rilettura della politica sanitaria nazionale di questo ultimo anno porta a formulare un giudizio sostanzialmente ambivalente: per un verso si potrebbe concludere che il dibattito si sia ulteriormente impoverito, concentrando tutta l’attenzione su aspetti che, per quanto essenziali per il funzionamento del sistema, non incidono sulle strategie generali; ci riferiamo ad esempio all’aggiornamento dei LEA, o al nuovo Piano di prevenzione vaccinale, la cui importanza è indiscutibile, ma che si riferiscono a technicalities di sistema, aggirando temi centrali quali quello (nel primo caso) del livello di servizio al quale il SSN vuole tendere, o del livello di sussidiarietà (nel secondo caso) a cui si ispira. Si può però affrontare la questione da una diversa prospettiva, concludendo che sia stato invece definitivamente individuato come elemento maggiormente rilevante quello dei rapporti fra centro e periferia, ovvero Stato e Regioni, e che il dibattito sia solo rimasto sopito in attesa del redde rationem, rappresentato dal quesito referendario sulla riforma costituzionale. Sebbene non sia evidentemente il tema unico o centrale, quello del rapporto fra Stato e Regioni è, infatti, parte essenziale del dibattito; e il fatto che la funzione delle Regioni coincida largamente con la gestione della Sanità, rende il settore ancora una volta cruciale per l’evoluzione politico- istituzionale. Per semplificare il quadro, potremmo allora riassumere la “questione sanitaria” attuale, in tre domande: 1. è finita l’emergenza economico-finanziaria? 2. sono risolvibili le evidenti differenze quali-quantitative che caratterizzano i SSR? 3. è ulteriormente sostenibile il sistema attuale? Sul primo punto, che ha caratterizzato tutta la politica sanitaria e le riforme del comparto degli anni ’90 fino alla riforma del Titolo V del 2001, la risposta sembra essere ormai largamente condivisa e affermativa, tanto da rimanere per lo più implicita nel dibattito. Sul secondo punto la bagarre politica intorno al referendum - previsto per il 4 dicembre, il cui risultato non è noto alla data in cui scriviamo - ci ritorna nei fatti una valutazione altrettanto condivisa, si potrebbe anche dire trasversale: si mette implicitamente sotto accusa il Federalismo, considerato dai più reo di avere generato “21 Sistemi Sanitari Regionali”, ovvero avere allargato le disparità fra le Regioni. Il terzo punto viene, invece, del tutto rimosso, evidentemente scontando una risposta implicitamente affermativa, probabilmente basata sull’idea che le disparità regionali siano l’unico vero rischio di implosione del sistema. Se il quadro descritto, sebbene con qualche forzata semplificazione, è considerabile esplicativo del momento attuale del dibattito di politica sanitaria, appare allora evidente come si sia formato a livello politico un fronte, compatto e trasversale, che ritiene il sistema attuale sostanzialmente adeguato, seppure subordinatamente ad un necessario “restyling” dei rapporti fra Stato e Regioni. La trasversalità della posizione genera un evidente “conformismo”, che in ultima istanza spiega l’apparente assenza di dibattito sul futuro della Sanità: sotto la “brace” cova, però, un conflitto (anch’esso del tutto trasversale), ma fra politica regionale e centrale: rimane per ora soffocato dalla più ampia partita politica rappresentata dal referendum, ma è certamente pronto a riaccendersi appena quest’ultimo sia stato espletato, quale che ne sarà il risultato. Le avvisaglie del conflitto latente fra Stato e Regioni già si sono manifestate: ad esempio, non appena si è giornalisticamente paventato che, nella Legge di Bilancio, le risorse programmate per la Sanità sarebbero state ridotte (anche quest’anno), le Regioni compatte hanno minacciato di impugnare l’accordo sui nuovi LEA. La sfida è allora provare a rianalizzare le questioni sopra proposte, sia per fornire una valutazione oggettiva sulla correttezza delle posizioni attualmente predominanti, sia per provare a disegnare gli scenari futuri della Sanità e, ove possibile, indicare ai decision maker qualche soluzione alternativa a quelle (se ci sono) attualmente proposte.
Spandonaro, F. (2016). INTRODUZIONE: La Sanità tra equilibri istituzionali e sociali. In 12° Rapporto Sanità. Mediaticamente.
INTRODUZIONE: La Sanità tra equilibri istituzionali e sociali
Spandonaro
2016-01-01
Abstract
rilettura della politica sanitaria nazionale di questo ultimo anno porta a formulare un giudizio sostanzialmente ambivalente: per un verso si potrebbe concludere che il dibattito si sia ulteriormente impoverito, concentrando tutta l’attenzione su aspetti che, per quanto essenziali per il funzionamento del sistema, non incidono sulle strategie generali; ci riferiamo ad esempio all’aggiornamento dei LEA, o al nuovo Piano di prevenzione vaccinale, la cui importanza è indiscutibile, ma che si riferiscono a technicalities di sistema, aggirando temi centrali quali quello (nel primo caso) del livello di servizio al quale il SSN vuole tendere, o del livello di sussidiarietà (nel secondo caso) a cui si ispira. Si può però affrontare la questione da una diversa prospettiva, concludendo che sia stato invece definitivamente individuato come elemento maggiormente rilevante quello dei rapporti fra centro e periferia, ovvero Stato e Regioni, e che il dibattito sia solo rimasto sopito in attesa del redde rationem, rappresentato dal quesito referendario sulla riforma costituzionale. Sebbene non sia evidentemente il tema unico o centrale, quello del rapporto fra Stato e Regioni è, infatti, parte essenziale del dibattito; e il fatto che la funzione delle Regioni coincida largamente con la gestione della Sanità, rende il settore ancora una volta cruciale per l’evoluzione politico- istituzionale. Per semplificare il quadro, potremmo allora riassumere la “questione sanitaria” attuale, in tre domande: 1. è finita l’emergenza economico-finanziaria? 2. sono risolvibili le evidenti differenze quali-quantitative che caratterizzano i SSR? 3. è ulteriormente sostenibile il sistema attuale? Sul primo punto, che ha caratterizzato tutta la politica sanitaria e le riforme del comparto degli anni ’90 fino alla riforma del Titolo V del 2001, la risposta sembra essere ormai largamente condivisa e affermativa, tanto da rimanere per lo più implicita nel dibattito. Sul secondo punto la bagarre politica intorno al referendum - previsto per il 4 dicembre, il cui risultato non è noto alla data in cui scriviamo - ci ritorna nei fatti una valutazione altrettanto condivisa, si potrebbe anche dire trasversale: si mette implicitamente sotto accusa il Federalismo, considerato dai più reo di avere generato “21 Sistemi Sanitari Regionali”, ovvero avere allargato le disparità fra le Regioni. Il terzo punto viene, invece, del tutto rimosso, evidentemente scontando una risposta implicitamente affermativa, probabilmente basata sull’idea che le disparità regionali siano l’unico vero rischio di implosione del sistema. Se il quadro descritto, sebbene con qualche forzata semplificazione, è considerabile esplicativo del momento attuale del dibattito di politica sanitaria, appare allora evidente come si sia formato a livello politico un fronte, compatto e trasversale, che ritiene il sistema attuale sostanzialmente adeguato, seppure subordinatamente ad un necessario “restyling” dei rapporti fra Stato e Regioni. La trasversalità della posizione genera un evidente “conformismo”, che in ultima istanza spiega l’apparente assenza di dibattito sul futuro della Sanità: sotto la “brace” cova, però, un conflitto (anch’esso del tutto trasversale), ma fra politica regionale e centrale: rimane per ora soffocato dalla più ampia partita politica rappresentata dal referendum, ma è certamente pronto a riaccendersi appena quest’ultimo sia stato espletato, quale che ne sarà il risultato. Le avvisaglie del conflitto latente fra Stato e Regioni già si sono manifestate: ad esempio, non appena si è giornalisticamente paventato che, nella Legge di Bilancio, le risorse programmate per la Sanità sarebbero state ridotte (anche quest’anno), le Regioni compatte hanno minacciato di impugnare l’accordo sui nuovi LEA. La sfida è allora provare a rianalizzare le questioni sopra proposte, sia per fornire una valutazione oggettiva sulla correttezza delle posizioni attualmente predominanti, sia per provare a disegnare gli scenari futuri della Sanità e, ove possibile, indicare ai decision maker qualche soluzione alternativa a quelle (se ci sono) attualmente proposte.File | Dimensione | Formato | |
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