il saggio tratta la relazione tra regole societarie e regole fallimentari, con attenzione anche al codice della crisi di impresa. Sul piano del sistema, invero, poteva rilevarsi già anni orsono l’interferenza tra il diritto societario e il diritto della crisi 2. La necessità, anche essa sistematica, di individuare regole specifiche, o di fonte legale o di fonte interpretativa, per la società in crisi derivava dalla ovvia constatazione che il diritto dell’impresa in crisi (o fallimentare, secondo la sua tradizionale definizione) regola le obbligazioni del debitore che non può farvi fronte ed è quindi principalmente ed essenzialmente una disciplina delle obbligazioni e dell’adempimento rispetto ad un patrimonio staticamente inteso, in quanto destinato alla liquidazione 3. Ciò che è evoluto è la accettazione definitiva della prospettiva che la miglior soddisfazione dei creditori avviene (o si presume possa avvenire) non solo attraverso la ripartizione della perdita in modo redistributivo tra il ceto creditorio, ma attraverso la distribuzione del plusvalore che deriva dall’organizzazione in funzionamento, e quindi tenendo presente la prospettiva dell’attività che genera maggiori risorse rispetto a quella dei beni da liquidare. Si ha quindi sia una particolare “declinazione dei principi e delle regole societarie di amministrazione e controllo nelle situazioni di crisi” 4, sia la formazione di un diritto societario concorsuale, cioè l’insieme di disposizioni contenute nella legge fallimentare che modificano le regole del diritto societario. Tali nuove regole di diritto societario si sono rese necessarie in quanto si è assistito alla produzione normativa di regole per l’impresa in crisi (eppure non ancora dichiarata insolvente). La società è tipicamente quel debitore titolare dell’impresa in crisi, che ha a disposizione risorse per la predisposizione di piani e attestazioni per accedere agli strumenti di recupero dell’impresa che si rivolgono all’attività (e non al rapporto obbligatorio). Ci si riferisce al piano attestato ex art. 67, comma 3, lett. d), l. fall. “idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria”; al concordato preventivo; al concordato “con riserva”; al concordato con continuità aziendale, tramite i) la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore; ii) la cessione dell’azienda in esercizio; iii) il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione; agli accordi di ristrutturazione dei debiti, all’accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione di moratoria “qualificata” pari almeno al 50% dell’indebitamento complessivo. Il c.d. diritto societario della crisi è in altri termini una specifica disciplina della società nella particolare situazione (economica) che diviene fattispecie di accesso, una volta rilevata e integrata da passaggi formali (ad es. la presentazione della domanda di concordato), alla disciplina. La società è infatti debitore tipico coinvolto nella crisi (come nella individuazione di doveri degli amministratori nell’area del tramonto della attività; nella sterilizzazione della regola sul capitale ex art. 182-sexies l. fall.; nella competenza gestoria del salvataggio tramite concordato).
Giampaolino, C.f. (2020). Società a responsabilità limitata e crisi di impresa, in Ibba-Marasà, Trattato delle s.r.l.,. In carlo IBBA giorgio MARASA' (a cura di), le società a responsabilità limitata - TRATTATO DELLE S.R.L. (pp. 2771-2892). milano : giuffrè.
Società a responsabilità limitata e crisi di impresa, in Ibba-Marasà, Trattato delle s.r.l.,
GIAMPAOLINO
Writing – Review & Editing
2020-01-01
Abstract
il saggio tratta la relazione tra regole societarie e regole fallimentari, con attenzione anche al codice della crisi di impresa. Sul piano del sistema, invero, poteva rilevarsi già anni orsono l’interferenza tra il diritto societario e il diritto della crisi 2. La necessità, anche essa sistematica, di individuare regole specifiche, o di fonte legale o di fonte interpretativa, per la società in crisi derivava dalla ovvia constatazione che il diritto dell’impresa in crisi (o fallimentare, secondo la sua tradizionale definizione) regola le obbligazioni del debitore che non può farvi fronte ed è quindi principalmente ed essenzialmente una disciplina delle obbligazioni e dell’adempimento rispetto ad un patrimonio staticamente inteso, in quanto destinato alla liquidazione 3. Ciò che è evoluto è la accettazione definitiva della prospettiva che la miglior soddisfazione dei creditori avviene (o si presume possa avvenire) non solo attraverso la ripartizione della perdita in modo redistributivo tra il ceto creditorio, ma attraverso la distribuzione del plusvalore che deriva dall’organizzazione in funzionamento, e quindi tenendo presente la prospettiva dell’attività che genera maggiori risorse rispetto a quella dei beni da liquidare. Si ha quindi sia una particolare “declinazione dei principi e delle regole societarie di amministrazione e controllo nelle situazioni di crisi” 4, sia la formazione di un diritto societario concorsuale, cioè l’insieme di disposizioni contenute nella legge fallimentare che modificano le regole del diritto societario. Tali nuove regole di diritto societario si sono rese necessarie in quanto si è assistito alla produzione normativa di regole per l’impresa in crisi (eppure non ancora dichiarata insolvente). La società è tipicamente quel debitore titolare dell’impresa in crisi, che ha a disposizione risorse per la predisposizione di piani e attestazioni per accedere agli strumenti di recupero dell’impresa che si rivolgono all’attività (e non al rapporto obbligatorio). Ci si riferisce al piano attestato ex art. 67, comma 3, lett. d), l. fall. “idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria”; al concordato preventivo; al concordato “con riserva”; al concordato con continuità aziendale, tramite i) la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore; ii) la cessione dell’azienda in esercizio; iii) il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione; agli accordi di ristrutturazione dei debiti, all’accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione di moratoria “qualificata” pari almeno al 50% dell’indebitamento complessivo. Il c.d. diritto societario della crisi è in altri termini una specifica disciplina della società nella particolare situazione (economica) che diviene fattispecie di accesso, una volta rilevata e integrata da passaggi formali (ad es. la presentazione della domanda di concordato), alla disciplina. La società è infatti debitore tipico coinvolto nella crisi (come nella individuazione di doveri degli amministratori nell’area del tramonto della attività; nella sterilizzazione della regola sul capitale ex art. 182-sexies l. fall.; nella competenza gestoria del salvataggio tramite concordato).File | Dimensione | Formato | |
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