Negli ultimi anni, il tema della costruzione assistita da tecnologie digitali ha attratto l’interesse di università, istituti di ricerca, società di ingegneria e imprese. Dopo aver rivoluzionato il mondo della progettazione, l’informatizzazione si sta preparando a trasformare, in modo radicale, direttamente il cantiere. È un processo in linea di continuità con la progressiva meccanizzazione e automazione del settore che nella seconda metà del Novecento ha interessato, primi tra tutti, l’Europa occidentale e gli Stati Uniti. Nelle opere di architettura, la spinta principale all’uso di tecnologie digitali nella costruzione è stata fornita, a partire dagli anni Ottanta, dalle nuove sfide poste dalle ricerche sulla morfogenesi. Fin dalle sperimentazioni di Frank O. Gehry, i costruttori hanno ambito a disporre di file da far gestire a macchine a controllo numerico, per produrre i pezzi di cui sono composte le sue architetture formalmente complesse, a partire dalla Walt Disney Concert Hall di Los Angeles (1987-2003) e dal museo Guggenheim di Bilbao (1991-1997). Queste ricerche sono state poi alimentate, a loro volta, dall’introduzione massiccia di tecnologie digitali nella progettazione: i software di modellazione del nuovo millennio, adatti a essere usati su computer dal prezzo accessibile, hanno permesso a tutti di concepire sempre più facilmente geometrie sorprendenti, con cui «vestire» i propri progetti. Anche nell’ingegneria strutturale si è assistito, nel frattempo, alla stessa trasformazione. Tecniche computazionali come quelle basate su algoritmi evolutivi da più di vent’anni ormai consentono di progettare forme strutturali ottimizzate, efficientissime nell’uso dei materiali, ma per le quali i metodi costruttivi tradizionali non sono più adeguati, con conseguente incremento dei costi di esecuzione dei lavori. Bisogna ricordare che le occasioni di «frizione» tra concezione strutturale ed esigenze di cantiere non sono mai mancate e le sperimentazioni di Sergio Musmeci, che già negli anni Sessanta ideava «forme senza nome» sulla base delle sue sofisticate teorie statiche, ne sono un lampante esempio nella storia dell’ingegneria italiana. A questi temi, interni al mondo della progettazione, se ne sono aggiunti altri, connessi alla produzione: l’aumento del costo della manodopera specializzata nelle nazioni più ricche e avanzate tecnologicamente; la sicurezza sui luoghi di lavoro; la sostenibilità ambientale. L’incremento dell’automazione può rispondere a queste istanze, contribuendo a diminuire il numero di persone impiegate nei cantieri, magari proprio nelle operazioni maggiormente pericolose, riducendo la necessità di opere provvisionali e limitando lo spreco di materiale e, di conseguenza, l’inquinamento. L’uso delle macchine a controllo numerico per la manifattura sottrattiva e formativa – attrezzature per il taglio, punzonatrici, torni, fresatrici, presse piegatrici, già da tempo introdotte con successo nelle officine – si può considerare ormai consolidato anche nella prefabbricazione di componenti per l’edilizia. Notevole curiosità destano, ora, le sperimentazioni connesse alle tecniche digitali di manifattura additiva, che prevedono la realizzazione di elementi «strato per strato» a partire da un modello digitale, e all’uso dei robot nei cantieri. Alle ricerche e alle applicazioni in questo ambito – comprese quelle che, oggi, appaiono più visionarie – è dedicato questo contributo, con un occhio di riguardo a quelle rivolte alla costruzione di strutture portanti.
Capurso, G., Paparella, G. (2022). Costruire additivo e digitale: il futuro dell’architettura e dell’ingegneria?. RASSEGNA DI ARCHITETTURA E URBANISTICA, LVII(168), 91-104.
Costruire additivo e digitale: il futuro dell’architettura e dell’ingegneria?
G. Capurso;
2022-12-01
Abstract
Negli ultimi anni, il tema della costruzione assistita da tecnologie digitali ha attratto l’interesse di università, istituti di ricerca, società di ingegneria e imprese. Dopo aver rivoluzionato il mondo della progettazione, l’informatizzazione si sta preparando a trasformare, in modo radicale, direttamente il cantiere. È un processo in linea di continuità con la progressiva meccanizzazione e automazione del settore che nella seconda metà del Novecento ha interessato, primi tra tutti, l’Europa occidentale e gli Stati Uniti. Nelle opere di architettura, la spinta principale all’uso di tecnologie digitali nella costruzione è stata fornita, a partire dagli anni Ottanta, dalle nuove sfide poste dalle ricerche sulla morfogenesi. Fin dalle sperimentazioni di Frank O. Gehry, i costruttori hanno ambito a disporre di file da far gestire a macchine a controllo numerico, per produrre i pezzi di cui sono composte le sue architetture formalmente complesse, a partire dalla Walt Disney Concert Hall di Los Angeles (1987-2003) e dal museo Guggenheim di Bilbao (1991-1997). Queste ricerche sono state poi alimentate, a loro volta, dall’introduzione massiccia di tecnologie digitali nella progettazione: i software di modellazione del nuovo millennio, adatti a essere usati su computer dal prezzo accessibile, hanno permesso a tutti di concepire sempre più facilmente geometrie sorprendenti, con cui «vestire» i propri progetti. Anche nell’ingegneria strutturale si è assistito, nel frattempo, alla stessa trasformazione. Tecniche computazionali come quelle basate su algoritmi evolutivi da più di vent’anni ormai consentono di progettare forme strutturali ottimizzate, efficientissime nell’uso dei materiali, ma per le quali i metodi costruttivi tradizionali non sono più adeguati, con conseguente incremento dei costi di esecuzione dei lavori. Bisogna ricordare che le occasioni di «frizione» tra concezione strutturale ed esigenze di cantiere non sono mai mancate e le sperimentazioni di Sergio Musmeci, che già negli anni Sessanta ideava «forme senza nome» sulla base delle sue sofisticate teorie statiche, ne sono un lampante esempio nella storia dell’ingegneria italiana. A questi temi, interni al mondo della progettazione, se ne sono aggiunti altri, connessi alla produzione: l’aumento del costo della manodopera specializzata nelle nazioni più ricche e avanzate tecnologicamente; la sicurezza sui luoghi di lavoro; la sostenibilità ambientale. L’incremento dell’automazione può rispondere a queste istanze, contribuendo a diminuire il numero di persone impiegate nei cantieri, magari proprio nelle operazioni maggiormente pericolose, riducendo la necessità di opere provvisionali e limitando lo spreco di materiale e, di conseguenza, l’inquinamento. L’uso delle macchine a controllo numerico per la manifattura sottrattiva e formativa – attrezzature per il taglio, punzonatrici, torni, fresatrici, presse piegatrici, già da tempo introdotte con successo nelle officine – si può considerare ormai consolidato anche nella prefabbricazione di componenti per l’edilizia. Notevole curiosità destano, ora, le sperimentazioni connesse alle tecniche digitali di manifattura additiva, che prevedono la realizzazione di elementi «strato per strato» a partire da un modello digitale, e all’uso dei robot nei cantieri. Alle ricerche e alle applicazioni in questo ambito – comprese quelle che, oggi, appaiono più visionarie – è dedicato questo contributo, con un occhio di riguardo a quelle rivolte alla costruzione di strutture portanti.File | Dimensione | Formato | |
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