A differenza delle grandi democrazie consolidate, l’Italia, in tutta la sua storia repubblicana, è stata segnata da una fondamentale anomalia di sistema. Accanto alla fisiologica lotta tra i partiti, è stato sempre, in ogni momento storico, pressoché unanimemente riconosciuto che le «regole del gioco », la cornice entro cui si doveva svolgere la partita della vita pubblica, non fossero stabilizzate una volta per tutte, ma che gli assetti politico-istituzionali fossero connotati da una intrinseca provvisorietà, legata ai condizionamenti della situazione storica congiunturale. Così, accanto allo scontro politico-elettorale vi è sempre stato un dibattitto sulla necessità di dare compimento alla democrazia italiana, senza il quale anche l’architettura istituzionale, le consuetudini, le prassi, non avrebbero potuto considerarsi definitive e il nostro Stato finalmente approdato a una condizione di democrazia «matura». L’idea dell’incompiutezza della Repubblica italiana si manifesta sin dall’Assemblea costituente e dalla consapevolezza della provvisorietà e contingenza di molte scelte, dovute alla particolare condizione del momento storico. Da allora, in ogni fase di sviluppo politico del Paese, non è mai mancato il riferimento a un «compimento» non ancora raggiunto. Prima per le divisioni ideologiche dovute alla Guerra fredda, poi per il crollo della c.d. prima Repubblica1 e per la necessità di definire le regole della seconda, oggi a causa dell’aprirsi di un nuovo scenario post elettorale che addirittura ci proietterebbe nella «terza» Repubblica, la vita politica italiana è sempre stata interpretata all’insegna dell’eccezionalità, dell’anomalia e, frequentemente, dell’emergenza. Ed è così che si è fatta strada l’idea della «transitorietà» delle scelte e delle soluzioni. Ne è nata una vera e propria narrazione della vicenda politica italiana, in cui, mentre si rinviava a un indefinito futuro il momento della raggiunta «normalità», si giustificavano soluzioni congiunturali di ogni tipo, non solo con riferimento alle formule politiche, ma anche all’interpretazione delle regole del gioco. Abbiamo assistito in questo modo, alla nascita di una «costituzione parallela», germogliata nelle maglie lasciate aperte da quella formale, che ha offerto sviluppi del tutto imprevisti e persino, all’origine, ritenuti di dubbia legittimità. Basti pensare all’assoluta centralità acquisita dal decretolegge (immaginato dai costituenti come strumento assolutamente eccezionale), alla crescita esponenziale dei poteri del presidente della Repubblica, all’aggiramento costante delle regole costituzionali sulle crisi di governo, alla ricorrente modifica delle leggi elettorali, all’assetto distorto del regionalismo, agli scontri sulla giustizia, al proliferare di legislazioni emergenziali, temporanee, provvisorie, transitorie, praticamente in ogni settore dell’ordinamento. Il volume descrive questo processo, mettendo in evidenza i caratteri di questa «Repubblica transitoria», l’influenza che essa ha avuto sui comportamenti delle forze politiche e sulle scelte fondamentali, sul modo di concepire lo stesso scontro tra le parti, segnato sempre dall’idea di un futuro incerto e minaccioso, dalla demonizzazione dell’avversario o, al contrario, dalla necessità di realizzare larghe convergenze, politicamente anomale e innaturali, all’insegna dell’emergenza e della necessità di fronteggiare insieme un pericolo imminente, si trattasse della crisi economica, del rischio terroristico, della minaccia criminale, delle grandi questioni irrisolte del Paese, come quella meridionale. Insomma, nella Repubblica transitoria c’è sempre stato un buon motivo per eludere la normalità, per rinviare il compimento istituzionale, per non «chiudere» la transizione. Un grande alibi che conviene a tanti ed esonera dalla responsabilità del cambiamento. Oggi l’Italia è di fronte a un bivio. Continuare a ritenersi una Repubblica transitoria, segnata da anomalie e ambizioni impossibili, razionalizzando l’esistente della Costituzione parallela che si è imposta, oppure assumersi la responsabilità di essere una democrazia adulta e definire un assetto politico-istituzionale coerente con i modelli più consolidati delle democrazie avanzate.

Guzzetta, G. (2018). La Repubblica transitoria. Rubbettino.

La Repubblica transitoria

Guzzetta, G
2018-01-01

Abstract

A differenza delle grandi democrazie consolidate, l’Italia, in tutta la sua storia repubblicana, è stata segnata da una fondamentale anomalia di sistema. Accanto alla fisiologica lotta tra i partiti, è stato sempre, in ogni momento storico, pressoché unanimemente riconosciuto che le «regole del gioco », la cornice entro cui si doveva svolgere la partita della vita pubblica, non fossero stabilizzate una volta per tutte, ma che gli assetti politico-istituzionali fossero connotati da una intrinseca provvisorietà, legata ai condizionamenti della situazione storica congiunturale. Così, accanto allo scontro politico-elettorale vi è sempre stato un dibattitto sulla necessità di dare compimento alla democrazia italiana, senza il quale anche l’architettura istituzionale, le consuetudini, le prassi, non avrebbero potuto considerarsi definitive e il nostro Stato finalmente approdato a una condizione di democrazia «matura». L’idea dell’incompiutezza della Repubblica italiana si manifesta sin dall’Assemblea costituente e dalla consapevolezza della provvisorietà e contingenza di molte scelte, dovute alla particolare condizione del momento storico. Da allora, in ogni fase di sviluppo politico del Paese, non è mai mancato il riferimento a un «compimento» non ancora raggiunto. Prima per le divisioni ideologiche dovute alla Guerra fredda, poi per il crollo della c.d. prima Repubblica1 e per la necessità di definire le regole della seconda, oggi a causa dell’aprirsi di un nuovo scenario post elettorale che addirittura ci proietterebbe nella «terza» Repubblica, la vita politica italiana è sempre stata interpretata all’insegna dell’eccezionalità, dell’anomalia e, frequentemente, dell’emergenza. Ed è così che si è fatta strada l’idea della «transitorietà» delle scelte e delle soluzioni. Ne è nata una vera e propria narrazione della vicenda politica italiana, in cui, mentre si rinviava a un indefinito futuro il momento della raggiunta «normalità», si giustificavano soluzioni congiunturali di ogni tipo, non solo con riferimento alle formule politiche, ma anche all’interpretazione delle regole del gioco. Abbiamo assistito in questo modo, alla nascita di una «costituzione parallela», germogliata nelle maglie lasciate aperte da quella formale, che ha offerto sviluppi del tutto imprevisti e persino, all’origine, ritenuti di dubbia legittimità. Basti pensare all’assoluta centralità acquisita dal decretolegge (immaginato dai costituenti come strumento assolutamente eccezionale), alla crescita esponenziale dei poteri del presidente della Repubblica, all’aggiramento costante delle regole costituzionali sulle crisi di governo, alla ricorrente modifica delle leggi elettorali, all’assetto distorto del regionalismo, agli scontri sulla giustizia, al proliferare di legislazioni emergenziali, temporanee, provvisorie, transitorie, praticamente in ogni settore dell’ordinamento. Il volume descrive questo processo, mettendo in evidenza i caratteri di questa «Repubblica transitoria», l’influenza che essa ha avuto sui comportamenti delle forze politiche e sulle scelte fondamentali, sul modo di concepire lo stesso scontro tra le parti, segnato sempre dall’idea di un futuro incerto e minaccioso, dalla demonizzazione dell’avversario o, al contrario, dalla necessità di realizzare larghe convergenze, politicamente anomale e innaturali, all’insegna dell’emergenza e della necessità di fronteggiare insieme un pericolo imminente, si trattasse della crisi economica, del rischio terroristico, della minaccia criminale, delle grandi questioni irrisolte del Paese, come quella meridionale. Insomma, nella Repubblica transitoria c’è sempre stato un buon motivo per eludere la normalità, per rinviare il compimento istituzionale, per non «chiudere» la transizione. Un grande alibi che conviene a tanti ed esonera dalla responsabilità del cambiamento. Oggi l’Italia è di fronte a un bivio. Continuare a ritenersi una Repubblica transitoria, segnata da anomalie e ambizioni impossibili, razionalizzando l’esistente della Costituzione parallela che si è imposta, oppure assumersi la responsabilità di essere una democrazia adulta e definire un assetto politico-istituzionale coerente con i modelli più consolidati delle democrazie avanzate.
2018
Settore IUS/09 - ISTITUZIONI DI DIRITTO PUBBLICO
Italian
Rilevanza internazionale
Monografia
Costituzione; Assemblea Costituente; Forma di governo; Regionalismo; Presidente della Repubblica; Magistratura; Riforme istituzionali; Sistema politico italiano
Guzzetta, G. (2018). La Repubblica transitoria. Rubbettino.
Monografia
Guzzetta, G
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