Quella della Kantkiste è una leggenda che tutti gli studiosi di Kant conoscono, nonostante la documentazione al riguardo sia praticamente inesistente, di qui, appunto, il suo status di mera leggenda. Raccontata in poche parole, si tratta dell’informazione tramandata che nel 1944, adducendo come causa l’approssimarsi delle truppe sovietiche, la Staats- und Universitätsbibliothek di Königsberg chiese alla Preußische Akademie der Wissenschaften di Berlino la restituzione di tutti i manoscritti kantiani di sua proprietà, che dal 1894 l’accademia teneva presso di sé per farne l’edizione di riferimento, la celebre Akademie Ausgabe. I manoscritti vennero raccolti in un’unica cassa di legno, la leggendaria Kantkiste, la quale venne caricata (come riferito da testimoni non identificati) su un treno diretto verso Königsberg. Da quel momento, se ne persero le tracce (cfr. Werner Stark, Zum Verbleib der Königsberger Kant-Handschriften: Funde und Desiderate, «Deutsche Zeitschrift für Philosophie» 39 (1991), pp. 285-293). L’intento dei bibliotecari regiomontani era certamente nobile, perché Berlino venne in effetti praticamente rasa al suolo dai bombardamenti e dalle ultime operazioni del maggio 1945; ed è pensabile che i manoscritti kantiani avrebbero corso seri rischi d’esser distrutti—come accadde, per fare un esempio, per l’atroce rappresaglia per la rivolta di Varsavia condotta dalle SS, che nell’ottobre di quello stesso 1944 entrarono con i lanciafiamme nelle sale e nei depositi della Biblioteka Narodowa distruggendo irrimediabilmente la gran parte delle opere della letteratura polacca delle origini. Finita l’URSS, si capì piano piano che il progetto di salvare il salvabile aveva funzionato. Non si trovò alcuna informazione sul percorso della Kantkiste, ma di diversi manoscritti la cui presenza a Berlino era documentata si venne finalmente a conoscere la collocazione attuale. Così, a Tartu venne ritrovato l’esemplare interfogliato della quarta edizione (1757) della Metaphysica di Alexander Gottlieb Baumgarten, sul quale Kant scrisse le Reflexionen über die Metaphysk che Erich Adickes trascrisse e pubblicò nel volume XV dell’Akademie Ausgabe (1915) e che ora sono consultabili sul sito della Latvijas Universitātes Akadēmiskā Bibliotēka in Tartu. L’edizione di inediti che viene presentata in questo volume, tuttavia, non fa parte della leggendaria storia della Kantkiste per la semplice ragione che persino ai curatori dell’Akademie Ausgabe era ignoto che Kant avesse tenuto la Metaphysikvorlesung del 1756/57 seguendo la terza edizione della Metaphysica di Baumgarten (1750) e che esistesse, appunto, un esemplare interfogliato annotato da Kant (cfr. Werner Stark, Kantiana ohne Kiste: Überraschender Fund in Danzig, in: «Neue Zürcher Zeitung», 20 dicembre 2000, p. 34). Prima di entrare nel contenuto del testo, due parole su perché sia necessario ristabilire la poligrafia di Kant. Le edizioni sponsorizzate dalla Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften (così si chiama oggi quella che era la Preußische Akademie der Wissenschaften) ebbero inizio nel XIX secolo con l’edizione degli Opera Aristotelis di Immanuel Bekker (continuata da Olof Gigon nel XX secolo), seguita, tra le altre, dalle edizioni di Gottfried von Leibniz e Wilhelm von Humboldt. Nel 1894, Wilhelm Dilthey diede inizio alla Akademie Ausgabe di Kant, con l’intenzione di fornire testi affidabili e completi per studiosi e studenti (cfr. Werner Stark, Die Kant-Ausgabe der Berliner Akademie – Eine Musterausgabe? in: Immanuel Kant und die Berliner Aufklärung, a cura di Dina Emundts, Reichert, Wiesbaden 2000, pp. 213-224). Al tempo di Dilthey, la Kant-Kommission (della Preußische Akademie der Wissenschaften) chiese ai curatori dei singoli scritti di appianare la maggior parte delle varianti ortografiche e sintattiche. Considerato che le abitudini ortografiche di Kant – così sostenevano gli editori del primo volume delle Druckschriften che apparve nel 1902 – non sarebbero né sistematiche né consequenziali, la Kant-Kommission ritenne meglio non disturbare la maggior parte dei lettori con le forme desuete (AA1: 513). Quindi, le opere di Kant dal 1747 in poi furono di fatto riscritte usando l’ortografia e la punteggiatura usate da Kant a partire dalla Kritik der reinen Vernunft, con il risultato che la poligrafia degli scritti antecedenti il 1781 venne del tutto ignorata. Oggi siamo nel XXI secolo e possiamo fare molto meglio. Per il tricentenario della nascita di Kant, nel 2024, la Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften e l’editore De Gruyter metteranno a disposizione degli studiosi la nuova edizione completa degli scritti a stampa pubblicati da Kant, ovvero da Gottlob Benjamin Jäsche e Friedrich Theodor Rink vivente Kant (Gesammelte Schriften: Abteilung 1 – Neuedition, a cura della Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften, De Gruyter, Berlino e Boston 2021-2024). La nuova edizione non solo ripristinerà con grande acribia la poligrafia degli scritti a stampa kantiani, ma li presenterà anche in un’interfaccia XML interrogabile per annotazioni e quello che oggi si chiama il computational concept modeling (cfr. Jonas Kuhn, Computational Text Analysis within the Humanities, in: Reflektierte algorithmische Textanalyse, a cura di Niels Reiter, Axel Pichler e Jonas Kuhn, De Gruyter, Berlin/Boston 2020, pp. 61–106). Ma torniamo al testo. Pensiamo al semestre invernale 1755/56. Kant ha ricevuto poche settimane prima, il 17 agosto, la venia legendi grazie alla difesa della Nova dilucidatio (cfr. Hansmichael Hohenegger, Antonio Lamarra e Riccardo Pozzo, Johann Reinhold Grube’s Opposing Remarks to Kant’s Nova dilucidatio, in: «Kant-Studien» 112 (2021), n. 4, pp. 350-380) e tiene la sua prima Metaphysikvorlesung. Sappiamo da Ludwig Ernst Borowski, che fu uno dei suoi primi ascoltatori, che Kant fece lezione seguendo le Institutiones Metaphyisicae di Friedrich Christian Baumeister. Non è stata conservata la copia posseduta da Kant sulla quale probabilmente scrisse delle annotazioni (Notate = N). Nel semestre estivo 1756, tuttavia, Kant decise di adottare la Metaphysica di Baumgarten, e per prepararsi scrisse le annotazioni che si presentano in questa recensione. Né si deve peraltro escludere che alcune siano state create prima, ossia da quando Kant ha iniziato a studiare a fondo Baumgarten. Infatti, la Nova dilucidatio è inconcepibile senza la Metaphysica. Ma il tenore didattico di molte annotazioni indica che la loro redazione fosse principalmente finalizzata alle esigenze dell’insegnamento accademico, come risulta peraltro dal largo uso di esempi per spiegare le posizioni di Baumgarten, che in molti casi sono infatti precedute da locuzioni quali “e. g.”, “z. B.” o “z. E.”. Nelle 676 annotazioni, l’indicazione di esempi avviene in almeno 133 casi, cosa che sottolinea l’orientamento volto al pubblico studentesco (p. xviii). Come terminus a quo, i curatori indicano l’anno 1754 per via di un riferimento alle traduzioni tedesche di opere del teologo John Bradford (N nd2, p. 3) di Linneo (N 573g, p. 207) e come terminus ad quem l’anno 1757, quando Kant cominciò la lunga serie di annotazioni sull’esemplare della quarta edizione, ritrovato, come si è detto, a Tartu pochi anni orsono, della Metaphysica di Baumgarten (1757) che sarebbero poi divenute le Reflexionen über die Metaphysik (p. xviii s.), anche se alcune annotazioni, come la N73g (p. 45), vanno ben oltre l’intenzione di commentare la terza edizione di Baumgarten, come si vede dall’uso dell’avverbio transcendentaliter a proposito dell’attribuzione di unità, verità e perfezione alle categorie modali di possibilità, esistenza e necessità esposte nella Critica della ragion pura, uso che porta a escludere l’annotazione dal terminus ad quod al 1757 poiché pertiene a fasi ben più evolute della filosofia teoretica di Kant (p. xix). Molto utili per orientare la lettura sono i sei baricentri tematici individuati dai curatori su questioni di religione (pp. xxx-xxxiii), osservazioni sulla vita quotidiana a Königsberg (pp. xxxiiii-xxxiv) e su questioni propriamente scientifiche, ad esempio rispetto alle frequenze di termini quali Planet, Feuer, Erdbeben (pp. xxxiv-xxxvi). L’edizione che si presenta è certamente un ottimo esempio di come affrontare la difficile relazione tra testo e paratesto. Sono molto utili e faranno scuola le regole per dar conto della posizione delle annotazioni rispetto al testo della Metaphysica, se cioè l’annotazione sia sopra (ü per über), dentro (i per in), accanto (n per neben), sotto (u per unter) o sul foglio interfogliato (g per gegenüberliegend) ovvero se sia autonoma, senza riferimenti determinabili (nd per non designatum; p. lxxviii). Resta da dire che, purtroppo, non potrà eguagliare in alcun modo gli standard di rigore in verità molto alti posti dalla nuova Akademie Ausgabe per la semplice ragione che si limita a consegnare al lettore un testo su carta, corredato da assai puntuali note a piè di pagina per commenti esplicativi e eventuali indicazioni di fonti (pp. 1-353), seguito da un indice delle cose (pp. 361-369), dalla lista di opere citate da Kant o alle quali allude (pp. 371-374), dalla lista dei passi biblici citati da Kant (p. 375) e da un’ultima lista di opere utilizzate dai curatori per i loro commenti (pp. 376-380). Chiude il volume una tabella che mostra quali paragrafi del testo di Baumgarten abbiano ricevuto annotazioni – tra le righe, a margine o sul foglio interfogliato – da parte di Kant (pp. 381-393). Come si vede, si tratta di un approccio ancora legato al paradigma del close reading, che ancora non considera la possibilità di aprire allo sguardo degli studiosi la prospettiva di un distant reading basato su dati XML annotabili dai ricercatori stessi (cfr. Franco Moretti, A una certa distanza. Leggere i testi letterari nel nuovo millennio, Carocci, Roma, 2020).

Pozzo, R. (2021). Recensione a immanuel kant, Neue Reflexionen. Die frühen Notate zu Baumgartens ‘Metaphysica’. Mit einer Edition der dritten Auflage dieses Werkes, hrsg. von G. Gawlick, L. Kreimendahl und W. Stark in Zusammenarbeit mit M. Oberhausen und M. Trauth, frommann- holzboog, Stuttgart - Bad Cannstatt 2019. Un volume di pp. 393. RIVISTA DI FILOSOFIA NEOSCOLASTICA, 113(3), 680-682.

Recensione a immanuel kant, Neue Reflexionen. Die frühen Notate zu Baumgartens ‘Metaphysica’. Mit einer Edition der dritten Auflage dieses Werkes, hrsg. von G. Gawlick, L. Kreimendahl und W. Stark in Zusammenarbeit mit M. Oberhausen und M. Trauth, frommann- holzboog, Stuttgart - Bad Cannstatt 2019. Un volume di pp. 393.

Riccardo Pozzo
2021-10-12

Abstract

Quella della Kantkiste è una leggenda che tutti gli studiosi di Kant conoscono, nonostante la documentazione al riguardo sia praticamente inesistente, di qui, appunto, il suo status di mera leggenda. Raccontata in poche parole, si tratta dell’informazione tramandata che nel 1944, adducendo come causa l’approssimarsi delle truppe sovietiche, la Staats- und Universitätsbibliothek di Königsberg chiese alla Preußische Akademie der Wissenschaften di Berlino la restituzione di tutti i manoscritti kantiani di sua proprietà, che dal 1894 l’accademia teneva presso di sé per farne l’edizione di riferimento, la celebre Akademie Ausgabe. I manoscritti vennero raccolti in un’unica cassa di legno, la leggendaria Kantkiste, la quale venne caricata (come riferito da testimoni non identificati) su un treno diretto verso Königsberg. Da quel momento, se ne persero le tracce (cfr. Werner Stark, Zum Verbleib der Königsberger Kant-Handschriften: Funde und Desiderate, «Deutsche Zeitschrift für Philosophie» 39 (1991), pp. 285-293). L’intento dei bibliotecari regiomontani era certamente nobile, perché Berlino venne in effetti praticamente rasa al suolo dai bombardamenti e dalle ultime operazioni del maggio 1945; ed è pensabile che i manoscritti kantiani avrebbero corso seri rischi d’esser distrutti—come accadde, per fare un esempio, per l’atroce rappresaglia per la rivolta di Varsavia condotta dalle SS, che nell’ottobre di quello stesso 1944 entrarono con i lanciafiamme nelle sale e nei depositi della Biblioteka Narodowa distruggendo irrimediabilmente la gran parte delle opere della letteratura polacca delle origini. Finita l’URSS, si capì piano piano che il progetto di salvare il salvabile aveva funzionato. Non si trovò alcuna informazione sul percorso della Kantkiste, ma di diversi manoscritti la cui presenza a Berlino era documentata si venne finalmente a conoscere la collocazione attuale. Così, a Tartu venne ritrovato l’esemplare interfogliato della quarta edizione (1757) della Metaphysica di Alexander Gottlieb Baumgarten, sul quale Kant scrisse le Reflexionen über die Metaphysk che Erich Adickes trascrisse e pubblicò nel volume XV dell’Akademie Ausgabe (1915) e che ora sono consultabili sul sito della Latvijas Universitātes Akadēmiskā Bibliotēka in Tartu. L’edizione di inediti che viene presentata in questo volume, tuttavia, non fa parte della leggendaria storia della Kantkiste per la semplice ragione che persino ai curatori dell’Akademie Ausgabe era ignoto che Kant avesse tenuto la Metaphysikvorlesung del 1756/57 seguendo la terza edizione della Metaphysica di Baumgarten (1750) e che esistesse, appunto, un esemplare interfogliato annotato da Kant (cfr. Werner Stark, Kantiana ohne Kiste: Überraschender Fund in Danzig, in: «Neue Zürcher Zeitung», 20 dicembre 2000, p. 34). Prima di entrare nel contenuto del testo, due parole su perché sia necessario ristabilire la poligrafia di Kant. Le edizioni sponsorizzate dalla Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften (così si chiama oggi quella che era la Preußische Akademie der Wissenschaften) ebbero inizio nel XIX secolo con l’edizione degli Opera Aristotelis di Immanuel Bekker (continuata da Olof Gigon nel XX secolo), seguita, tra le altre, dalle edizioni di Gottfried von Leibniz e Wilhelm von Humboldt. Nel 1894, Wilhelm Dilthey diede inizio alla Akademie Ausgabe di Kant, con l’intenzione di fornire testi affidabili e completi per studiosi e studenti (cfr. Werner Stark, Die Kant-Ausgabe der Berliner Akademie – Eine Musterausgabe? in: Immanuel Kant und die Berliner Aufklärung, a cura di Dina Emundts, Reichert, Wiesbaden 2000, pp. 213-224). Al tempo di Dilthey, la Kant-Kommission (della Preußische Akademie der Wissenschaften) chiese ai curatori dei singoli scritti di appianare la maggior parte delle varianti ortografiche e sintattiche. Considerato che le abitudini ortografiche di Kant – così sostenevano gli editori del primo volume delle Druckschriften che apparve nel 1902 – non sarebbero né sistematiche né consequenziali, la Kant-Kommission ritenne meglio non disturbare la maggior parte dei lettori con le forme desuete (AA1: 513). Quindi, le opere di Kant dal 1747 in poi furono di fatto riscritte usando l’ortografia e la punteggiatura usate da Kant a partire dalla Kritik der reinen Vernunft, con il risultato che la poligrafia degli scritti antecedenti il 1781 venne del tutto ignorata. Oggi siamo nel XXI secolo e possiamo fare molto meglio. Per il tricentenario della nascita di Kant, nel 2024, la Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften e l’editore De Gruyter metteranno a disposizione degli studiosi la nuova edizione completa degli scritti a stampa pubblicati da Kant, ovvero da Gottlob Benjamin Jäsche e Friedrich Theodor Rink vivente Kant (Gesammelte Schriften: Abteilung 1 – Neuedition, a cura della Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften, De Gruyter, Berlino e Boston 2021-2024). La nuova edizione non solo ripristinerà con grande acribia la poligrafia degli scritti a stampa kantiani, ma li presenterà anche in un’interfaccia XML interrogabile per annotazioni e quello che oggi si chiama il computational concept modeling (cfr. Jonas Kuhn, Computational Text Analysis within the Humanities, in: Reflektierte algorithmische Textanalyse, a cura di Niels Reiter, Axel Pichler e Jonas Kuhn, De Gruyter, Berlin/Boston 2020, pp. 61–106). Ma torniamo al testo. Pensiamo al semestre invernale 1755/56. Kant ha ricevuto poche settimane prima, il 17 agosto, la venia legendi grazie alla difesa della Nova dilucidatio (cfr. Hansmichael Hohenegger, Antonio Lamarra e Riccardo Pozzo, Johann Reinhold Grube’s Opposing Remarks to Kant’s Nova dilucidatio, in: «Kant-Studien» 112 (2021), n. 4, pp. 350-380) e tiene la sua prima Metaphysikvorlesung. Sappiamo da Ludwig Ernst Borowski, che fu uno dei suoi primi ascoltatori, che Kant fece lezione seguendo le Institutiones Metaphyisicae di Friedrich Christian Baumeister. Non è stata conservata la copia posseduta da Kant sulla quale probabilmente scrisse delle annotazioni (Notate = N). Nel semestre estivo 1756, tuttavia, Kant decise di adottare la Metaphysica di Baumgarten, e per prepararsi scrisse le annotazioni che si presentano in questa recensione. Né si deve peraltro escludere che alcune siano state create prima, ossia da quando Kant ha iniziato a studiare a fondo Baumgarten. Infatti, la Nova dilucidatio è inconcepibile senza la Metaphysica. Ma il tenore didattico di molte annotazioni indica che la loro redazione fosse principalmente finalizzata alle esigenze dell’insegnamento accademico, come risulta peraltro dal largo uso di esempi per spiegare le posizioni di Baumgarten, che in molti casi sono infatti precedute da locuzioni quali “e. g.”, “z. B.” o “z. E.”. Nelle 676 annotazioni, l’indicazione di esempi avviene in almeno 133 casi, cosa che sottolinea l’orientamento volto al pubblico studentesco (p. xviii). Come terminus a quo, i curatori indicano l’anno 1754 per via di un riferimento alle traduzioni tedesche di opere del teologo John Bradford (N nd2, p. 3) di Linneo (N 573g, p. 207) e come terminus ad quem l’anno 1757, quando Kant cominciò la lunga serie di annotazioni sull’esemplare della quarta edizione, ritrovato, come si è detto, a Tartu pochi anni orsono, della Metaphysica di Baumgarten (1757) che sarebbero poi divenute le Reflexionen über die Metaphysik (p. xviii s.), anche se alcune annotazioni, come la N73g (p. 45), vanno ben oltre l’intenzione di commentare la terza edizione di Baumgarten, come si vede dall’uso dell’avverbio transcendentaliter a proposito dell’attribuzione di unità, verità e perfezione alle categorie modali di possibilità, esistenza e necessità esposte nella Critica della ragion pura, uso che porta a escludere l’annotazione dal terminus ad quod al 1757 poiché pertiene a fasi ben più evolute della filosofia teoretica di Kant (p. xix). Molto utili per orientare la lettura sono i sei baricentri tematici individuati dai curatori su questioni di religione (pp. xxx-xxxiii), osservazioni sulla vita quotidiana a Königsberg (pp. xxxiiii-xxxiv) e su questioni propriamente scientifiche, ad esempio rispetto alle frequenze di termini quali Planet, Feuer, Erdbeben (pp. xxxiv-xxxvi). L’edizione che si presenta è certamente un ottimo esempio di come affrontare la difficile relazione tra testo e paratesto. Sono molto utili e faranno scuola le regole per dar conto della posizione delle annotazioni rispetto al testo della Metaphysica, se cioè l’annotazione sia sopra (ü per über), dentro (i per in), accanto (n per neben), sotto (u per unter) o sul foglio interfogliato (g per gegenüberliegend) ovvero se sia autonoma, senza riferimenti determinabili (nd per non designatum; p. lxxviii). Resta da dire che, purtroppo, non potrà eguagliare in alcun modo gli standard di rigore in verità molto alti posti dalla nuova Akademie Ausgabe per la semplice ragione che si limita a consegnare al lettore un testo su carta, corredato da assai puntuali note a piè di pagina per commenti esplicativi e eventuali indicazioni di fonti (pp. 1-353), seguito da un indice delle cose (pp. 361-369), dalla lista di opere citate da Kant o alle quali allude (pp. 371-374), dalla lista dei passi biblici citati da Kant (p. 375) e da un’ultima lista di opere utilizzate dai curatori per i loro commenti (pp. 376-380). Chiude il volume una tabella che mostra quali paragrafi del testo di Baumgarten abbiano ricevuto annotazioni – tra le righe, a margine o sul foglio interfogliato – da parte di Kant (pp. 381-393). Come si vede, si tratta di un approccio ancora legato al paradigma del close reading, che ancora non considera la possibilità di aprire allo sguardo degli studiosi la prospettiva di un distant reading basato su dati XML annotabili dai ricercatori stessi (cfr. Franco Moretti, A una certa distanza. Leggere i testi letterari nel nuovo millennio, Carocci, Roma, 2020).
12-ott-2021
Pubblicato
Rilevanza internazionale
Recensione
Comitato scientifico
Settore M-FIL/06 - STORIA DELLA FILOSOFIA
Italian
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Pozzo, R. (2021). Recensione a immanuel kant, Neue Reflexionen. Die frühen Notate zu Baumgartens ‘Metaphysica’. Mit einer Edition der dritten Auflage dieses Werkes, hrsg. von G. Gawlick, L. Kreimendahl und W. Stark in Zusammenarbeit mit M. Oberhausen und M. Trauth, frommann- holzboog, Stuttgart - Bad Cannstatt 2019. Un volume di pp. 393. RIVISTA DI FILOSOFIA NEOSCOLASTICA, 113(3), 680-682.
Pozzo, Racb
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