Nato a Bergamo il 23 ottobre 1934 e oggi professore emerito di filosofia teoretica presso l’Università di Genova, Evandro Agazzi ha ricoperto cariche di grande prestigio, tra le quali le presidenze della Società Filosofica Italiana, della Società Italiana di Logica e Filosofia delle Scienze, della Société Suisse de Logique et Philosophie des Sciences, della Académie Internationale de Philosophie des Sciences, dello Institut International de Philosophie e dell’organizzazione filosofica più globale, la Fédération Internationale des Sociétés de Philosophie. Ha inoltre diretto il Centro di Studi sulla Filosofia Contemporanea del CNR ed è stato membro del Comitato Nazionale di Bioetica. Dottore honoris causae di cinque università, ha pubblicato una settantina di volumi e centinaia e centinaia di articoli (la bibliografia preparata da Fabio Minazzi, alle pp. 1353-1402, riporta 1008 titoli fino al 2006). Quel che è più notevole, è che Agazzi continua a essere straordinariamente attivo, come si vede dalla brillante intervista rilasciata a Giuseppe Bertagna, Scienza (La Scuola, Brescia 2008) e dalla bella monografia, Le rivoluzioni scientifiche e il mondo moderno (Fondazione Achille e Giulia Boroli, s.l. 2008). Memorabili, infine, le due conferenze tenute al 22nd World Congress of Philosophy di Seoul nell’agosto 2008, la prima in una delle quattro sessioni plenarie e la seconda nella sessione offerta dallo Institut International de Philosophie, nelle quali Agazzi ha ribadito come ai filosofi spetti oggi il compito di creare le condizioni di un dialogo interculturale che non sia viziato da pretese assolutistiche o egemoniche. Tutte le culture sono infatti relative, nelle epoche della storia e negli spazi delle regioni del mondo. Nemmeno l’idea di ragione è neutrale: la conoscenza, verrebbe da dire citando Giulio Preti, non è mai radicale, ma sempre in qualche modo situata. Le ragioni che giustificano la pubblicazione di una Festschrift tanto impegnativa, nota Fabio Minazzi nella sua prefazione, risiedono nei molteplici problemi affrontati e discussi da Agazzi (p. 15), che in una prima fase della sua ricerca si occupa di fondamenti della matematica e di logica matematica (p. 16), per poi passare alle scienze empiriche, con speciale riguardo alla fisica, per la quale Agazzi ha sviluppato un’originale teoria dell’oggettività distinguendo un senso “debole”, secondo il quale le proposizioni scientifiche sono oggettive in quanto “intersoggettive”, e un senso “forte”, per proposizioni che si riferiscono a ben precisi “ambiti di oggetti” (p. 17). In seguito, Agazzi ha sottolineato la contestualizzazione storica e sociale della scienza, ma non per ricavarne conclusioni relativistiche, bensì per dar valore al fatto che le oggettivazioni scientifiche colgono quanto “oggettivamente” può emergere sotto determinate condizioni storico-culturali di indagine della realtà (p. 19). Una tale dilatazione di orizzonti lo ha quindi portato a occuparsi dei rapporti tra scienza, metafisica e fede (p. 19s.) e a dedicare molta attenzione alla concezione filosofica dell’uomo, sviluppando il programma di dimostrare l’esistenza dell’uomo riaffermandone la specificità contro il “riduzionismo della naturalizzazione” (p. 20). Su questi temi Minazzi ritorna nel lungo saggio che dedica al confronto tra Agazzi e Ludovico Geymonat sul problema epistemologico del realismo (pp. 235-261), riportando in appendice la recensione pubblicata da Geymonat nel «Bollettino della Unione Matematica Italiana» del 1962 all’opera prima di Agazzi, l’Introduzione ai problemi dell’assiomatica, del 1961 (pp. 261-267). A una parte inaugurale con gli interventi dell’ex Presidente Oscar Luigi Scalfaro e del Cardinale Carlo Maria Martini fa seguito una serie assai nutrita (centododici!) di interventi di autori e pensatori di grande rilievo (che per ragion di spazio il recensore non citerà nella loro completezza). Per la prima sezione, sul pensiero di Agazzi: Giuseppe Bertagna, Gian Luigi Brena, Sergio Galvan, Hans Lenk, Fabio Minazzi, Roberto Mordacci, il vescovo emerito di Vicenza Pietro Nonis e Carlo Penco. Per la seconda sezione, su filosofia della scienza e della tecnica: Dario Antiseri, Mario Bunge, Gregory Chaitin, Marco Buzzoni, Giulio Giorello, Adolf Grünbaum, Susan Haack, Gilbert Hottois, Vittorio Mathieu, Jean Petitot, Nicholas Rescher, Patrick Suppes e Vyacheslav Stepin. Per la terza sezione, sulla storia del pensiero scientifico: Giorgio Derossi, Bertrand Saint-Sernin e William Shea. Per la quarta sezione, su logica e filosofia del linguaggio: Maria Luisa Dalla Chiara, Diego Marconi e Christian Thiel. Per la quinta sezione, su filosofia e cosmologia: Pierre Aubenque, Hans-Heinz Holz, Giovanni Maria Prosperi e Roberto Torretti. Per la sesta sezione, su metafisica, ontologia e antropologia filosofica: Silvana Borutti, Franco Bosio, Andrea Bottani, Maurizio Ferraris, Michele Marsonet, Evanghelos Moutsopoulos, Marco M. Olivetti, Fulvio Papi, Vittorio Possenti, Armando Rigobello ed Emanuele Severino. Per la settima sezione, su etica, bioetica, filosofia sociale e politica: Enrico Berti, Francesco D’Agostino, Michael Dummett, Tomonobu Imamichi, Peter Kemp, Ioanna Cuçuradi, Eugenio Mazzarella, Marcello Pera e Salvatore Veca. Per l’ottava e ultima sezione, sulla filosofia della religione: Salvatore Natoli, Wolfhart Pannenberg, Raimon Panikkar, Leonardo Samonà e Carmelo Vigna. Veniamo ora alla sostanza di alcuni dei contributi presentati. Nicla Vassallo ha ricordato come secondo l’epistemologia oggettualistica di Agazzi una stessa cosa sarebbe in realtà un fascio di oggetti poiché a seconda dei punti di vista dai quali la si vuole interpretare essa diviene effettivamente oggetto di una scienza diversa e così via all’infinito; ma ciò che ci colloca all’interno di questa piuttosto che di un’altra scienza è precisamente l’assumere una punto di vista che un altro sulle cose (p. 393). Dario Antiseri ha spostato la prospettiva sull’oggettività dell’informazione, che non è né un mito, né un ideale, ma proprio un compito possibile (p. 417); basta smascherare il fatto che l’iniezione di ipotesi ad hoc in teorie che traballano sotto il peso di fatti contrari sia sostanzialmente un vizio metodologico (p. 419); non basta essere onesti per essere oggettivi e la presunzione di onniscienza è la negazione di ogni scienza; pertanto solo dalla nostra discussione può scaturire una ragionevole fiducia nelle nostre opinioni (p. 423). Mario Bunge ha considerato il ruolo che la filosofia svolge nel separare le neuroscienze e dalle pseudoscienze dei sistemi auto organizzati e della psicanalisi (p. 430). Gregory Chaitin ha ripercorso la storia della filosofia da Leibniz all’omega del numero di Borel in una prospettiva che lega l’epistemologia alla teoria dell’informazione (p. 455). Una seconda sonora critica alla psicanalisi è stata mossa da Adolf Grünbaum, definita non tanto una teoria quanto un fermaglio (staple) della cultura occidentale (p. 551). Susan Haack ha scritto di realismi (al plurale) e dei loro rivali, il costruttivismo e l’idealismo per recuperare l’innocenza perduta davanti a nozioni quali geni, elettroni ecc. (p. 585); Gilbert Hottois ha tenuto a distinguere tra “scienza” e “tecnoscienza” nel contesto del passaggio dal moderno al postmoderno (p. 591). Se Vittorio Mathieu ha presentato nientemeno che dei “Prolegomeni ad una metafisica della medicina che vorrà presentarsi come scienza” (pp. 635-653), Jean Petitot è intervenuto sullo statuto neotrascendentale dell’oggettività scientifica (pp. 681-686), Nick Rescher sul parallelismo tra ricerca razionale e valutazione (pp. 687-691), Patrick Suppes sulle cause probabilistiche (pp. 693-699), mentre Vyacheslav Stepin ha ripreso la questione del determinismo socio-culturale, un altro tema studiato con attenzione da Agazzi (pp. 717-727). A proposito di storia del pensiero filosofico e scientifico, Bertrand Saint-Sernin ha messo in rilievo la storicità della razionalità scientifica di oggi, all’inizio del ventunesimo secolo: la struttura della ragione non è stata modificata dalle recenti scoperte della genomica e infatti noi siamo sempre pronti a riferirci a delle regulae ad directionem ingenii applicabili a degli insiemi collettivi (p. 775). Nessun dubbio, per William Shea, sul fatto che gli storici e i filosofi della scienza abbiano molto da imparare gli uni dagli altri (p. 781), mentre per Pierre Aubenque i limiti dell’interpretazione biologica del pensiero greco andrebbero visti proprio nell’assunzione del vivente come modello (p. 967). Hans Heinz Holz ha allargato l’orizzonte culturale intervenendo sul concetto di natura nella filosofia cinese e le sue ricadute nel mondo occidentale (pp. 997-1010) Giovanni Maria Prosperi ha prospettato l’emergenza della vita e dell’uomo secondo il punto di vista di un fisico opponendosi a tutte le forme di panpsichismo sulla base della percezione che abbiamo di noi stessi come realtà semplici, altamente singolari, irripetibili e non riducibili ad altro (p. 1025). Evanghelos Moutsopoulos ha ripreso la nozione di kairos nel contesto della dialettica tra maturazione e corruzione (p. 1127). Enrico Berti ha ricontestualizzato l’idea del bene comune al di là della distinzione tra destra e sinistra (p. 1179) e Michael Dummett ha scritto sulla collocazione della filosofia nella cultura “alta” europea. La filosofia è infatti ciò che distingue una cultured person (p. 1205). Il compianto Marco Maria Olivetti, infine, ha osservato che sì, ci sono persone e persone, ma le somiglianze tra persone non sono somiglianze a un ti esti. Non possiamo ricordarci a chi assomigli il nostro prossimo, né possiamo riconoscerlo. Chi ci chiama nel comandamento dell’amore è invece ciò che sta interior intimo meo, parole già udite, già lette, ma che sperano di dire o meglio lasciar dire, “personare, lo spirito che vivifica la lettera il gramma, di quanto sta scritto e inserito” (p. 1144). Il contributo di tanti validi studiosi è un omaggio estremamente concreto a questo nostro importante pensatore, che non a caso occupa un posto eminente nell’appena uscito volume 14, Filosofi italiani contemporanei, della Storia della filosofia (a cura di Dario Antiseri e Silvano Tagliagambe, Bompiani, Milano 2009, pp. 14-23), distribuito assieme al “Corriere della Sera” nel gennaio 2009 in trentamila copie.

Pozzo, R. (2010). Evandro Agazzi, a cura di Fabio Minazzi (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 2007). GIORNALE CRITICO DELLA FILOSOFIA ITALIANA, 89(1), 204-206.

Evandro Agazzi, a cura di Fabio Minazzi (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 2007)

POZZO
2010-01-01

Abstract

Nato a Bergamo il 23 ottobre 1934 e oggi professore emerito di filosofia teoretica presso l’Università di Genova, Evandro Agazzi ha ricoperto cariche di grande prestigio, tra le quali le presidenze della Società Filosofica Italiana, della Società Italiana di Logica e Filosofia delle Scienze, della Société Suisse de Logique et Philosophie des Sciences, della Académie Internationale de Philosophie des Sciences, dello Institut International de Philosophie e dell’organizzazione filosofica più globale, la Fédération Internationale des Sociétés de Philosophie. Ha inoltre diretto il Centro di Studi sulla Filosofia Contemporanea del CNR ed è stato membro del Comitato Nazionale di Bioetica. Dottore honoris causae di cinque università, ha pubblicato una settantina di volumi e centinaia e centinaia di articoli (la bibliografia preparata da Fabio Minazzi, alle pp. 1353-1402, riporta 1008 titoli fino al 2006). Quel che è più notevole, è che Agazzi continua a essere straordinariamente attivo, come si vede dalla brillante intervista rilasciata a Giuseppe Bertagna, Scienza (La Scuola, Brescia 2008) e dalla bella monografia, Le rivoluzioni scientifiche e il mondo moderno (Fondazione Achille e Giulia Boroli, s.l. 2008). Memorabili, infine, le due conferenze tenute al 22nd World Congress of Philosophy di Seoul nell’agosto 2008, la prima in una delle quattro sessioni plenarie e la seconda nella sessione offerta dallo Institut International de Philosophie, nelle quali Agazzi ha ribadito come ai filosofi spetti oggi il compito di creare le condizioni di un dialogo interculturale che non sia viziato da pretese assolutistiche o egemoniche. Tutte le culture sono infatti relative, nelle epoche della storia e negli spazi delle regioni del mondo. Nemmeno l’idea di ragione è neutrale: la conoscenza, verrebbe da dire citando Giulio Preti, non è mai radicale, ma sempre in qualche modo situata. Le ragioni che giustificano la pubblicazione di una Festschrift tanto impegnativa, nota Fabio Minazzi nella sua prefazione, risiedono nei molteplici problemi affrontati e discussi da Agazzi (p. 15), che in una prima fase della sua ricerca si occupa di fondamenti della matematica e di logica matematica (p. 16), per poi passare alle scienze empiriche, con speciale riguardo alla fisica, per la quale Agazzi ha sviluppato un’originale teoria dell’oggettività distinguendo un senso “debole”, secondo il quale le proposizioni scientifiche sono oggettive in quanto “intersoggettive”, e un senso “forte”, per proposizioni che si riferiscono a ben precisi “ambiti di oggetti” (p. 17). In seguito, Agazzi ha sottolineato la contestualizzazione storica e sociale della scienza, ma non per ricavarne conclusioni relativistiche, bensì per dar valore al fatto che le oggettivazioni scientifiche colgono quanto “oggettivamente” può emergere sotto determinate condizioni storico-culturali di indagine della realtà (p. 19). Una tale dilatazione di orizzonti lo ha quindi portato a occuparsi dei rapporti tra scienza, metafisica e fede (p. 19s.) e a dedicare molta attenzione alla concezione filosofica dell’uomo, sviluppando il programma di dimostrare l’esistenza dell’uomo riaffermandone la specificità contro il “riduzionismo della naturalizzazione” (p. 20). Su questi temi Minazzi ritorna nel lungo saggio che dedica al confronto tra Agazzi e Ludovico Geymonat sul problema epistemologico del realismo (pp. 235-261), riportando in appendice la recensione pubblicata da Geymonat nel «Bollettino della Unione Matematica Italiana» del 1962 all’opera prima di Agazzi, l’Introduzione ai problemi dell’assiomatica, del 1961 (pp. 261-267). A una parte inaugurale con gli interventi dell’ex Presidente Oscar Luigi Scalfaro e del Cardinale Carlo Maria Martini fa seguito una serie assai nutrita (centododici!) di interventi di autori e pensatori di grande rilievo (che per ragion di spazio il recensore non citerà nella loro completezza). Per la prima sezione, sul pensiero di Agazzi: Giuseppe Bertagna, Gian Luigi Brena, Sergio Galvan, Hans Lenk, Fabio Minazzi, Roberto Mordacci, il vescovo emerito di Vicenza Pietro Nonis e Carlo Penco. Per la seconda sezione, su filosofia della scienza e della tecnica: Dario Antiseri, Mario Bunge, Gregory Chaitin, Marco Buzzoni, Giulio Giorello, Adolf Grünbaum, Susan Haack, Gilbert Hottois, Vittorio Mathieu, Jean Petitot, Nicholas Rescher, Patrick Suppes e Vyacheslav Stepin. Per la terza sezione, sulla storia del pensiero scientifico: Giorgio Derossi, Bertrand Saint-Sernin e William Shea. Per la quarta sezione, su logica e filosofia del linguaggio: Maria Luisa Dalla Chiara, Diego Marconi e Christian Thiel. Per la quinta sezione, su filosofia e cosmologia: Pierre Aubenque, Hans-Heinz Holz, Giovanni Maria Prosperi e Roberto Torretti. Per la sesta sezione, su metafisica, ontologia e antropologia filosofica: Silvana Borutti, Franco Bosio, Andrea Bottani, Maurizio Ferraris, Michele Marsonet, Evanghelos Moutsopoulos, Marco M. Olivetti, Fulvio Papi, Vittorio Possenti, Armando Rigobello ed Emanuele Severino. Per la settima sezione, su etica, bioetica, filosofia sociale e politica: Enrico Berti, Francesco D’Agostino, Michael Dummett, Tomonobu Imamichi, Peter Kemp, Ioanna Cuçuradi, Eugenio Mazzarella, Marcello Pera e Salvatore Veca. Per l’ottava e ultima sezione, sulla filosofia della religione: Salvatore Natoli, Wolfhart Pannenberg, Raimon Panikkar, Leonardo Samonà e Carmelo Vigna. Veniamo ora alla sostanza di alcuni dei contributi presentati. Nicla Vassallo ha ricordato come secondo l’epistemologia oggettualistica di Agazzi una stessa cosa sarebbe in realtà un fascio di oggetti poiché a seconda dei punti di vista dai quali la si vuole interpretare essa diviene effettivamente oggetto di una scienza diversa e così via all’infinito; ma ciò che ci colloca all’interno di questa piuttosto che di un’altra scienza è precisamente l’assumere una punto di vista che un altro sulle cose (p. 393). Dario Antiseri ha spostato la prospettiva sull’oggettività dell’informazione, che non è né un mito, né un ideale, ma proprio un compito possibile (p. 417); basta smascherare il fatto che l’iniezione di ipotesi ad hoc in teorie che traballano sotto il peso di fatti contrari sia sostanzialmente un vizio metodologico (p. 419); non basta essere onesti per essere oggettivi e la presunzione di onniscienza è la negazione di ogni scienza; pertanto solo dalla nostra discussione può scaturire una ragionevole fiducia nelle nostre opinioni (p. 423). Mario Bunge ha considerato il ruolo che la filosofia svolge nel separare le neuroscienze e dalle pseudoscienze dei sistemi auto organizzati e della psicanalisi (p. 430). Gregory Chaitin ha ripercorso la storia della filosofia da Leibniz all’omega del numero di Borel in una prospettiva che lega l’epistemologia alla teoria dell’informazione (p. 455). Una seconda sonora critica alla psicanalisi è stata mossa da Adolf Grünbaum, definita non tanto una teoria quanto un fermaglio (staple) della cultura occidentale (p. 551). Susan Haack ha scritto di realismi (al plurale) e dei loro rivali, il costruttivismo e l’idealismo per recuperare l’innocenza perduta davanti a nozioni quali geni, elettroni ecc. (p. 585); Gilbert Hottois ha tenuto a distinguere tra “scienza” e “tecnoscienza” nel contesto del passaggio dal moderno al postmoderno (p. 591). Se Vittorio Mathieu ha presentato nientemeno che dei “Prolegomeni ad una metafisica della medicina che vorrà presentarsi come scienza” (pp. 635-653), Jean Petitot è intervenuto sullo statuto neotrascendentale dell’oggettività scientifica (pp. 681-686), Nick Rescher sul parallelismo tra ricerca razionale e valutazione (pp. 687-691), Patrick Suppes sulle cause probabilistiche (pp. 693-699), mentre Vyacheslav Stepin ha ripreso la questione del determinismo socio-culturale, un altro tema studiato con attenzione da Agazzi (pp. 717-727). A proposito di storia del pensiero filosofico e scientifico, Bertrand Saint-Sernin ha messo in rilievo la storicità della razionalità scientifica di oggi, all’inizio del ventunesimo secolo: la struttura della ragione non è stata modificata dalle recenti scoperte della genomica e infatti noi siamo sempre pronti a riferirci a delle regulae ad directionem ingenii applicabili a degli insiemi collettivi (p. 775). Nessun dubbio, per William Shea, sul fatto che gli storici e i filosofi della scienza abbiano molto da imparare gli uni dagli altri (p. 781), mentre per Pierre Aubenque i limiti dell’interpretazione biologica del pensiero greco andrebbero visti proprio nell’assunzione del vivente come modello (p. 967). Hans Heinz Holz ha allargato l’orizzonte culturale intervenendo sul concetto di natura nella filosofia cinese e le sue ricadute nel mondo occidentale (pp. 997-1010) Giovanni Maria Prosperi ha prospettato l’emergenza della vita e dell’uomo secondo il punto di vista di un fisico opponendosi a tutte le forme di panpsichismo sulla base della percezione che abbiamo di noi stessi come realtà semplici, altamente singolari, irripetibili e non riducibili ad altro (p. 1025). Evanghelos Moutsopoulos ha ripreso la nozione di kairos nel contesto della dialettica tra maturazione e corruzione (p. 1127). Enrico Berti ha ricontestualizzato l’idea del bene comune al di là della distinzione tra destra e sinistra (p. 1179) e Michael Dummett ha scritto sulla collocazione della filosofia nella cultura “alta” europea. La filosofia è infatti ciò che distingue una cultured person (p. 1205). Il compianto Marco Maria Olivetti, infine, ha osservato che sì, ci sono persone e persone, ma le somiglianze tra persone non sono somiglianze a un ti esti. Non possiamo ricordarci a chi assomigli il nostro prossimo, né possiamo riconoscerlo. Chi ci chiama nel comandamento dell’amore è invece ciò che sta interior intimo meo, parole già udite, già lette, ma che sperano di dire o meglio lasciar dire, “personare, lo spirito che vivifica la lettera il gramma, di quanto sta scritto e inserito” (p. 1144). Il contributo di tanti validi studiosi è un omaggio estremamente concreto a questo nostro importante pensatore, che non a caso occupa un posto eminente nell’appena uscito volume 14, Filosofi italiani contemporanei, della Storia della filosofia (a cura di Dario Antiseri e Silvano Tagliagambe, Bompiani, Milano 2009, pp. 14-23), distribuito assieme al “Corriere della Sera” nel gennaio 2009 in trentamila copie.
2010
Pubblicato
Rilevanza internazionale
Recensione
Comitato scientifico
Settore M-FIL/06 - STORIA DELLA FILOSOFIA
Italian
Evandro Agazzi; epistemologia; filosofia della scienza
Pozzo, R. (2010). Evandro Agazzi, a cura di Fabio Minazzi (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 2007). GIORNALE CRITICO DELLA FILOSOFIA ITALIANA, 89(1), 204-206.
Pozzo, Racb
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2108/222973
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