La disposizione del comma 3 dell’art. 2486 prevede che – ferma la responsabilità per i danni arrecati alla società, ai soci, ai creditori sociali ed ai terzi – «quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto (...) in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione». Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura. L’oggetto del presente lavoro è la verifica dell’ambito di applicazione del comma 3 dell’art. 2486 c.c. che apparentemente intenderebbe semplificare la quantificazione dei danni derivanti dalla violazione del precetto del comma 1. Si vedrà che i) l’art. 2486, comma 3, c.c. quantifica il solo danno al patrimonio sociale e non è utile per la violazione dei poteri che arreca danni ai creditori, fuori da una procedura concorsuale, ai soci e ai terzi; ii) in contrasto con gli sforzi eziologici delle sentenze della S.C. degli ultimi danni, i danni quantificati ex art. 2486, comma 3, costituiscono una liquidazione “automatica” del danno al patrimonio sociale (ma non della imputazione della responsabilità), secondo una scelta di politica legislativa di deterrenza, piuttosto che di reintegrazione; iii) l’ammontare dei costi (e non delle spese) di liquidazione non si presume e quindi riapre una discrezionale (che può essere equitativa o arbitraria) determinazione degli stessi; iv) la presentazione della domanda di concordato in continuità (e non di quello di liquidazione) disapplica, più che sospende, i doveri di gestire ex art. 2486, comma 1, c.c., ma al verificarsi della chiusura della procedura diversa dall’omologazione gli atti compiuti rimangono non scrutinabili secondo quei doveri.
IL “DANNO” EX ART. 2486 C.C. (CON ALCUNE CONSIDERAZIONI IN TEMA DI CONCORDATO PREVENTIVO E DISCREZIONALITÀ AMMINISTRATIVA
GIAMPAOLINO
2020-03-01
Abstract
La disposizione del comma 3 dell’art. 2486 prevede che – ferma la responsabilità per i danni arrecati alla società, ai soci, ai creditori sociali ed ai terzi – «quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto (...) in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione». Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura. L’oggetto del presente lavoro è la verifica dell’ambito di applicazione del comma 3 dell’art. 2486 c.c. che apparentemente intenderebbe semplificare la quantificazione dei danni derivanti dalla violazione del precetto del comma 1. Si vedrà che i) l’art. 2486, comma 3, c.c. quantifica il solo danno al patrimonio sociale e non è utile per la violazione dei poteri che arreca danni ai creditori, fuori da una procedura concorsuale, ai soci e ai terzi; ii) in contrasto con gli sforzi eziologici delle sentenze della S.C. degli ultimi danni, i danni quantificati ex art. 2486, comma 3, costituiscono una liquidazione “automatica” del danno al patrimonio sociale (ma non della imputazione della responsabilità), secondo una scelta di politica legislativa di deterrenza, piuttosto che di reintegrazione; iii) l’ammontare dei costi (e non delle spese) di liquidazione non si presume e quindi riapre una discrezionale (che può essere equitativa o arbitraria) determinazione degli stessi; iv) la presentazione della domanda di concordato in continuità (e non di quello di liquidazione) disapplica, più che sospende, i doveri di gestire ex art. 2486, comma 1, c.c., ma al verificarsi della chiusura della procedura diversa dall’omologazione gli atti compiuti rimangono non scrutinabili secondo quei doveri.File | Dimensione | Formato | |
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Giampaolino - Studi in onore di Cagnasso - La società a responsabilità limitata_ un modello transtipico alla prova del Codice della Crisi.pdf
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