L’esistenza di una relazione fra evoluzione demografica, sviluppo socio-economico e salute, come argomentato nel capitolo 1, è ben documentata: relazione peraltro molto complessa, specialmente nei suoi nessi causali, sui quali il dibattito scientifico non è ancora arrivato a posizioni condivise. Senza pretesa di entrare nella complessa questione cennata, di seguito si tenta di fornire una prima indicazione sugli esiti di salute nelle diverse realtà regionali del nostro Paese, valutandoli alla luce dei diversi livelli di sviluppo socio-economico. Il quadro generale appare decisamente positivo. In termini di speranza di vita, sia alla nascita che a 65 anni, l’Italia risulta essere il secondo miglior Paese europeo, sopravanzata solo dalla Spagna; rispetto alla media europea registriamo una maggiore aspettativa di vita di 2,4 anni alla nascita, e di 1,3 anni a 65 anni. Va aggiunto che il dato è in continuo miglioramento negli ultimi anni. Un italiano (al 2016) può sperare di vivere in assenza di malattie invalidanti sino a 58,8 anni, valore che ha registrato un incremento di 1 anno negli ultimi dieci anni. Anche per questo indicatore l’Italia si colloca tra i primi posti a livello europeo: la speranza di vivere in buona salute è maggiore della media europea (EU) di +3,6 anni per gli uomini e +3,0 per le donne; rispetto, ad esempio, alla Francia, sono 4,1 anni in più per gli uomini e 3,1 per le donne, alla Spagna 1,2 anni in più per gli uomini e +0,7 per le donne, alla Germania, 1,1 anni in più per gli uomini e 0,1 in meno per le donne. Un miglioramento si è registrato anche se valutato in termini di disabilità: la speranza di vita senza limitazioni nelle attività quotidiane, a 65 anni, assume un valore in Italia pari a 9,8 anni (2016), in aumento rispetto al 2010 di quasi un anno. Rispetto ai Paesi EU, l’Italia assume un valore inferiore di -0,2 anni. L’incidenza grezza della cronicità risulta essere maggiore di quella media europea: ma evidentemente questo dato è da mettere in relazione con la maggiore età media della popolazione italiana e non solo. In Italia vi è una quota elevata di ultra 80enni (6,5% vs 5,3% dell’EU) e una minore quota di persone “istituzionalizzate”, ossia ospiti nelle case di cura, che si riscontra rispetto ad altri Paesi europei in cui l’assistenza socio-sanitaria del sistema di welfare è erogata maggiormente attraverso la fornitura di servizi e strutture di accoglienza residenziale invece che da sussidi economici come avviene nel nostro Paese (2,0% Italia vs 4,0% Svezia). In ogni caso, tra il 2013 e il 2015 si registra un aumento del 1,3% delle persone che dichiarano di avere almeno una malattia cronica grave, con l’eccezione del Nord-Est, dove si registra una lieve riduzione (-0,2 persone ogni 100). Il tasso di mortalità infantile in Italia (dato 2015) risulta essere pari a 2,9 decessi ogni 1.000 nati vivi, a fronte di un valore medio europeo di 3,6. L’Italia si colloca tra i migliori Paesi europei anche in tema di decessi evitabili (93,0 decessi ogni 100.000 abitanti): 34,0 decessi in meno rispetto alla media europea. Anche per questo valore nell’ultimo biennio disponibile (2014-2015) si riscontra un miglioramento significativo, pari a 2,7 decessi evitabili.

Carrieri, C., Spandonaro, F. (2018). Esiti di Salute - Cap.4c. In 14° Rapporto Sanità (pp. 178-200). Locorotondo.

Esiti di Salute - Cap.4c

F. Spandonaro
2018-01-01

Abstract

L’esistenza di una relazione fra evoluzione demografica, sviluppo socio-economico e salute, come argomentato nel capitolo 1, è ben documentata: relazione peraltro molto complessa, specialmente nei suoi nessi causali, sui quali il dibattito scientifico non è ancora arrivato a posizioni condivise. Senza pretesa di entrare nella complessa questione cennata, di seguito si tenta di fornire una prima indicazione sugli esiti di salute nelle diverse realtà regionali del nostro Paese, valutandoli alla luce dei diversi livelli di sviluppo socio-economico. Il quadro generale appare decisamente positivo. In termini di speranza di vita, sia alla nascita che a 65 anni, l’Italia risulta essere il secondo miglior Paese europeo, sopravanzata solo dalla Spagna; rispetto alla media europea registriamo una maggiore aspettativa di vita di 2,4 anni alla nascita, e di 1,3 anni a 65 anni. Va aggiunto che il dato è in continuo miglioramento negli ultimi anni. Un italiano (al 2016) può sperare di vivere in assenza di malattie invalidanti sino a 58,8 anni, valore che ha registrato un incremento di 1 anno negli ultimi dieci anni. Anche per questo indicatore l’Italia si colloca tra i primi posti a livello europeo: la speranza di vivere in buona salute è maggiore della media europea (EU) di +3,6 anni per gli uomini e +3,0 per le donne; rispetto, ad esempio, alla Francia, sono 4,1 anni in più per gli uomini e 3,1 per le donne, alla Spagna 1,2 anni in più per gli uomini e +0,7 per le donne, alla Germania, 1,1 anni in più per gli uomini e 0,1 in meno per le donne. Un miglioramento si è registrato anche se valutato in termini di disabilità: la speranza di vita senza limitazioni nelle attività quotidiane, a 65 anni, assume un valore in Italia pari a 9,8 anni (2016), in aumento rispetto al 2010 di quasi un anno. Rispetto ai Paesi EU, l’Italia assume un valore inferiore di -0,2 anni. L’incidenza grezza della cronicità risulta essere maggiore di quella media europea: ma evidentemente questo dato è da mettere in relazione con la maggiore età media della popolazione italiana e non solo. In Italia vi è una quota elevata di ultra 80enni (6,5% vs 5,3% dell’EU) e una minore quota di persone “istituzionalizzate”, ossia ospiti nelle case di cura, che si riscontra rispetto ad altri Paesi europei in cui l’assistenza socio-sanitaria del sistema di welfare è erogata maggiormente attraverso la fornitura di servizi e strutture di accoglienza residenziale invece che da sussidi economici come avviene nel nostro Paese (2,0% Italia vs 4,0% Svezia). In ogni caso, tra il 2013 e il 2015 si registra un aumento del 1,3% delle persone che dichiarano di avere almeno una malattia cronica grave, con l’eccezione del Nord-Est, dove si registra una lieve riduzione (-0,2 persone ogni 100). Il tasso di mortalità infantile in Italia (dato 2015) risulta essere pari a 2,9 decessi ogni 1.000 nati vivi, a fronte di un valore medio europeo di 3,6. L’Italia si colloca tra i migliori Paesi europei anche in tema di decessi evitabili (93,0 decessi ogni 100.000 abitanti): 34,0 decessi in meno rispetto alla media europea. Anche per questo valore nell’ultimo biennio disponibile (2014-2015) si riscontra un miglioramento significativo, pari a 2,7 decessi evitabili.
2018
Settore SECS-P/06 - ECONOMIA APPLICATA
English
Italian
Rilevanza internazionale
Capitolo o saggio
Carrieri, C., Spandonaro, F. (2018). Esiti di Salute - Cap.4c. In 14° Rapporto Sanità (pp. 178-200). Locorotondo.
Carrieri, C; Spandonaro, F
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