Il mercato delle piattaforme, o digitale, costituisce una sfida non solo per i tradizionali modelli di business, ma anche per il legislatore che, muovendosi in un vuoto normativo, si è interrogato sul rapporto tra tecnologia e regole in questo settore, cioè “se” e “quale” debba essere la regolamentazione, ovvero se oggetto della regolamentazione debbano essere le piattaforme o gli algoritmi su cui si fondano. Sul tema, affrontato anche dalla Corte di Giustizia nel caso Uber, le istituzioni europee sembrava avessero adottato un approccio in base al quale, al di là della diversità dei soggetti che esercitano determinate attività, nella legislazione sul Fintech si dovesse seguire il principio per cui “same services and same risks: the same rules should apply, regardless of the type of legal entity concerned or its location in the Union”, unitamente al rispetto di principi chiave come la proporzionalità in rapporto al rischio e la neutralità tecnologica. Tuttavia il tema di “come regolare” (estendendo le attuali regole europee secondo un approccio per attività) e “per cosa” (con quali obiettivi) rimane al centro del dibattito europeo poiché è altamente probabile che i nuovi servizi finanziari basati sull’utilizzazione estensiva della tecnologia possano restare fuori dall’attuale quadro normativo activity-based ed essere per ciò disciplinati a livello di singolo Stato membro. Infatti, come testimonia il report del Financial Stability Board (FSB), alcuni paesi, tra cui anche quelli dell’Unione Europea, hanno introdotto o pensano di introdurre regimi diversificati in particolare nell’area dei sistemi di pagamento e del crowdfunding e lending. L’intervento dei legislatori sul Fintech è, dunque, ancora confuso e frammentato. In proposito si è espressa la Commissione, nel 2018, con il Fintech Action Plan “per una strategia europea per la creazione di un mercato unico tecnologico dei servizi finanziari”. Nel Plan, tra i possibili strumenti per affrontare la sfida di regolare il Fintech, è stato suggerito di ricorrere a “facilitatori dell’innovazione” (in particolare regulatory sandbox e innovation hub) e a tal fine è stato dato mandato al Joint Comittee delle Autorità di vigilanza di redigere congiuntamente un’indagine comparata sui facilitatori dell’innovazione in Europa, unitamente all’indicazione di best pratices per la loro costituzione e utilizzazione. Con l’immaginifica metafora sandbox (letteralmente, recinto di sabbia dove i bambini possono giocare senza pericoli) si indicano in sostanza “spazi normativi protetti” dove poter sviluppare e sperimentare prodotti e servizi finanziari innovativi prima di offrirli sul mercato. Il report, pubblicato il 7 gennaio 2019, mostra come il numero dei facilitatori dell’innovazione sia cresciuto rapidamente negli ultimi anni. Proprio sulla base della considerazione che la collaborazione internazionale è l’ “elemento chiave” per il successo della regulatory sandbox, le ESAs propongono la creazione di un network dei facilitatori, cui possano partecipare in modo aperto tutte le Autorità europee competenti. Ricordiamo, peraltro, che anche in Italia il 27 giugno 2019 è stato approvato dal Senato il “Decreto Crescita” (DL 34/2019) contenente all’art.36, come emendato, la proposta di istituire una regulatory sandbox per le finalità innanzi indicate.

Corapi, E. (2019). Regulatory Sandbox nel Fintech?. In E. Corapi, R. Lener (a cura di), I diversi settori del fintech. Problemi e prospettive (pp. 13-29). CEDAM.

Regulatory Sandbox nel Fintech?

Corapi, E
2019-09-01

Abstract

Il mercato delle piattaforme, o digitale, costituisce una sfida non solo per i tradizionali modelli di business, ma anche per il legislatore che, muovendosi in un vuoto normativo, si è interrogato sul rapporto tra tecnologia e regole in questo settore, cioè “se” e “quale” debba essere la regolamentazione, ovvero se oggetto della regolamentazione debbano essere le piattaforme o gli algoritmi su cui si fondano. Sul tema, affrontato anche dalla Corte di Giustizia nel caso Uber, le istituzioni europee sembrava avessero adottato un approccio in base al quale, al di là della diversità dei soggetti che esercitano determinate attività, nella legislazione sul Fintech si dovesse seguire il principio per cui “same services and same risks: the same rules should apply, regardless of the type of legal entity concerned or its location in the Union”, unitamente al rispetto di principi chiave come la proporzionalità in rapporto al rischio e la neutralità tecnologica. Tuttavia il tema di “come regolare” (estendendo le attuali regole europee secondo un approccio per attività) e “per cosa” (con quali obiettivi) rimane al centro del dibattito europeo poiché è altamente probabile che i nuovi servizi finanziari basati sull’utilizzazione estensiva della tecnologia possano restare fuori dall’attuale quadro normativo activity-based ed essere per ciò disciplinati a livello di singolo Stato membro. Infatti, come testimonia il report del Financial Stability Board (FSB), alcuni paesi, tra cui anche quelli dell’Unione Europea, hanno introdotto o pensano di introdurre regimi diversificati in particolare nell’area dei sistemi di pagamento e del crowdfunding e lending. L’intervento dei legislatori sul Fintech è, dunque, ancora confuso e frammentato. In proposito si è espressa la Commissione, nel 2018, con il Fintech Action Plan “per una strategia europea per la creazione di un mercato unico tecnologico dei servizi finanziari”. Nel Plan, tra i possibili strumenti per affrontare la sfida di regolare il Fintech, è stato suggerito di ricorrere a “facilitatori dell’innovazione” (in particolare regulatory sandbox e innovation hub) e a tal fine è stato dato mandato al Joint Comittee delle Autorità di vigilanza di redigere congiuntamente un’indagine comparata sui facilitatori dell’innovazione in Europa, unitamente all’indicazione di best pratices per la loro costituzione e utilizzazione. Con l’immaginifica metafora sandbox (letteralmente, recinto di sabbia dove i bambini possono giocare senza pericoli) si indicano in sostanza “spazi normativi protetti” dove poter sviluppare e sperimentare prodotti e servizi finanziari innovativi prima di offrirli sul mercato. Il report, pubblicato il 7 gennaio 2019, mostra come il numero dei facilitatori dell’innovazione sia cresciuto rapidamente negli ultimi anni. Proprio sulla base della considerazione che la collaborazione internazionale è l’ “elemento chiave” per il successo della regulatory sandbox, le ESAs propongono la creazione di un network dei facilitatori, cui possano partecipare in modo aperto tutte le Autorità europee competenti. Ricordiamo, peraltro, che anche in Italia il 27 giugno 2019 è stato approvato dal Senato il “Decreto Crescita” (DL 34/2019) contenente all’art.36, come emendato, la proposta di istituire una regulatory sandbox per le finalità innanzi indicate.
set-2019
Settore IUS/02 - DIRITTO PRIVATO COMPARATO
Settore IUS/01 - DIRITTO PRIVATO
Settore IUS/05 - DIRITTO DELL'ECONOMIA
Italian
Rilevanza nazionale
Capitolo o saggio
Il volume raccoglie i contributi svolti nell’ambito del progetto di ricerca dell’Università di Roma Tor Vergata “Mission Sustainability 2017” dal titolo “The future of the European fintech regulation on a global perspective: the case of robo-advice” (Responsabile scientifico Elisabetta Corapi)
Corapi, E. (2019). Regulatory Sandbox nel Fintech?. In E. Corapi, R. Lener (a cura di), I diversi settori del fintech. Problemi e prospettive (pp. 13-29). CEDAM.
Corapi, E
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2108/220397
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