Il rischio dell’errore, insito in ogni attività umana che implichi la formulazione di un giudizio, e l’esigenza di giustizia che inevitabilmente scaturisce dalla sua constatazione hanno indotto i legislatori di ogni epoca a predi-sporre rimedi contro le decisioni giudiziarie rivelatesi manifestamente errate ed ingiuste. Non sempre è stata, però, univoca la delimitazione della categoria dell’errore meritevole di riparazione. E, anche a fronte della convinzione che la condanna dell’innocente fosse di per sé sola argomento sufficiente a dar conto del contenuto minimo del concetto di errore, non sempre è stata congrua la scelta dei rimedi per rilevarlo e per rimuoverlo. Nel nostro Paese, i casi di giudizi di revisione che hanno condotto al riconoscimento di errori giudiziari sono statisticamente esigui. Non che sia frequenza rara il verificarsi dell’errore. Il problema attiene, piuttosto, all’idoneità dei meccanismi apprestati per correggerlo. Essendo buona parte degli errori destinata a rimanere sconosciuta, le statistiche non offrono informazioni sicure. Anzi, il dato statistico induce a ritenere che, in un numero rilevante di casi, persone innocenti siano state ingiustamente condannate, senza che l’errore giudiziario sia stato accertato. Non vi è dubbio, perciò, che la dimensione del fenomeno sia assai più vasta di quanto generalmente si creda. Tormentato e spesso osteggiato è stato, inoltre, il percorso teso a far confluire nell’alveo del concetto di errore giudiziario anche le ipotesi di ingiusta detenzione cautelare, percorso che, solo con il codice vigente, è stato ricondotto su binari compatibili con gli orizzonti costituzionali. Resta, dunque, attuale la più viva attenzione su questo tema – antico e, pur tuttavia, ancora travagliato – che si ritiene di dover affrontare muovendo dal processo di cognizione (ma senza trascurare il non meno delicato settore della giurisdizione cautelare), al precipuo fine di verificare se e come le sue dinamiche diano conto, attraverso i momenti della prevenzione, della correzione e della riparazione, di una lotta finalmente efficace. Il Volume, dunque, prendendo le mosse dalle garanzie costituzionali, affronta le tematiche della "prevenzione" e della "correzione" dell'errore giudiziario, analizzando criticamente, anche alla luce dei moniti della Corte europea, gli istituti attraverso i quali l'ordinamento mira ad evitare ed a porre rimedio all'ingiusta condanna ed all'ingiusta detenzione dell'imputato. Si passa, poi, ad esaminare il momento della "riparazione" dell'errore, per evidenziare le lacune della disciplina vigente e ricostruire gli orientamenti giurisprudenziali in merito alla quantificazione dell'indennizzo.
Troisi, P. (2011). L'errore giudiziario tra garanzie costituzionali e sistema processuale. Padova : Cedam.
L'errore giudiziario tra garanzie costituzionali e sistema processuale
Troisi, P
2011-05-01
Abstract
Il rischio dell’errore, insito in ogni attività umana che implichi la formulazione di un giudizio, e l’esigenza di giustizia che inevitabilmente scaturisce dalla sua constatazione hanno indotto i legislatori di ogni epoca a predi-sporre rimedi contro le decisioni giudiziarie rivelatesi manifestamente errate ed ingiuste. Non sempre è stata, però, univoca la delimitazione della categoria dell’errore meritevole di riparazione. E, anche a fronte della convinzione che la condanna dell’innocente fosse di per sé sola argomento sufficiente a dar conto del contenuto minimo del concetto di errore, non sempre è stata congrua la scelta dei rimedi per rilevarlo e per rimuoverlo. Nel nostro Paese, i casi di giudizi di revisione che hanno condotto al riconoscimento di errori giudiziari sono statisticamente esigui. Non che sia frequenza rara il verificarsi dell’errore. Il problema attiene, piuttosto, all’idoneità dei meccanismi apprestati per correggerlo. Essendo buona parte degli errori destinata a rimanere sconosciuta, le statistiche non offrono informazioni sicure. Anzi, il dato statistico induce a ritenere che, in un numero rilevante di casi, persone innocenti siano state ingiustamente condannate, senza che l’errore giudiziario sia stato accertato. Non vi è dubbio, perciò, che la dimensione del fenomeno sia assai più vasta di quanto generalmente si creda. Tormentato e spesso osteggiato è stato, inoltre, il percorso teso a far confluire nell’alveo del concetto di errore giudiziario anche le ipotesi di ingiusta detenzione cautelare, percorso che, solo con il codice vigente, è stato ricondotto su binari compatibili con gli orizzonti costituzionali. Resta, dunque, attuale la più viva attenzione su questo tema – antico e, pur tuttavia, ancora travagliato – che si ritiene di dover affrontare muovendo dal processo di cognizione (ma senza trascurare il non meno delicato settore della giurisdizione cautelare), al precipuo fine di verificare se e come le sue dinamiche diano conto, attraverso i momenti della prevenzione, della correzione e della riparazione, di una lotta finalmente efficace. Il Volume, dunque, prendendo le mosse dalle garanzie costituzionali, affronta le tematiche della "prevenzione" e della "correzione" dell'errore giudiziario, analizzando criticamente, anche alla luce dei moniti della Corte europea, gli istituti attraverso i quali l'ordinamento mira ad evitare ed a porre rimedio all'ingiusta condanna ed all'ingiusta detenzione dell'imputato. Si passa, poi, ad esaminare il momento della "riparazione" dell'errore, per evidenziare le lacune della disciplina vigente e ricostruire gli orientamenti giurisprudenziali in merito alla quantificazione dell'indennizzo.File | Dimensione | Formato | |
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