Il fascismo, subito dopo essere arrivato in modo legale al governo, ha posto all’ordine del giorno le riforme istituzionali (iniziando da quella elettorale). Mussolini presentò al Consiglio dei ministri un ordine del giorno sulla riforma elettorale, con cui si affermava da un lato l’impossibilità del ritorno al sistema uninominale, dall’altro la necessità di rivedere il sistema rigidamente proporzionale in vigore, affinché fosse garantita oltre alla rappresentanza di tutti i partiti anche la «formazione di un Governo di maggioranza parlamentare». In queste parole c’è la concezione istituzionale del fascismo: la centralità all’interno dello stato dell’istituto rappresentativo, proprio in quanto rappresentanza dei cittadini, viene abbandonata per porre a perno del sistema quel governo che indirettamente, attraverso la lista di maggioranza relativa, è legittimato dal corpo elettorale. Per Mussolini «il fine deve consigliare ed imporre il mezzo». L’elezione viene dunque concepita più come atto di selezione del Ministero che come definizione della rappresentanza, il cui ruolo, all’interno della logica fascista, è destinato a diventare secondario. Le prime leggi di rilevanza costituzionale relative al Governo vennero approvate tra la fine del 1925 (legge 24 dicembre 1925, n. 2263) e l’inizio del 1926 (legge 31 gennaio 1926 n.100). Proprio da questo momento può essere individuata una precisa caratterizzazione normativa e istituzionale del regime fascista ottenuta attraverso una modifica profonda, se pure surrettizia, del diritto pubblico italiano. Il primo di questi provvedimenti, , sulle attribuzioni e prerogative del capo del governo primo ministro segretario di Stato, definiva la posizione costituzionale del capo del governo. Sul finire del 1927 il problema istituzionale tornò prepotentemente alla ribalta e nella seduta del 10 novembre il Gran Consiglio tracciò le linee in base alle quali avrebbe dovuto riformarsi la Camera dei Deputati, rendendola consona a quella costituzione materiale che il fascismo era andato realizzando a partire dalla soppressione di tutti i partiti politici a lui avversi ed alla riduzione della rappresentanza nazionale ad organo sostanzialmente consultivo. Nel corso degli anni ‘30 anche gli ultimi residui della concezione liberaldemocratica della rappresentanza politica furono cancellati e, con la legge istitutiva della Camera dei fasci e delle corporazioni (legge 19 gennaio 1939, n. 129), l’organo legislativo cessò di essere eletto. La commissione che studiò il progetto, colse nel segno, quando affermò che la nuova legge elettorale doveva essere un ponte verso una vera forma di stato “fascista”. L’istituzione delle corporazioni nel 1934 aprì la strada ad un’ulteriore revisione della rappresentanza, ma non si trattava di una riflessione teorica, bisognava impostare le basi di una nuova Camera corporativa.

Cecili, M. (2019). «La nave è guidata da un pilota e non dall’equipaggio». Le riforme istituzionali del ventennio fascista, tra degenerazione del parlamentarismo e retaggi dell’età liberale. In L. Tedoldi (a cura di), Il Presidente del Consiglio dei Ministri dallo Stato liberale democratico fino all’Unione europea (pp. 111-132). Milano : Biblion Edizioni.

«La nave è guidata da un pilota e non dall’equipaggio». Le riforme istituzionali del ventennio fascista, tra degenerazione del parlamentarismo e retaggi dell’età liberale

Cecili, M
2019-12-01

Abstract

Il fascismo, subito dopo essere arrivato in modo legale al governo, ha posto all’ordine del giorno le riforme istituzionali (iniziando da quella elettorale). Mussolini presentò al Consiglio dei ministri un ordine del giorno sulla riforma elettorale, con cui si affermava da un lato l’impossibilità del ritorno al sistema uninominale, dall’altro la necessità di rivedere il sistema rigidamente proporzionale in vigore, affinché fosse garantita oltre alla rappresentanza di tutti i partiti anche la «formazione di un Governo di maggioranza parlamentare». In queste parole c’è la concezione istituzionale del fascismo: la centralità all’interno dello stato dell’istituto rappresentativo, proprio in quanto rappresentanza dei cittadini, viene abbandonata per porre a perno del sistema quel governo che indirettamente, attraverso la lista di maggioranza relativa, è legittimato dal corpo elettorale. Per Mussolini «il fine deve consigliare ed imporre il mezzo». L’elezione viene dunque concepita più come atto di selezione del Ministero che come definizione della rappresentanza, il cui ruolo, all’interno della logica fascista, è destinato a diventare secondario. Le prime leggi di rilevanza costituzionale relative al Governo vennero approvate tra la fine del 1925 (legge 24 dicembre 1925, n. 2263) e l’inizio del 1926 (legge 31 gennaio 1926 n.100). Proprio da questo momento può essere individuata una precisa caratterizzazione normativa e istituzionale del regime fascista ottenuta attraverso una modifica profonda, se pure surrettizia, del diritto pubblico italiano. Il primo di questi provvedimenti, , sulle attribuzioni e prerogative del capo del governo primo ministro segretario di Stato, definiva la posizione costituzionale del capo del governo. Sul finire del 1927 il problema istituzionale tornò prepotentemente alla ribalta e nella seduta del 10 novembre il Gran Consiglio tracciò le linee in base alle quali avrebbe dovuto riformarsi la Camera dei Deputati, rendendola consona a quella costituzione materiale che il fascismo era andato realizzando a partire dalla soppressione di tutti i partiti politici a lui avversi ed alla riduzione della rappresentanza nazionale ad organo sostanzialmente consultivo. Nel corso degli anni ‘30 anche gli ultimi residui della concezione liberaldemocratica della rappresentanza politica furono cancellati e, con la legge istitutiva della Camera dei fasci e delle corporazioni (legge 19 gennaio 1939, n. 129), l’organo legislativo cessò di essere eletto. La commissione che studiò il progetto, colse nel segno, quando affermò che la nuova legge elettorale doveva essere un ponte verso una vera forma di stato “fascista”. L’istituzione delle corporazioni nel 1934 aprì la strada ad un’ulteriore revisione della rappresentanza, ma non si trattava di una riflessione teorica, bisognava impostare le basi di una nuova Camera corporativa.
dic-2019
Settore IUS/09 - ISTITUZIONI DI DIRITTO PUBBLICO
Italian
Rilevanza nazionale
Articolo scientifico in atti di convegno
fascismo; riforme istituzionali
Cecili, M. (2019). «La nave è guidata da un pilota e non dall’equipaggio». Le riforme istituzionali del ventennio fascista, tra degenerazione del parlamentarismo e retaggi dell’età liberale. In L. Tedoldi (a cura di), Il Presidente del Consiglio dei Ministri dallo Stato liberale democratico fino all’Unione europea (pp. 111-132). Milano : Biblion Edizioni.
Cecili, M
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