Gli ultimi tre decenni sono stati particolarmente fecondi sotto il profilo della ricerca scientifica condotta in ambito finanziario. Eclatanti sono state, infatti, le rivelazioni emerse in tale contesto, al punto che il nostro background in materia di finanza mobiliare appare mutato in maniera radicale. Nello specifico, sono state gettate le basi per un rivolgimento concettuale che si innesta sul crescente scetticismo circa il meccanismo di funzionamento dei mercati finanziari cosi' come rappresentato dalla teoria neoclassica. Molteplici e complesse sono le argomentazioni che spingono ad analizzare la metodologia tradizionale - la Efficient Market Theory - con approccio critico: i limiti dell'arbitraggio, l'effettiva prevedibilita' (in particolari condizioni) del corso dei titoli di natura azionaria, situazioni di palese mispricing di assets finanziari. A tal proposito, una condizione di crescente e diffusa perplessita' , alimentata dai limiti evidenti imputabili alla teoria tradizionale, ha consentito la diffusione e proliferazione di una serie di studi ab origine indipendenti (ma tutti convergenti nella medesima direzione). Solo successivamente - identificate le loro palesi interconnessioni logiche ed il carattere di complementarieta' - sono stati considerati in un corpus unico (la behavioural finance). La finanza comportamentale nasce, dunque, dal naturale incontro della finanza con la psicologia cognitiva e gli studi in materia di decision making; si abbandona un assunto cardine alla base dell'approccio metodologico tradizionale - la perfetta razionalita' dei soggetti economici - dal momento che quest'ultima, insieme con l'ipotesi dei comportamenti ottimizzanti, appare inadeguata ai fini di una corretta interpretazione del meccanismo di funzionamento dei mercati finanziari. Gli agenti finanziari non sembrano infatti identificarsi con l'homo oeconomicus perfettamente razionale prospettato dalla teoria classica. L'osservazione dellâ evidenza empirica mostra, a tal proposito, l'esistenza di prove tangibili di "modelli ripetuti" di irrazionalita', incoerenza ed incompetenza nel modo in cui i soggetti assumono decisioni in condizioni di incertezza. La relazione intercorrente tra dottrina prevalente ed approccio comportamentale appare, tuttavia, di assoluta complementarieta': mentre, infatti, il "modello tradizionale" propone un quadro normativo del processo decisionale in condizioni di incertezza, la behavioural finance (concentrandosi sulle motivazioni - ed indagando le cause - che portano a scelte sub-ottimali o non ottimizzanti) fornisce una interpretazione ed un quadro descrittivo piu' efficace del comportamento assunto dai soggetti economici in ambito probabilistico
Barbato, F. (2005). Inefficient markets e behavioural finance.
Inefficient markets e behavioural finance
2005-08-02
Abstract
Gli ultimi tre decenni sono stati particolarmente fecondi sotto il profilo della ricerca scientifica condotta in ambito finanziario. Eclatanti sono state, infatti, le rivelazioni emerse in tale contesto, al punto che il nostro background in materia di finanza mobiliare appare mutato in maniera radicale. Nello specifico, sono state gettate le basi per un rivolgimento concettuale che si innesta sul crescente scetticismo circa il meccanismo di funzionamento dei mercati finanziari cosi' come rappresentato dalla teoria neoclassica. Molteplici e complesse sono le argomentazioni che spingono ad analizzare la metodologia tradizionale - la Efficient Market Theory - con approccio critico: i limiti dell'arbitraggio, l'effettiva prevedibilita' (in particolari condizioni) del corso dei titoli di natura azionaria, situazioni di palese mispricing di assets finanziari. A tal proposito, una condizione di crescente e diffusa perplessita' , alimentata dai limiti evidenti imputabili alla teoria tradizionale, ha consentito la diffusione e proliferazione di una serie di studi ab origine indipendenti (ma tutti convergenti nella medesima direzione). Solo successivamente - identificate le loro palesi interconnessioni logiche ed il carattere di complementarieta' - sono stati considerati in un corpus unico (la behavioural finance). La finanza comportamentale nasce, dunque, dal naturale incontro della finanza con la psicologia cognitiva e gli studi in materia di decision making; si abbandona un assunto cardine alla base dell'approccio metodologico tradizionale - la perfetta razionalita' dei soggetti economici - dal momento che quest'ultima, insieme con l'ipotesi dei comportamenti ottimizzanti, appare inadeguata ai fini di una corretta interpretazione del meccanismo di funzionamento dei mercati finanziari. Gli agenti finanziari non sembrano infatti identificarsi con l'homo oeconomicus perfettamente razionale prospettato dalla teoria classica. L'osservazione dellâ evidenza empirica mostra, a tal proposito, l'esistenza di prove tangibili di "modelli ripetuti" di irrazionalita', incoerenza ed incompetenza nel modo in cui i soggetti assumono decisioni in condizioni di incertezza. La relazione intercorrente tra dottrina prevalente ed approccio comportamentale appare, tuttavia, di assoluta complementarieta': mentre, infatti, il "modello tradizionale" propone un quadro normativo del processo decisionale in condizioni di incertezza, la behavioural finance (concentrandosi sulle motivazioni - ed indagando le cause - che portano a scelte sub-ottimali o non ottimizzanti) fornisce una interpretazione ed un quadro descrittivo piu' efficace del comportamento assunto dai soggetti economici in ambito probabilisticoFile | Dimensione | Formato | |
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