Lo stretto rapporto di vicinanza intellettuale tra la Francia enciclopedica dell’età dei Lumi e la cultura filosofica napoletana è cosa ben nota. Gli studi di Franco Venturi sul Settecento riformatore, di Giuseppe Ricuperati, Furio Diaz, Luciano Guerci, Carlo Capra e molti altri hanno messo in luce le relazioni di contiguità, non solo filosofica ma soprattutto culturale e politica, tra la giovane generazione dei pensatori post-vichiani – Vico muore nel 1744 –, ossia Genovesi, Galiani, Filangieri, Pagano, e le imprese dei philosophes parigini riuniti attorno all’Encyclopédie. Mentre Diderot dà alle stampe nel 1751 il primo tomo del suo capolavoro, a Napoli esce infatti, due anni dopo, il Discorso sopra il vero fine delle lettere e delle scienze (1753) di Genovesi. Diderot e Genovesi nacquero lo stesso anno, il 1713, il napoletano il 1 novembre, il francese il 5 ottobre. L’abate aveva appena passato non pochi guai con la censura ecclesiastica, negli anni precedenti, dopo aver assunto la cattedra di Metafisica (1741-1745) e di Etica (1745-1753), grazie all’intercessione del newtoniano filofrancese Celestino Galiani, fondatore dell’Accademia delle scienze di Napoli (1732), gran conoscitore del pensiero europeo d’avanguardia – da Descartes a Gassendi fino al teologo e fisico eterodosso (cartesiano) Bernard Lamy, a Newton e Locke – e zio del nostro abate Ferdinando Galiani (1728-1787), amico intimo di Diderot e futuro ambasciatore del Regno di Napoli a Parigi (1760-1769). Genovesi, a causa delle sue opere filosofiche, gli Elementa metaphysicae (1743), la Theosophia (1751) e gli Universae thologiae elementa, che gli suscitarono un’accusa di eresia (poi caduta), venne costretto ad abbandonare quest’insegnamento per prendere nel 1754 – per intercessione di Bartolomeo Intieri, che ne finanziò la cattedra – quello di Meccanica e commercio, ossia, come diremmo noi oggi, di Economia politica. È in questo contesto polemico che Genovesi scriverà nel 1753 il suo Discorso sopra il vero fine delle lettere e delle scienze che tanta affinità, tanta fratellanza intellettuale mostrerà con il Prospectus dell’Encyclopédie e l’articolo Arte di Diderot.
Quintili, P. (2022). Diderot, Genovesi, Galiani: un trio filosofico napoletano. In D.D. Antonio Cecere. Con i contributi di A. Cecere. A Coratti (a cura di), Napoli capitale dei Lumi : scienza, economia e politica (pp. 67-74). Roma : Castelvecchi Editore.
Diderot, Genovesi, Galiani: un trio filosofico napoletano
Quintili
Membro del Collaboration Group
2022-09-01
Abstract
Lo stretto rapporto di vicinanza intellettuale tra la Francia enciclopedica dell’età dei Lumi e la cultura filosofica napoletana è cosa ben nota. Gli studi di Franco Venturi sul Settecento riformatore, di Giuseppe Ricuperati, Furio Diaz, Luciano Guerci, Carlo Capra e molti altri hanno messo in luce le relazioni di contiguità, non solo filosofica ma soprattutto culturale e politica, tra la giovane generazione dei pensatori post-vichiani – Vico muore nel 1744 –, ossia Genovesi, Galiani, Filangieri, Pagano, e le imprese dei philosophes parigini riuniti attorno all’Encyclopédie. Mentre Diderot dà alle stampe nel 1751 il primo tomo del suo capolavoro, a Napoli esce infatti, due anni dopo, il Discorso sopra il vero fine delle lettere e delle scienze (1753) di Genovesi. Diderot e Genovesi nacquero lo stesso anno, il 1713, il napoletano il 1 novembre, il francese il 5 ottobre. L’abate aveva appena passato non pochi guai con la censura ecclesiastica, negli anni precedenti, dopo aver assunto la cattedra di Metafisica (1741-1745) e di Etica (1745-1753), grazie all’intercessione del newtoniano filofrancese Celestino Galiani, fondatore dell’Accademia delle scienze di Napoli (1732), gran conoscitore del pensiero europeo d’avanguardia – da Descartes a Gassendi fino al teologo e fisico eterodosso (cartesiano) Bernard Lamy, a Newton e Locke – e zio del nostro abate Ferdinando Galiani (1728-1787), amico intimo di Diderot e futuro ambasciatore del Regno di Napoli a Parigi (1760-1769). Genovesi, a causa delle sue opere filosofiche, gli Elementa metaphysicae (1743), la Theosophia (1751) e gli Universae thologiae elementa, che gli suscitarono un’accusa di eresia (poi caduta), venne costretto ad abbandonare quest’insegnamento per prendere nel 1754 – per intercessione di Bartolomeo Intieri, che ne finanziò la cattedra – quello di Meccanica e commercio, ossia, come diremmo noi oggi, di Economia politica. È in questo contesto polemico che Genovesi scriverà nel 1753 il suo Discorso sopra il vero fine delle lettere e delle scienze che tanta affinità, tanta fratellanza intellettuale mostrerà con il Prospectus dell’Encyclopédie e l’articolo Arte di Diderot.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.