Il saggio propone un esame critico della sentenza della Corte costituzionale n. 128/24 che ha reintrodotto la tutela della reintegrazione in caso di licenziamento per motivo oggettivo ingiustificato per insussistenza del fatto per i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015. Gli argomenti utilizzati dalla Corte sono ritenuti opinabili nella misura in cui non assegnano la dovuta rilevanza alle differenze che intercorrono tra la fattispecie del licenziamento disciplinare e quello per motivi oggettivi, riunificando in tal modo dal punto di vista della sanzione quello che il legislatore aveva voluto invece graduare, in base al principio, pur accolto dalla stessa Corte nella precedente sentenza n. 7/2024, della necessaria proporzionalità del sistema rimediale del licenziamento. Viene esaminata criticamente anche la tesi della Consulta sulle asserite “falle” nel sistema, che potrebbe provocare la qualificazione da parte del datore di lavoro del licenziamento per motivi oggettivi nel caso in cui invece il vero motivo è di ordine disciplinare. Vengono anche illustrate le ragioni per le quali la Corte ha ritenuto invece applicabile la tutela indennitaria nel caso di sussistenza della soppressione del posto, ma di violazione del repêchage.
Pisani, C. (2024). La reintegrazione costituzionalmente obbligata in tutti i casi di insussistenza della soppressione del posto: l'inopinabile omologazione di C. cost. n. 128/2024. DIRITTO DEL MERCATO DEL LAVORO, 26(2), 581-603.
La reintegrazione costituzionalmente obbligata in tutti i casi di insussistenza della soppressione del posto: l'inopinabile omologazione di C. cost. n. 128/2024
Pisani, C
2024-11-01
Abstract
Il saggio propone un esame critico della sentenza della Corte costituzionale n. 128/24 che ha reintrodotto la tutela della reintegrazione in caso di licenziamento per motivo oggettivo ingiustificato per insussistenza del fatto per i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015. Gli argomenti utilizzati dalla Corte sono ritenuti opinabili nella misura in cui non assegnano la dovuta rilevanza alle differenze che intercorrono tra la fattispecie del licenziamento disciplinare e quello per motivi oggettivi, riunificando in tal modo dal punto di vista della sanzione quello che il legislatore aveva voluto invece graduare, in base al principio, pur accolto dalla stessa Corte nella precedente sentenza n. 7/2024, della necessaria proporzionalità del sistema rimediale del licenziamento. Viene esaminata criticamente anche la tesi della Consulta sulle asserite “falle” nel sistema, che potrebbe provocare la qualificazione da parte del datore di lavoro del licenziamento per motivi oggettivi nel caso in cui invece il vero motivo è di ordine disciplinare. Vengono anche illustrate le ragioni per le quali la Corte ha ritenuto invece applicabile la tutela indennitaria nel caso di sussistenza della soppressione del posto, ma di violazione del repêchage.File | Dimensione | Formato | |
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