le città per gli abitanti e la città per gli intellettuali, tra una edilizia mediocre e picchi di episodi artistici di qualità, pone l'interrogativo: l'arte ha realmente svolto il compito affidatole di elemento trainante di un processo di ricostruzione di un'anima di una comunità? Oppure è fallito il tentativo di offrire possibili vie alternative per appropriarsi di una specificità più ricca e consapevole?

Buono, R. (2004). L'utopia della città dell'arte: Gibellina. In M. Pasculli Ferrara (a cura di), Per la storia dell'arte in Italia e in Europa. Studi in onore di Luisa Mortari. (pp. 520-525). Roma : De Luca editori d'arte.

L'utopia della città dell'arte: Gibellina

BUONO, ROSSANA
2004-01-01

Abstract

A distanza di più di trent'anni dal catastrofico terremoto che distrusse Gibellina, antico paese di seimila abitanti della Valle del Belice, si vuole riflettere sul senso dell'intera operazione "arte a Gibellina", condotta da un sindaco "sognatore" ed "utopista", Ludovico Corrao e condivisa dalla popolazione, per connotare di una forte identità la rifondazione di un nuovo centro. L'arte contemporanea si è innestata sui linguaggi tradizionali della vecchia Sicilia. Le culture popolari sono state vivificate dallo sforzo immaginifico dei progetti urbani, ambientali, museali e di spettacolo che hanno fatto di Gibellina una "città del mondo". Sono stati, infatti, chiamati a raccolta, agli inizi degli anni Ottanta, famosi artisti (Consagra, Melotti, Pomodoro, Accardi...) e architetti di prestigio (Quaroni,Samonà, Purini, Venezia...) che in una gara di solidarietà hanno creato sculture e opere d'arte disseminandole nel tessuto urbano e innalzato da edifici pubblici per dare al nuovo centro un volto riconoscibile per qualità estetica. Il nuovo centro sorge a valle a 20 Km. di distanza dai ruderi del borgo feudale crollato, tuttora imprigionati da colate di cemento imbiancato di un metro e mezzo di altezza per 12 ettari. Straordinaria la invenzione di Alberto Burri: Il Grande Cretto, per fermare la memoria, allucinante e poetica, di una ferita perpretata alla terra. Gibellina è diventata, così, nel corso degli anni '80-'90 un laboratorio permenente di modelli da elaborare (urabnistici, architettonici e artistici) con uno slancio utopico che supera la meta iniziale di ricostruzione di un abitato a misura delle esigenze della vita quotidiana. Le Orestiadi, festival estivo di teatro e musica, le attività espositive del Museo d'Arte Contemporanea, tante attività culturali, hanno reso Gibellina un luogo simbolico. Lo scollamento tra le città per gli abitanti e la città per gli intellettuali, tra una edilizia mediocre e picchi di episodi artistici di qualità, pone l'interrogativo: l'arte ha realmente svolto il compito affidatole di elemento trainante di un processo di ricostruzione di un'anima di una comunità? Oppure è fallito il tentativo di offrire possibili vie alternative per appropriarsi di una specificità più ricca e consapevole?
2004
Settore L-ART/03 - STORIA DELL'ARTE CONTEMPORANEA
Italian
Rilevanza nazionale
Capitolo o saggio
Buono, R. (2004). L'utopia della città dell'arte: Gibellina. In M. Pasculli Ferrara (a cura di), Per la storia dell'arte in Italia e in Europa. Studi in onore di Luisa Mortari. (pp. 520-525). Roma : De Luca editori d'arte.
Buono, R
Contributo in libro
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