Il Mediterraneo ha una rappresentazione storica ricca e soprattutto contrastata. Il contrasto deriva dal fatto che questo mare, essendo il punto d’incontro di tre continenti molto attivi sin dall’antichità, ha inevitabilmente alimentato numerose rappresentazioni. Qui il termine rappresentazione dobbiamo intenderlo in molte maniere, certamente quello lacostiano (Lacoste, 1993, p. 4) ma nemmeno in maniera dissimile dal discourse a cui si fa rifermento in un articolo che marcherà la nascita della critical geopolitics (Ó Tuathail, Agnew, 1992) traghettando con esso, in realtà, tutta la geografia in quello che viene definito post-strutturalismo. Il Mar Mediterraneo è, come vedremo, l’unico insieme marino che al tempo stesso è definibile come spazio sociale e dove la «rappresentazione» che ne viene realizzata è frutto del sovrapporsi degli immaginari di tutti i popoli che vi si affacciano. Questo «mare» in realtà non aveva nome nell’antichità perché era l’unico mare conosciuto, avrà avuto probabilmente molti nomi ma non quello che conosciamo oggi. La definizione di «mediterraneo» arriverà molto tardi, in realtà ben oltre la fine dell’Impero Romano. Se è Isidoro di Siviglia che cominciò a definirlo come tale nel VI sec. d.C., in realtà non dobbiamo confondere l’uso del termine «mediterraneo» come qualificativo con l’uso dello stesso come nome proprio. La parola mediterraneo, infatti, è usata inizialmente per definire un mare tra le terre ma non per questo esisteva una costruzione precisa dell’immaginario che lo riguarda. Perché è questo tipo di rappresentazione «geografica» che dobbiamo andare a esplorare, quando, cioè, il Mediterraneo diventa il prodotto geografico di un’immaginazione producendo delle «geografie» così come Knox e Pinch lo attribuiscono alle diverse «geografie sociali urbane» (Knox, Pinch, 2013, p. 3), solo che nel nostro caso la densità delle reti sociali non si articola nello spazio urbano ma sul bacino del mare Mediterraneo. È questo immaginario contrastante, frutto della rappresentazione che ogni popolo che vi si affaccia ha, che porterà alla rappresentazione del Mediterraneo in quanto tale, come noto a noi oggi. Per secoli questo mare viene visto come ricca rete di scambio tra i diversi popoli. Diventerà nel XVIII secolo un oggetto di studio che lentamente comincerà a interessare molto studiosi di campi diversi, ma saranno dei geografi quelli che più che mai contribuiranno a questo cambiamento, cercando quelle correlazioni tra elementi naturali e elementi umani.
Bettoni, G. (2023). Il Mediterraneo in un’analisi geopolitica. In C.R. M. Varotto (a cura di), Oggetti, merci, beni. L’impronta materiale del movimento nello spazio (pp. 239-248). Padova : CLEUP.
Il Mediterraneo in un’analisi geopolitica
Bettoni
2023-05-01
Abstract
Il Mediterraneo ha una rappresentazione storica ricca e soprattutto contrastata. Il contrasto deriva dal fatto che questo mare, essendo il punto d’incontro di tre continenti molto attivi sin dall’antichità, ha inevitabilmente alimentato numerose rappresentazioni. Qui il termine rappresentazione dobbiamo intenderlo in molte maniere, certamente quello lacostiano (Lacoste, 1993, p. 4) ma nemmeno in maniera dissimile dal discourse a cui si fa rifermento in un articolo che marcherà la nascita della critical geopolitics (Ó Tuathail, Agnew, 1992) traghettando con esso, in realtà, tutta la geografia in quello che viene definito post-strutturalismo. Il Mar Mediterraneo è, come vedremo, l’unico insieme marino che al tempo stesso è definibile come spazio sociale e dove la «rappresentazione» che ne viene realizzata è frutto del sovrapporsi degli immaginari di tutti i popoli che vi si affacciano. Questo «mare» in realtà non aveva nome nell’antichità perché era l’unico mare conosciuto, avrà avuto probabilmente molti nomi ma non quello che conosciamo oggi. La definizione di «mediterraneo» arriverà molto tardi, in realtà ben oltre la fine dell’Impero Romano. Se è Isidoro di Siviglia che cominciò a definirlo come tale nel VI sec. d.C., in realtà non dobbiamo confondere l’uso del termine «mediterraneo» come qualificativo con l’uso dello stesso come nome proprio. La parola mediterraneo, infatti, è usata inizialmente per definire un mare tra le terre ma non per questo esisteva una costruzione precisa dell’immaginario che lo riguarda. Perché è questo tipo di rappresentazione «geografica» che dobbiamo andare a esplorare, quando, cioè, il Mediterraneo diventa il prodotto geografico di un’immaginazione producendo delle «geografie» così come Knox e Pinch lo attribuiscono alle diverse «geografie sociali urbane» (Knox, Pinch, 2013, p. 3), solo che nel nostro caso la densità delle reti sociali non si articola nello spazio urbano ma sul bacino del mare Mediterraneo. È questo immaginario contrastante, frutto della rappresentazione che ogni popolo che vi si affaccia ha, che porterà alla rappresentazione del Mediterraneo in quanto tale, come noto a noi oggi. Per secoli questo mare viene visto come ricca rete di scambio tra i diversi popoli. Diventerà nel XVIII secolo un oggetto di studio che lentamente comincerà a interessare molto studiosi di campi diversi, ma saranno dei geografi quelli che più che mai contribuiranno a questo cambiamento, cercando quelle correlazioni tra elementi naturali e elementi umani.File | Dimensione | Formato | |
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