La dir. 2009/16/Ce è applicabile a navi che, pur essendo classificate e certificate come navi da carico da parte dello Stato di bandiera, sono in pratica utilizzate sistematicamente da un’organizzazione umanitaria per un’attività non commerciale di ricerca e soccorso di persone in pericolo o in difficoltà in mare, nel caso in cui tali navi si trovino, in particolare, in un porto o in un ancoraggio di uno Stato membro per effettuarvi un’attività di interfaccia nave/porto. La dir. 2009/16/Ce osta altresì a che una normativa nazionale che ne assicura la trasposizione nel diritto interno limiti la sua applicabilità alle sole navi utilizzate a fini commerciali. Malgrado l’Unione europea non sia Parte della convenz. SOLAS e dunque non ne sia, di conseguenza, vincolata, si può tener conto di essa ai fini dell’interpretazione di disposizioni di diritto derivato che rientrano nel suo ambito di applicazione, come quelle della dir. 2009/16/Ce, in quanto tutti gli Stati membri sono Parti di detta convenzione. La dir. 2009/16/Ce deve essere interpretata tenendo conto della UNCLOS. Essendo stata conclusa dall’Unione, questa convenzione vincola l’Unione e le sue disposizioni formano parte integrante del relativo ordinamento giuridico. Essa prevale, all’interno di detto ordinamento, sugli atti di diritto derivato, i quali devono essere interpretati, per quanto possibile, conformemente alle disposizioni della convenzione medesima. Lo Stato di approdo può sottoporre a un’ispezione supplementare le navi che esercitano un’attività sistematica di ricerca e soccorso e che si trovano in uno dei suoi porti o in acque soggette alla sua giurisdizione, qualora abbia accertato, sulla base di elementi giuridici e materiali circostanziati, l’esistenza di indizi seri tali da dimostrare un pericolo per la salute, la sicurezza, le condizioni di lavoro a bordo o l’ambiente alla luce delle disposizioni giuridiche pertinenti, tenuto conto delle condizioni concrete di gestione di tali navi. In occasione di ispezioni dettagliate, lo Stato di approdo può tenere conto del fatto che navi classificate e certificate come navi da carico da parte dello Stato di bandiera sono, in pratica, utilizzate per un’attività sistematica di ricerca e soccorso di persone in pericolo o in difficoltà in mare, nell’ambito di un controllo diretto a valutare, sulla base di elementi giuridici e materiali circostanziati, l’esistenza di un pericolo per le persone, le cose o l’ambiente, alla luce delle disposizioni pertinenti di diritto internazionale e dell’Unione, tenuto conto delle condizioni di gestione di tali navi. Per contro, lo Stato di approdo non può imporre che venga provato che dette navi dispongono di certificati diversi da quelli rilasciati dallo Stato di bandiera o che esse rispettano tutte le prescrizioni applicabili a una diversa classificazione. Lo Stato di approdo può sottoporre a fermo una nave solo qualora le carenze confermate o rivelate da un’ispezione dettagliata, da un lato, rappresentino un evidente pericolo per la sicurezza, la salute o l’ambiente e, dall’altro, comportino, singolarmente o insieme, l’impossibilità per la nave interessata di navigare in condizioni idonee a garantire la sicurezza in mare. Inoltre, tale Stato, collaborando con lo Stato di bandiera nel rispetto del principio di leale cooperazione, può imporre azioni correttive determinate in materia di sicurezza, prevenzione dell’inquinamento, nonché condizioni di vita e di lavoro a bordo, qualora esse siano necessarie a correggere le carenze accertate e siano altresì adeguate, necessarie e proporzionate a tal fine.
Simone, P. (2023). "Il 'dovere del Buon Samaritano' non è esente da obblighi". Sull'ispezione e il fermo di navi private destinate alla ricerca e al soccorso di persone in mare a commento del caso Sea Watch eV. RIVISTA DEL DIRITTO DELLA NAVIGAZIONE, 52(1), 343-380.
"Il 'dovere del Buon Samaritano' non è esente da obblighi". Sull'ispezione e il fermo di navi private destinate alla ricerca e al soccorso di persone in mare a commento del caso Sea Watch eV
Simone, P
2023-01-01
Abstract
La dir. 2009/16/Ce è applicabile a navi che, pur essendo classificate e certificate come navi da carico da parte dello Stato di bandiera, sono in pratica utilizzate sistematicamente da un’organizzazione umanitaria per un’attività non commerciale di ricerca e soccorso di persone in pericolo o in difficoltà in mare, nel caso in cui tali navi si trovino, in particolare, in un porto o in un ancoraggio di uno Stato membro per effettuarvi un’attività di interfaccia nave/porto. La dir. 2009/16/Ce osta altresì a che una normativa nazionale che ne assicura la trasposizione nel diritto interno limiti la sua applicabilità alle sole navi utilizzate a fini commerciali. Malgrado l’Unione europea non sia Parte della convenz. SOLAS e dunque non ne sia, di conseguenza, vincolata, si può tener conto di essa ai fini dell’interpretazione di disposizioni di diritto derivato che rientrano nel suo ambito di applicazione, come quelle della dir. 2009/16/Ce, in quanto tutti gli Stati membri sono Parti di detta convenzione. La dir. 2009/16/Ce deve essere interpretata tenendo conto della UNCLOS. Essendo stata conclusa dall’Unione, questa convenzione vincola l’Unione e le sue disposizioni formano parte integrante del relativo ordinamento giuridico. Essa prevale, all’interno di detto ordinamento, sugli atti di diritto derivato, i quali devono essere interpretati, per quanto possibile, conformemente alle disposizioni della convenzione medesima. Lo Stato di approdo può sottoporre a un’ispezione supplementare le navi che esercitano un’attività sistematica di ricerca e soccorso e che si trovano in uno dei suoi porti o in acque soggette alla sua giurisdizione, qualora abbia accertato, sulla base di elementi giuridici e materiali circostanziati, l’esistenza di indizi seri tali da dimostrare un pericolo per la salute, la sicurezza, le condizioni di lavoro a bordo o l’ambiente alla luce delle disposizioni giuridiche pertinenti, tenuto conto delle condizioni concrete di gestione di tali navi. In occasione di ispezioni dettagliate, lo Stato di approdo può tenere conto del fatto che navi classificate e certificate come navi da carico da parte dello Stato di bandiera sono, in pratica, utilizzate per un’attività sistematica di ricerca e soccorso di persone in pericolo o in difficoltà in mare, nell’ambito di un controllo diretto a valutare, sulla base di elementi giuridici e materiali circostanziati, l’esistenza di un pericolo per le persone, le cose o l’ambiente, alla luce delle disposizioni pertinenti di diritto internazionale e dell’Unione, tenuto conto delle condizioni di gestione di tali navi. Per contro, lo Stato di approdo non può imporre che venga provato che dette navi dispongono di certificati diversi da quelli rilasciati dallo Stato di bandiera o che esse rispettano tutte le prescrizioni applicabili a una diversa classificazione. Lo Stato di approdo può sottoporre a fermo una nave solo qualora le carenze confermate o rivelate da un’ispezione dettagliata, da un lato, rappresentino un evidente pericolo per la sicurezza, la salute o l’ambiente e, dall’altro, comportino, singolarmente o insieme, l’impossibilità per la nave interessata di navigare in condizioni idonee a garantire la sicurezza in mare. Inoltre, tale Stato, collaborando con lo Stato di bandiera nel rispetto del principio di leale cooperazione, può imporre azioni correttive determinate in materia di sicurezza, prevenzione dell’inquinamento, nonché condizioni di vita e di lavoro a bordo, qualora esse siano necessarie a correggere le carenze accertate e siano altresì adeguate, necessarie e proporzionate a tal fine.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.