«Essere stati è una condizione per essere. Che cosa è il Mediterraneo? Mille cose insieme. Non un paesaggio ma innumerevoli paesaggi. [...] Un Mediterraneo più vasto, dunque, circonda e avvolge il Mediterraneo in senso stretto, servendogli da cassa di risonanza» (F. Braudel, Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia gli uomini, le tradizioni, Bompiani, Milano 1987, p. 7.) Quali aspetti dell’essere stato della storia del Mediterraneo possono divenire condizioni per il progetto dell’abitare contemporaneo? A partire dall’ origine della città nel bacino del Mediterraneo due parallele concezioni hanno fornito al mondo matrici di forma – etimi strutturanti delle relazioni spaziali - nel rapporto con il continuum della natura, per realizzare le architetture del proprio tempo. Una: il modo greco della classicità, in cui un’arte della disposizione nella costruzione dei grandi luoghi collettivi, per mezzo di una regia di relazioni tra figure primarie protagoniste, mette in risonanza lo spazio sacro della natura; una sacralità che diviene laica nelle ricerche del Movimento Moderno che, nell’affrontare il tema della città aperta, estesa al territorio, trasforma l’idea dell’isolato urbano nella concezione di “isola urbana nella natura”. La seconda, in cui si realizza incessantemente una quotidiana traduzione della natura in architettura attraverso un brulichio di trame insediative che ne assecondano e interpretano la forma, con linguaggi fondati su un continuo dialogo tra pieni e vuoti. Una modalità di costruzione dello spazio che, anche a partire dalla lettura che ne danno Walter Benjamin e Asja Lācis nel saggio su Napoli , si trasmette ad una moltitudine di ricerche attuali sul progetto di città, con la parola chiave, plurisenso, di porosità. Una porosità che già nella accezione benjaminiana non si deve riconoscere solo nella natura minerale di queste forme urbane, espressa nelle sequenze di articolazioni intrecciate tra costruito e cavità, aperture, transiti e passaggi, ma nel ruolo che queste organizzazioni spaziali svolgono nell’offrire una mutevole “scena” ai corpi e, reciprocamente, nell’accogliere la loro impronta, la loro febbrile presenza, nelle molteplici occasioni dell’attraversamento e dello stare che modellano un materiale permeabile di varie grane e densità. È un’offerta di qualità sociale e salutare dello spazio di cui la pandemia ha, in questo tempo, reso palese la necessità e la mancanza. Ed è ad una rinnovata “vita mediterranea” che può portarci la via antica della morfologia dei suoi spazi. Da qui il tema e il titolo del nostro contributo alla ricerca MedWays – le Vie del Mediterraneo Il respiro della città. Una campionatura di casi recenti o contemporanei, che possano mostrare la presenza – con diversi gradi di consapevolezza – dell’adozione di questa modalità di costruzione dell’abitare in vari luoghi del mondo. Si tratta di proporre un ruolo più incisivo del rapporto tra morfologia e politiche urbane, mostrando come l’utilizzazione di questi dispositivi spaziali, possa corrispondere, in realtà anche molto diverse, all’accettazione, tradotta nelle forme e negli strumenti dell’architettura, di un’idea aperta e colloquiale di accoglienza, interazione e integrazione, di vita condivisa. Nei tanti mediterranei del mondo, sempre più, materialmente e immaterialmente, connessi.
Barbieri, G., Fiorelli, A., Lanzetta, A. (2022). The breath of the city: mediterranean spatial matrices for living the future. In MedWays: Open Altlas (pp. 35-45). Siracusa : LetteraVentidue.
The breath of the city: mediterranean spatial matrices for living the future
Angela Fiorelli
;
2022-01-01
Abstract
«Essere stati è una condizione per essere. Che cosa è il Mediterraneo? Mille cose insieme. Non un paesaggio ma innumerevoli paesaggi. [...] Un Mediterraneo più vasto, dunque, circonda e avvolge il Mediterraneo in senso stretto, servendogli da cassa di risonanza» (F. Braudel, Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia gli uomini, le tradizioni, Bompiani, Milano 1987, p. 7.) Quali aspetti dell’essere stato della storia del Mediterraneo possono divenire condizioni per il progetto dell’abitare contemporaneo? A partire dall’ origine della città nel bacino del Mediterraneo due parallele concezioni hanno fornito al mondo matrici di forma – etimi strutturanti delle relazioni spaziali - nel rapporto con il continuum della natura, per realizzare le architetture del proprio tempo. Una: il modo greco della classicità, in cui un’arte della disposizione nella costruzione dei grandi luoghi collettivi, per mezzo di una regia di relazioni tra figure primarie protagoniste, mette in risonanza lo spazio sacro della natura; una sacralità che diviene laica nelle ricerche del Movimento Moderno che, nell’affrontare il tema della città aperta, estesa al territorio, trasforma l’idea dell’isolato urbano nella concezione di “isola urbana nella natura”. La seconda, in cui si realizza incessantemente una quotidiana traduzione della natura in architettura attraverso un brulichio di trame insediative che ne assecondano e interpretano la forma, con linguaggi fondati su un continuo dialogo tra pieni e vuoti. Una modalità di costruzione dello spazio che, anche a partire dalla lettura che ne danno Walter Benjamin e Asja Lācis nel saggio su Napoli , si trasmette ad una moltitudine di ricerche attuali sul progetto di città, con la parola chiave, plurisenso, di porosità. Una porosità che già nella accezione benjaminiana non si deve riconoscere solo nella natura minerale di queste forme urbane, espressa nelle sequenze di articolazioni intrecciate tra costruito e cavità, aperture, transiti e passaggi, ma nel ruolo che queste organizzazioni spaziali svolgono nell’offrire una mutevole “scena” ai corpi e, reciprocamente, nell’accogliere la loro impronta, la loro febbrile presenza, nelle molteplici occasioni dell’attraversamento e dello stare che modellano un materiale permeabile di varie grane e densità. È un’offerta di qualità sociale e salutare dello spazio di cui la pandemia ha, in questo tempo, reso palese la necessità e la mancanza. Ed è ad una rinnovata “vita mediterranea” che può portarci la via antica della morfologia dei suoi spazi. Da qui il tema e il titolo del nostro contributo alla ricerca MedWays – le Vie del Mediterraneo Il respiro della città. Una campionatura di casi recenti o contemporanei, che possano mostrare la presenza – con diversi gradi di consapevolezza – dell’adozione di questa modalità di costruzione dell’abitare in vari luoghi del mondo. Si tratta di proporre un ruolo più incisivo del rapporto tra morfologia e politiche urbane, mostrando come l’utilizzazione di questi dispositivi spaziali, possa corrispondere, in realtà anche molto diverse, all’accettazione, tradotta nelle forme e negli strumenti dell’architettura, di un’idea aperta e colloquiale di accoglienza, interazione e integrazione, di vita condivisa. Nei tanti mediterranei del mondo, sempre più, materialmente e immaterialmente, connessi.File | Dimensione | Formato | |
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