Negli anni ’90 si sono moltiplicate in Europa e in Italia le iniziative locali e regionali di sviluppo economico urbano e territoriale che impiegano strumenti di derivazione aziendale, primo fra tutti il marketing territoriale. In questi casi, proprio perché una trasposizione letterale al territorio risulterebbe impossibile, viene richiamata sempre più spesso la governance, per intendere un approccio che permetta il libero dispiegarsi delle potenzialità competitive di un luogo, la cui valorizzazione si realizza attraverso progetti e regole condivise, attivate dalla capacità dell’istituzione – più spesso privata che pubblica - di creare il “network” necessario a configurare le competenze/risorse. Governance significherebbe, dunque, insieme di regole; o agire secondo le regole per contribuire a “risvegliare” quel milieu comune – o coesione - che permette di raggiungere obiettivi strategici. Il campo applicativo di queste regole non precede né segue le scelte progettuali, ma le accompagna sin dall’inizio determinando un metodo di lavoro tecnico-politico, secondo uno schema logico capace di garantire il comportamento trasparente ed efficiente dei soggetti coinvolti nel raggiungimento dell’obiettivo strategico, sino alla fase ultima di realizzazione del programma/progetto. Tali regole sono indirizzate a trasferire sul territorio le scelte di intervento politico-istituzionali e progettuali di più soggetti, compresi anche i livelli di governo e dell’azione locali che ne sono stati i promotori, rendendo così compatibili i loro comportamenti e suggerendo prassi, procedure e linee-guida utili ad orientare l’azione degli investitori, i sistemi di impresa e tutte quelle parti che rivestono un ruolo nel processo di “best practice” della città e del territorio. Le regole discendono dai principi che orientano le scelte dell’istituzione, principi coerenti con il piano internazionale e che non si sostituiscono a quelli che regolano la libera iniziativa privata. Si può parlare di governance anche riferendosi alla struttura (metodo e processo) attraverso cui si fissano gli obiettivi (un piano regolatore generale - PRG, ad esempio), stabilendo le strategie per raggiungerli e monitorandone la performance. E’ per questo che una governance potrà definirsi “buona” quando, oltre ad individuare gli incentivi che possono spingere l’istituzione a raggiungere gli obiettivi collettivi, saprà rimodellare le proprie scelte procedurali e progettuali per incoraggiare gli attori coinvolti ad impiegare le risorse ritenute più efficienti. In questo campo, le occasioni in cui la governance ha assunto un ruolo di primo piano si sono delineate a seguito di importanti esperienze di Piano Strategico urbano e territoriale (Città Metropolitana di Barcellona e Regione Metropolitana di Madrid, Lyon 2010, Città metropolitana di Bologna, Piano di Milano 2003, Piano Territoriale della Provincia di Roma 2003). I caratteri ricorrenti di queste esperienze si sono rivelati:  l’inserimento dell’economia nella riorganizzazione urbana o territoriale (recupero di valore nel riuso di aree industriali dimesse, project financing in materia infrastrutturale, partnership nei progetti di riorganizzazione delle reti di pubblica utilità, ecc.);  la significativa crescita di partecipazione degli ‘attori’ (pubblici e privati) che contribuiscono alle scelte di intervento e alla determinazione delle policies urbane;  la definizione di nuovi e più moderni meccanismi di concertazione degli strumenti di discussione, valutazione preventiva e attuazione dei progetti, per l’ottenimento di alti livelli di efficienza/efficacia e di resa dell’investimento. Gli attributi fondamentali (punti di forza) che li hanno trasformati in esperienza di governance sono stati:  il ricorso ad investimenti fortemente orientati all’innovazione (nella concezione e nell’impiego), i quali dipendono dal milieu locale (ad esempio, presenza di forze imprenditoriali motivate, capaci di visione prospettica internazionale, ricerca e sviluppo di nuove tecnologie, ecc.);  l’adesione ai principi stabiliti dalla Commissione europea (2001) e riassunti dall’OCSE in: - sviluppo sostenibile - competitività equilibrata - coesione sociale - risanamento urbano - buona governabilità. Queste esperienze accreditano la governance quale sistema ordinatore delle differenze, laddove l’area urbana principale rivesta il ruolo di motore della competizione e contemporaneamente quello di organizzatore socioeconomico del network di cooperazione tra i territori che la sostiene. La presenza di una struttura contrattuale (processo di concertazione) avanzata ed innovativa risponde ai criteri di governance, e laddove sia assente, le amministrazioni devono intervenire oltre l’aspetto tecnico della gestione amministrativa dei contratti e degli accordi, riportando le scelte all’interno delle regole di governance. La governance urbana, metropolitana, territoriale richiede che il milieu di riferimento sia predisposto ad accogliere azioni coordinate capaci di manifestare una volontà di copianificazione e cooperazione. Questo comporta un atto “a monte” in grado di creare o consolidare valori (economici, sociali, culturali) intorno ad un’idea progettuale e quindi di individuare i destinatari dell’azione di governance, ossia i soggetti che possono reclamare un diritto di accesso al valore (gli azionisti). A questo proposito, va ridiscusso con attenzione un elemento fondamentale per l’individuazione dei valori: il rapporto azionisti/clienti e la loro capacità di incidere sul contesto territoriale e sulle politiche pubbliche locali. In Italia, al contrario di altri paesi europei (Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Paesi Bassi in particolare), questi input sono ancora oggetto di discussione e sperimentazione in relazione al nuovo ruolo che si è attribuito agli enti locali, perché l’esperienza accumulata dai soggetti pubblici nel campo della cooperazione per la gestione di beni d’interesse collettivo non è matura al punto di agire in termini di governance. Nondimeno, le possibilità offerte dalla governance sembrano essere le uniche capaci di intervenire sull’attuale realtà delle aree urbane e metropolitane per lo sviluppo di una più avanzata concezione della best practice del governo locale. A buon diritto si può ritenere che in questa situazione il ruolo delle autorità pubbliche sia di supporto, gestione e regolazione, con una maggiore attenzione e sensibilità in materia di bisogni pubblici. Questa visione sottende un’interpretazione più innovativa del problema, in quanto fa derivare la governance dalla crisi del sistema fordista e dalla necessità di una riregolamentazione di quello definito post fordista, cui si chiede maggiore efficacia, efficienza e trasparenza. Il mezzo per raggiungere questi obiettivi è allo stato attuale la partnership, struttura organizzativa formale o multiagenzia, avente come scopo il policy making strategico dichiarato sotto forma di agenda politica locale (ad esempio per le città l’Agenda 21 locale). In concreto, però, le partnership locali sono entità semi-autonome e para-governative, e superano la tradizionale distinzione tra settore pubblico, privato, mercato, bisogni sociali. Contemporaneamente è cresciuta l’offerta di assistenza tecnica da parte di tutti i livelli del governo centrale (nel caso italiano Ministero del Tesoro, dei Lavori Pubblici, dell’Ambiente, ecc.), anche attraverso la promozione di agenzie di piccole e medie dimensioni che offrono “pacchetti completi”, comprendenti intermediazione e servizi avanzati. E’ ad esse che i sistemi urbani e metropolitani hanno, in più di un’occasione, demandato il compito di formulare le regole della governance per l’attuazione di piani e progetti strategici. L’esplosione di iniziative “dal basso” (bottom up) si è così rivelata un fattore da cui partire per costruire un diverso modello di sviluppo e gestione della città. La governance ha particolare rilievo in un contesto in cui la capacità di competere in aree e territori differenti dipende sempre più, oltre che dai processi di agglomerazione delle attività realizzati nel tempo, dalla capacità di valorizzare risorse e competenze esistenti, attraverso un uso adeguato delle “conoscenze” e dei rapporti di network.

Prezioso, M. (2007). Coesione territoriale e sviluppo sostenibile in Europa: convergenza e competitività. In F. Bencardino, M. Prezioso (a cura di), Coesione territoriale e sviluppo sostenibile del territorio europeo: convergenza e competitività: atti del convegno (pp. 243-279). Milano : Franco Angeli.

Coesione territoriale e sviluppo sostenibile in Europa: convergenza e competitività

PREZIOSO, MARIA
2007-01-01

Abstract

Negli anni ’90 si sono moltiplicate in Europa e in Italia le iniziative locali e regionali di sviluppo economico urbano e territoriale che impiegano strumenti di derivazione aziendale, primo fra tutti il marketing territoriale. In questi casi, proprio perché una trasposizione letterale al territorio risulterebbe impossibile, viene richiamata sempre più spesso la governance, per intendere un approccio che permetta il libero dispiegarsi delle potenzialità competitive di un luogo, la cui valorizzazione si realizza attraverso progetti e regole condivise, attivate dalla capacità dell’istituzione – più spesso privata che pubblica - di creare il “network” necessario a configurare le competenze/risorse. Governance significherebbe, dunque, insieme di regole; o agire secondo le regole per contribuire a “risvegliare” quel milieu comune – o coesione - che permette di raggiungere obiettivi strategici. Il campo applicativo di queste regole non precede né segue le scelte progettuali, ma le accompagna sin dall’inizio determinando un metodo di lavoro tecnico-politico, secondo uno schema logico capace di garantire il comportamento trasparente ed efficiente dei soggetti coinvolti nel raggiungimento dell’obiettivo strategico, sino alla fase ultima di realizzazione del programma/progetto. Tali regole sono indirizzate a trasferire sul territorio le scelte di intervento politico-istituzionali e progettuali di più soggetti, compresi anche i livelli di governo e dell’azione locali che ne sono stati i promotori, rendendo così compatibili i loro comportamenti e suggerendo prassi, procedure e linee-guida utili ad orientare l’azione degli investitori, i sistemi di impresa e tutte quelle parti che rivestono un ruolo nel processo di “best practice” della città e del territorio. Le regole discendono dai principi che orientano le scelte dell’istituzione, principi coerenti con il piano internazionale e che non si sostituiscono a quelli che regolano la libera iniziativa privata. Si può parlare di governance anche riferendosi alla struttura (metodo e processo) attraverso cui si fissano gli obiettivi (un piano regolatore generale - PRG, ad esempio), stabilendo le strategie per raggiungerli e monitorandone la performance. E’ per questo che una governance potrà definirsi “buona” quando, oltre ad individuare gli incentivi che possono spingere l’istituzione a raggiungere gli obiettivi collettivi, saprà rimodellare le proprie scelte procedurali e progettuali per incoraggiare gli attori coinvolti ad impiegare le risorse ritenute più efficienti. In questo campo, le occasioni in cui la governance ha assunto un ruolo di primo piano si sono delineate a seguito di importanti esperienze di Piano Strategico urbano e territoriale (Città Metropolitana di Barcellona e Regione Metropolitana di Madrid, Lyon 2010, Città metropolitana di Bologna, Piano di Milano 2003, Piano Territoriale della Provincia di Roma 2003). I caratteri ricorrenti di queste esperienze si sono rivelati:  l’inserimento dell’economia nella riorganizzazione urbana o territoriale (recupero di valore nel riuso di aree industriali dimesse, project financing in materia infrastrutturale, partnership nei progetti di riorganizzazione delle reti di pubblica utilità, ecc.);  la significativa crescita di partecipazione degli ‘attori’ (pubblici e privati) che contribuiscono alle scelte di intervento e alla determinazione delle policies urbane;  la definizione di nuovi e più moderni meccanismi di concertazione degli strumenti di discussione, valutazione preventiva e attuazione dei progetti, per l’ottenimento di alti livelli di efficienza/efficacia e di resa dell’investimento. Gli attributi fondamentali (punti di forza) che li hanno trasformati in esperienza di governance sono stati:  il ricorso ad investimenti fortemente orientati all’innovazione (nella concezione e nell’impiego), i quali dipendono dal milieu locale (ad esempio, presenza di forze imprenditoriali motivate, capaci di visione prospettica internazionale, ricerca e sviluppo di nuove tecnologie, ecc.);  l’adesione ai principi stabiliti dalla Commissione europea (2001) e riassunti dall’OCSE in: - sviluppo sostenibile - competitività equilibrata - coesione sociale - risanamento urbano - buona governabilità. Queste esperienze accreditano la governance quale sistema ordinatore delle differenze, laddove l’area urbana principale rivesta il ruolo di motore della competizione e contemporaneamente quello di organizzatore socioeconomico del network di cooperazione tra i territori che la sostiene. La presenza di una struttura contrattuale (processo di concertazione) avanzata ed innovativa risponde ai criteri di governance, e laddove sia assente, le amministrazioni devono intervenire oltre l’aspetto tecnico della gestione amministrativa dei contratti e degli accordi, riportando le scelte all’interno delle regole di governance. La governance urbana, metropolitana, territoriale richiede che il milieu di riferimento sia predisposto ad accogliere azioni coordinate capaci di manifestare una volontà di copianificazione e cooperazione. Questo comporta un atto “a monte” in grado di creare o consolidare valori (economici, sociali, culturali) intorno ad un’idea progettuale e quindi di individuare i destinatari dell’azione di governance, ossia i soggetti che possono reclamare un diritto di accesso al valore (gli azionisti). A questo proposito, va ridiscusso con attenzione un elemento fondamentale per l’individuazione dei valori: il rapporto azionisti/clienti e la loro capacità di incidere sul contesto territoriale e sulle politiche pubbliche locali. In Italia, al contrario di altri paesi europei (Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Paesi Bassi in particolare), questi input sono ancora oggetto di discussione e sperimentazione in relazione al nuovo ruolo che si è attribuito agli enti locali, perché l’esperienza accumulata dai soggetti pubblici nel campo della cooperazione per la gestione di beni d’interesse collettivo non è matura al punto di agire in termini di governance. Nondimeno, le possibilità offerte dalla governance sembrano essere le uniche capaci di intervenire sull’attuale realtà delle aree urbane e metropolitane per lo sviluppo di una più avanzata concezione della best practice del governo locale. A buon diritto si può ritenere che in questa situazione il ruolo delle autorità pubbliche sia di supporto, gestione e regolazione, con una maggiore attenzione e sensibilità in materia di bisogni pubblici. Questa visione sottende un’interpretazione più innovativa del problema, in quanto fa derivare la governance dalla crisi del sistema fordista e dalla necessità di una riregolamentazione di quello definito post fordista, cui si chiede maggiore efficacia, efficienza e trasparenza. Il mezzo per raggiungere questi obiettivi è allo stato attuale la partnership, struttura organizzativa formale o multiagenzia, avente come scopo il policy making strategico dichiarato sotto forma di agenda politica locale (ad esempio per le città l’Agenda 21 locale). In concreto, però, le partnership locali sono entità semi-autonome e para-governative, e superano la tradizionale distinzione tra settore pubblico, privato, mercato, bisogni sociali. Contemporaneamente è cresciuta l’offerta di assistenza tecnica da parte di tutti i livelli del governo centrale (nel caso italiano Ministero del Tesoro, dei Lavori Pubblici, dell’Ambiente, ecc.), anche attraverso la promozione di agenzie di piccole e medie dimensioni che offrono “pacchetti completi”, comprendenti intermediazione e servizi avanzati. E’ ad esse che i sistemi urbani e metropolitani hanno, in più di un’occasione, demandato il compito di formulare le regole della governance per l’attuazione di piani e progetti strategici. L’esplosione di iniziative “dal basso” (bottom up) si è così rivelata un fattore da cui partire per costruire un diverso modello di sviluppo e gestione della città. La governance ha particolare rilievo in un contesto in cui la capacità di competere in aree e territori differenti dipende sempre più, oltre che dai processi di agglomerazione delle attività realizzati nel tempo, dalla capacità di valorizzare risorse e competenze esistenti, attraverso un uso adeguato delle “conoscenze” e dei rapporti di network.
2007
Settore M-GGR/02 - GEOGRAFIA ECONOMICO-POLITICA
Italian
Rilevanza nazionale
Capitolo o saggio
coesione; governance territoriale; sviluppo sostenibile; politiche europee;
Prezioso, M. (2007). Coesione territoriale e sviluppo sostenibile in Europa: convergenza e competitività. In F. Bencardino, M. Prezioso (a cura di), Coesione territoriale e sviluppo sostenibile del territorio europeo: convergenza e competitività: atti del convegno (pp. 243-279). Milano : Franco Angeli.
Prezioso, M
Contributo in libro
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2108/21881
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact