Il dibattito sulle politiche del personale ha recentemente visto invertirsi completamente il suo focus: dopo anni di interventi tesi a contenere la crescita della spesa, funzionali al risanamento finanziario dei Servizi Sanitari Regionali (SSR), è emerso con decisione il problema del ricambio degli organici e del connesso rischio di carenze. La mancanza di una adeguata programmazione dei fabbisogni appare evidente; ma ciò che più conta è che ci si è lanciati alla ricerca di soluzioni alla paventata carenza di personale, principalmente medico, senza colmare propedeuticamente le carenze di informazione, che hanno sinora impedito, come anticipato, una adeguata programmazione. Seppure con il limite di un approccio aggregato, ovvero su dati regionali che non arrivano al dettaglio professionale che sarebbe auspicabile, nel presente contributo si tenta di fornire un quadro organico dell’evoluzione degli organici e della relativa spesa, al fine di supportare le politiche future del settore. Vale la pena di iniziare ricordando come la Legge (L.) n. 296/96 del 2006 (Legge finanziaria 2017), in pieno sviluppo della spending review, pose un tetto alla spesa del personale dipendente del Servizio Sanitario Nazionale, fissato nella misura del livello 2004 ridotto dell’1,4%; la riduzione è stata poi portata all’1,3%, sempre della spesa 2004, con la L. n. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018). Di recente il legislatore è nuovamente intervenuto con un accordo tra Ministero della Salute, Mef, PA e Regioni (Articolo X “Disposizioni in materia di spesa per il personale del Servizio sanitario nazionale”) “sbloccando” il tetto, che viene fissato al livello di spesa del personale del 2018, incrementato annualmente di un importo pari al 5% dell’incremento registrato dal Fondo sanitario. Alle Regioni è poi lasciata facoltà di incrementare ulteriormente i limiti fino ad un ammontare pari alla riduzione strutturale della spesa già sostenuta per i servizi sanitari esternalizzati. In altri termini, si passa da un limite superiore statico nel tempo, ad un limite che cresce dinamicamente in proporzione ai maggiori finanziamenti accordati al settore sanitario. Si noti che entrambe le legislazioni citate, quella vigente e quella del 2006, impongono tetti che non prendono in considerazione la composizione degli organici (si applicano al personale dipendente nel complesso senza alcuna specificazione), non definiscono standard di personale funzionali al buon funzionamento delle strutture e, infine, non considerano i diversi “punti di partenza” (consistenza dell’offerta) delle Regioni. Di seguito proveremo, in successione, ad analizzare se, e in che misura, sia stato rispettato il tetto imposto nel 2017; i motivi degli eventuali scostamenti; la modificazione del rapporto fra personale e bisogni operativi delle strutture ospedaliere e territoriali; le diversità regionali in tema di organici
D'Angela, D., Spandonaro, F. (2019). Politiche del personale - Cap. 3b. In 15° Rapporto Sanità (pp. 143-156). Locorotondo.
Politiche del personale - Cap. 3b
F. Spandonaro
2019-01-01
Abstract
Il dibattito sulle politiche del personale ha recentemente visto invertirsi completamente il suo focus: dopo anni di interventi tesi a contenere la crescita della spesa, funzionali al risanamento finanziario dei Servizi Sanitari Regionali (SSR), è emerso con decisione il problema del ricambio degli organici e del connesso rischio di carenze. La mancanza di una adeguata programmazione dei fabbisogni appare evidente; ma ciò che più conta è che ci si è lanciati alla ricerca di soluzioni alla paventata carenza di personale, principalmente medico, senza colmare propedeuticamente le carenze di informazione, che hanno sinora impedito, come anticipato, una adeguata programmazione. Seppure con il limite di un approccio aggregato, ovvero su dati regionali che non arrivano al dettaglio professionale che sarebbe auspicabile, nel presente contributo si tenta di fornire un quadro organico dell’evoluzione degli organici e della relativa spesa, al fine di supportare le politiche future del settore. Vale la pena di iniziare ricordando come la Legge (L.) n. 296/96 del 2006 (Legge finanziaria 2017), in pieno sviluppo della spending review, pose un tetto alla spesa del personale dipendente del Servizio Sanitario Nazionale, fissato nella misura del livello 2004 ridotto dell’1,4%; la riduzione è stata poi portata all’1,3%, sempre della spesa 2004, con la L. n. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018). Di recente il legislatore è nuovamente intervenuto con un accordo tra Ministero della Salute, Mef, PA e Regioni (Articolo X “Disposizioni in materia di spesa per il personale del Servizio sanitario nazionale”) “sbloccando” il tetto, che viene fissato al livello di spesa del personale del 2018, incrementato annualmente di un importo pari al 5% dell’incremento registrato dal Fondo sanitario. Alle Regioni è poi lasciata facoltà di incrementare ulteriormente i limiti fino ad un ammontare pari alla riduzione strutturale della spesa già sostenuta per i servizi sanitari esternalizzati. In altri termini, si passa da un limite superiore statico nel tempo, ad un limite che cresce dinamicamente in proporzione ai maggiori finanziamenti accordati al settore sanitario. Si noti che entrambe le legislazioni citate, quella vigente e quella del 2006, impongono tetti che non prendono in considerazione la composizione degli organici (si applicano al personale dipendente nel complesso senza alcuna specificazione), non definiscono standard di personale funzionali al buon funzionamento delle strutture e, infine, non considerano i diversi “punti di partenza” (consistenza dell’offerta) delle Regioni. Di seguito proveremo, in successione, ad analizzare se, e in che misura, sia stato rispettato il tetto imposto nel 2017; i motivi degli eventuali scostamenti; la modificazione del rapporto fra personale e bisogni operativi delle strutture ospedaliere e territoriali; le diversità regionali in tema di organici| File | Dimensione | Formato | |
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