Rimasti tra le pieghe dell’ampio e articolato disegno di riforma, gli interventi in tema di esecuzione della confisca e di amministrazione dei beni si presentano, seppur per motivi diversi, di non secondario rilievo. Volta a risolvere una problematica di ordine pratico-operativo, la modifica concernente la vendita dei beni confiscati, benché non compiutamente modellata, non pone particolari inconvenienti di sistema. Al contrario, regolando le forme attuative della confisca per equivalente di beni «non sottoposti a sequestro» (o, comunque, «non specificamente individuati») attraverso un semplice rimando alle «modalità» prescritte per le pene pecuniarie, il legislatore ha coniato un meccanismo che solleva delicate questioni ermeneutiche e di compatibilità costituzionale. Fortunatamente, è stato previsto il paracadute: la facoltà del magistrato del pubblico ministero di procedere autonomamente, reperendo post iudicatum i cespiti da aggredire. Di segno opposto sono le emende riguardanti l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati, aventi le sembianze di meri ritocchi, ampiamente conservativi di un assetto, in gran parte, deficitario. Insoluti restano, perciò, i pregressi interrogativi. Filo comune che avvince i detti interventi è l’impiego (o l’avallo) di una tecnica legislativa involuta, che mira a disciplinare la materia non direttamente, bensì tramite il rinvio ad apparati normativi differenti; rinvio, tuttavia, spesso suscettibile di generare nodi esegetici maggiori di quelli che s’intendono risolvere.
Troisi, P. (2024). L'esecuzione della confisca e l'amministrazione dei beni. In R.M. Geraci (a cura di), La giustizia penale dopo la c.d. Riforma Cartabia (pp. 663-678). Torino : Giappichelli.
L'esecuzione della confisca e l'amministrazione dei beni
Troisi, P
2024-01-01
Abstract
Rimasti tra le pieghe dell’ampio e articolato disegno di riforma, gli interventi in tema di esecuzione della confisca e di amministrazione dei beni si presentano, seppur per motivi diversi, di non secondario rilievo. Volta a risolvere una problematica di ordine pratico-operativo, la modifica concernente la vendita dei beni confiscati, benché non compiutamente modellata, non pone particolari inconvenienti di sistema. Al contrario, regolando le forme attuative della confisca per equivalente di beni «non sottoposti a sequestro» (o, comunque, «non specificamente individuati») attraverso un semplice rimando alle «modalità» prescritte per le pene pecuniarie, il legislatore ha coniato un meccanismo che solleva delicate questioni ermeneutiche e di compatibilità costituzionale. Fortunatamente, è stato previsto il paracadute: la facoltà del magistrato del pubblico ministero di procedere autonomamente, reperendo post iudicatum i cespiti da aggredire. Di segno opposto sono le emende riguardanti l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati, aventi le sembianze di meri ritocchi, ampiamente conservativi di un assetto, in gran parte, deficitario. Insoluti restano, perciò, i pregressi interrogativi. Filo comune che avvince i detti interventi è l’impiego (o l’avallo) di una tecnica legislativa involuta, che mira a disciplinare la materia non direttamente, bensì tramite il rinvio ad apparati normativi differenti; rinvio, tuttavia, spesso suscettibile di generare nodi esegetici maggiori di quelli che s’intendono risolvere.File | Dimensione | Formato | |
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