Rileggendo l’evoluzione recente di un "discorso" che fa della coesione territoriale (Cfr. capp. 1 e 2) l’obiettivo prioritario della nuova programmazione europea e nazionale, questo è apparso ancora troppo legato in Italia a progetti o idee di progetto di carattere urbano, da cui difficilmente si risale al modello concettuale che potrebbe averli generati (Cfr. cap. 2). L’indagine ricostruisce un territorio regionale e provinciale che, sotto la spinta europeisata degli anni '90 e del I SDEC, diviene per l’Italia un campo di sperimentazione, in cui ancora poco spazio trova la coesione come orientamento all’insediamento ed alla produzione e luogo visibile (centralità) del patto normativo tra Stato, cittadini e cittadinanze; regola territoriale del comportamento e delle scelte economico-territoriali della società insediata. La pianificazione regionale e provinciale con tutti i suoi ambiti e poteri di intervento, come la "questione" dell’area metropolitana o dei programmi complessi, per fare solo gli esempi più noti, si è cimentata con questa logica, ‘sperimentando’ (Cfr. ad esempio, Patti territoriali e PRUSST) alcune forme di pianificazione politica-economica-territoriale “dal basso” per poter gestire fenomeni coesivi quali i distretti industriali ed i sistemi locali produttivi. Voler pervenire ad una standardizzazione dei contenuti oltre che delle procedure si è rivelato per la coesione territoriale un errore. Per questo il lavoro svolto dal CEIS ha teso a riconoscere il luogo allargando lo studio alle città ed al loro potere di regionalizzare la coesione, seguendo in questo l’orientamento emergente in sede europea (Cfr. CEC, Cohesion Policy and cities, dec. 2005). Ciò avviene in un momento - paradossalmente imbarazzante ed evidente - in cui le regioni rivendicano, con leggi di governo del territorio, il trasferimento dei poteri, per dare voce ai sistemi produttivi e le comunità locali coese; lo Stato rinuncia al perseguimento di forme decentrate di esercizio degli stessi; la coesione politica, che non può esistere in assenza di luogo, o almeno, nell’ambito di una competenza fatta di luoghi per i luoghi, rinuncia allo spazio che, piani di nuova generazione, le riserverebbero. Secondo questa nuova, ancorché politicamente sperimentale, visione, la ricerca non ha inteso la coesione solo come elemento raccordante e unificante le diverse visioni che concorrono e concorreranno a definire una formula operativa di governance di ampio spettro. Piuttosto, anche con riferimento all’esperienza condotta dal Ministero in materia di programmi complessi, ha posto in evidenza il ruolo di freno che la coesione svolge in materia di la deterritorializzazione dello sviluppo economico e sociale, richiamando costantemente alla contestualizzazione della programmazione 2007-2013 in avvio. Per questo si suggerisce di tornare alla territorializzazione delle scelte (ad esempio attraverso l’applicazione costante della Valutazione Ambientale Strategica), ritenendo che questo sia il giusto percorso per attuare in tempi congrui la sussidiarietà insita nel concetto di coesione, ossia per innescare un processo di efficace ed efficiente radicamento dello sviluppo coeso. La cultura politica e scientifica del piano ha solo in parte ammesso fino ad oggi, in Italia, l'esistenza di queste condizioni e solo nel sintetizzare le forme aggregative del tipo o della tipicità o nella conservazione dei paesaggi, elemento sintetico e visibile di una coesione che voglia essere utilizzata effettivamente come unità di misura diretta dell’economia dei luoghi. Bisogna, infatti, ricordare che se l’economia "viaggia" in una dimensione - lo spazio indifferenziato - privo di territorio, dettando leggi generali che il mercato trasforma in comportamenti particolari; è proprio l’economia ad organizzare il mercato operando sulla domanda e sull’offerta delle produzioni e, dunque, ad orientare le produzioni locali, determinando l’orientamento territoriale della produzione, che si traduce quasi sempre in forme visibili di paesaggio economico coeso. Dunque in luoghi di coesione.In passato l’economia ha teso ad ignorare questo sillogismo, perché non ne coglieva la simultaneità temporale di breve periodo, visto che il tipo di paesaggio o la sua tipicità risponde a leggi di mutamento di lungo periodo che impediscono alla forma del paesaggio di rimodellarsi nell'immediato quando mutano le condizioni di mercato.Un’ultima, ma non per importanza, conclusiva osservazione in materia di coesione, ha riguardato nel Rapporto la crisi del modello funzionale ‘a rete’, ovvero di luoghi (nodi) gerarchicamente organizzati per rispondere a bisogni funzionali, attraverso cui si afferma che si potrà esaurire la domanda di economie (di scala esterne) di urbanizzazione che l'imprenditoria chiede oggi al territorio per definirlo coeso (Cfr. Cap. 2). La Ricerca supera, da questo punto di vista, lasostanziale indifferenza di approccio all’impianto territoriale indifferenziato che la rete disegna ad scala macroregionale come quella della coesione territoriale, dove la rete assolve al compito di delineare le strutture e non i luoghi, perché implica un processo di astrazione che, basato sulla connessione, rende irriconoscibile i singoli caratteri (e dunque l’origine della possibile centralità) pur valutandone la portata economica (nodalità).Ricorrere al solo modello di rete potrebbe equivalere a rinunciare alla centralità, e dunque, al luogo, ossia ad una porzione di territorio e di spazio economico in cui si realizza la coesione. Per questo, rileggendo il modello reticolare, pure strutturalmente utile, in termini pianificatori alle diverse scale, la Ricerca rileva che esso richiede alle istituzioni di governo ed alle comunità di sostenere un costo, fisico e temporale, della coesione, poiché il "tempo" incide sui flussi e sulle dinamiche che, legati alla distanza fisica, la popolazione deve sostenere per usufruire di un territorio coeso. Poter valutare il peso della distanza fisica nella variazione dei costi nei diversi territori della coesione, senza ricadere in una concezione indifferenziata dello spazio (isomorfo ed isotropico) o ridurre il ragionamento alla sola ottima combinazione di fattori certi (i costi diretti appunto), il Gruppo di lavoro ha scelto di anteporre alle ‘raccomandazioni’ finali non un semplice richiamo alla morfologia dei luoghi, ma la compatibilità ambientale complessiva del luogo stesso secondo uno schema già sperimentato a livello europeo (TIA) applicando lo STeMA. Questa valutazione preventiva, più qualitativa che quantitativa allo stato della reicerca, ha permesso di determinare preventivamente i fattori di attrito nel calcolo dell’accessibilità, per accogliere attività che siano veramente condizioni di sviluppo, per trasformare i vincoli, anche quelli apparentemente più forti, in occasione attiva di mutamento del modello locale, in opposizione alla distribuzione diffusa delle risorse o dei fattori che attraggono la produzione. Il costo dell'imperfetta realizzazione del modello globale-locale, sembra infatti rivelarsi troppo alto per la coesione regionale dopo il 2007 in Italia, correndo il rischio di aumentare i livelli di segregazione spaziale, l’inefficienza economica dei settori produttivi, la mancanza di comunicazione e, quindi, di crescita sociale e culturale complessive. Per questo il tema di fondo della coesione è stato sviluppato a partire dal concetto di sostenibilità ambientale cioè da un obiettivo di misura delle azioni ammesse per realizzare crescita sociale ed economica senza esaurire i potenziali (le riserve) capaci di garantire uguale crescita alle generazioni future. L’ambiente, fatto di territori e dunque di luoghi, diviene un iniseme di sistemi complessi (economico-sociali, naturali strutturali ecc.) e di economicità (è un bene utile, raro e godibile) spesso non monetarizzabile, come nel caso della coesione. Proprio per questo è anche misurabile in termini di valore ambientale iniziale e valore ambientale finale (STeMA). Nella maggior parte dei casi esaminati e valutati (27 città italiane, ad esempio), gli effetti sono stati di disequilibrio anche a causa del mancato completamento dei programmi istitutivi o di regole di piano troppo generiche per adattarsi a specifici contesti geografico-economici. Lo stesso discorso può essere fatto per la scala. Ad esempio: la rete può avere un senso se si leggono le città alla scala sopranazionale, ma a quella interregionale il fenomeno perde di evidenza, soprattutto in presenza di continuum insediativi, che saldando in un unicum parti prima ben delimitate. La coesione tra parti e soggetti sul territorio sembra essere diventata dal 2000 molto più che una prospettiva per l’integrazione europea, ed è una scommessa attraente quella di poter giungere nei territori europei (alle diverse scale geografiche), nei giusti tempi, all’abbattimento di confini canonici per realizzare una piena unificazione economica e sociale, quindi politica, pur tenendo conto delle differenze delle differenti regioni coinvolte. L’integrazione è sullo sfondo di tutta la ricerca sulla coesione territoriale promossa dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, perché un territorio assuma tutti gli stadi strumentali che permettono la qualificazione non solo funzionale degli spazi, coordinandoli verso un unico fine, coinvolgendo in questo processo di scala transregionale le aree intraregionali del nostro Paese.Sia l’Unione europea sia il Ministero delle Infrastrutture sanno bene, però, che la coesione non può prescindere dall’atteggiamento delle popolazioni o degli organismi/organizzazioni e dalla loro disposizione a superare, in senso letterale o figurato, i confini della propria regione di interesse. Tant’è che in passato la realizzazione della coesione (nella sua accezione di integrazione) è stata affidata solo alle regioni già sviluppate, dove più forte era la specializzazioni produttiva.

Prezioso, M. (a cura di). (2006). Individuazione e descrizione di criteri e di indicatori di coesione territoriale a supporto della programmazione strategica nazionale e della programmazione comunitaria 2007-2013. Roma : Ministero delle infrastrutture.

Individuazione e descrizione di criteri e di indicatori di coesione territoriale a supporto della programmazione strategica nazionale e della programmazione comunitaria 2007-2013

PREZIOSO, MARIA
2006-06-01

Abstract

Rileggendo l’evoluzione recente di un "discorso" che fa della coesione territoriale (Cfr. capp. 1 e 2) l’obiettivo prioritario della nuova programmazione europea e nazionale, questo è apparso ancora troppo legato in Italia a progetti o idee di progetto di carattere urbano, da cui difficilmente si risale al modello concettuale che potrebbe averli generati (Cfr. cap. 2). L’indagine ricostruisce un territorio regionale e provinciale che, sotto la spinta europeisata degli anni '90 e del I SDEC, diviene per l’Italia un campo di sperimentazione, in cui ancora poco spazio trova la coesione come orientamento all’insediamento ed alla produzione e luogo visibile (centralità) del patto normativo tra Stato, cittadini e cittadinanze; regola territoriale del comportamento e delle scelte economico-territoriali della società insediata. La pianificazione regionale e provinciale con tutti i suoi ambiti e poteri di intervento, come la "questione" dell’area metropolitana o dei programmi complessi, per fare solo gli esempi più noti, si è cimentata con questa logica, ‘sperimentando’ (Cfr. ad esempio, Patti territoriali e PRUSST) alcune forme di pianificazione politica-economica-territoriale “dal basso” per poter gestire fenomeni coesivi quali i distretti industriali ed i sistemi locali produttivi. Voler pervenire ad una standardizzazione dei contenuti oltre che delle procedure si è rivelato per la coesione territoriale un errore. Per questo il lavoro svolto dal CEIS ha teso a riconoscere il luogo allargando lo studio alle città ed al loro potere di regionalizzare la coesione, seguendo in questo l’orientamento emergente in sede europea (Cfr. CEC, Cohesion Policy and cities, dec. 2005). Ciò avviene in un momento - paradossalmente imbarazzante ed evidente - in cui le regioni rivendicano, con leggi di governo del territorio, il trasferimento dei poteri, per dare voce ai sistemi produttivi e le comunità locali coese; lo Stato rinuncia al perseguimento di forme decentrate di esercizio degli stessi; la coesione politica, che non può esistere in assenza di luogo, o almeno, nell’ambito di una competenza fatta di luoghi per i luoghi, rinuncia allo spazio che, piani di nuova generazione, le riserverebbero. Secondo questa nuova, ancorché politicamente sperimentale, visione, la ricerca non ha inteso la coesione solo come elemento raccordante e unificante le diverse visioni che concorrono e concorreranno a definire una formula operativa di governance di ampio spettro. Piuttosto, anche con riferimento all’esperienza condotta dal Ministero in materia di programmi complessi, ha posto in evidenza il ruolo di freno che la coesione svolge in materia di la deterritorializzazione dello sviluppo economico e sociale, richiamando costantemente alla contestualizzazione della programmazione 2007-2013 in avvio. Per questo si suggerisce di tornare alla territorializzazione delle scelte (ad esempio attraverso l’applicazione costante della Valutazione Ambientale Strategica), ritenendo che questo sia il giusto percorso per attuare in tempi congrui la sussidiarietà insita nel concetto di coesione, ossia per innescare un processo di efficace ed efficiente radicamento dello sviluppo coeso. La cultura politica e scientifica del piano ha solo in parte ammesso fino ad oggi, in Italia, l'esistenza di queste condizioni e solo nel sintetizzare le forme aggregative del tipo o della tipicità o nella conservazione dei paesaggi, elemento sintetico e visibile di una coesione che voglia essere utilizzata effettivamente come unità di misura diretta dell’economia dei luoghi. Bisogna, infatti, ricordare che se l’economia "viaggia" in una dimensione - lo spazio indifferenziato - privo di territorio, dettando leggi generali che il mercato trasforma in comportamenti particolari; è proprio l’economia ad organizzare il mercato operando sulla domanda e sull’offerta delle produzioni e, dunque, ad orientare le produzioni locali, determinando l’orientamento territoriale della produzione, che si traduce quasi sempre in forme visibili di paesaggio economico coeso. Dunque in luoghi di coesione.In passato l’economia ha teso ad ignorare questo sillogismo, perché non ne coglieva la simultaneità temporale di breve periodo, visto che il tipo di paesaggio o la sua tipicità risponde a leggi di mutamento di lungo periodo che impediscono alla forma del paesaggio di rimodellarsi nell'immediato quando mutano le condizioni di mercato.Un’ultima, ma non per importanza, conclusiva osservazione in materia di coesione, ha riguardato nel Rapporto la crisi del modello funzionale ‘a rete’, ovvero di luoghi (nodi) gerarchicamente organizzati per rispondere a bisogni funzionali, attraverso cui si afferma che si potrà esaurire la domanda di economie (di scala esterne) di urbanizzazione che l'imprenditoria chiede oggi al territorio per definirlo coeso (Cfr. Cap. 2). La Ricerca supera, da questo punto di vista, lasostanziale indifferenza di approccio all’impianto territoriale indifferenziato che la rete disegna ad scala macroregionale come quella della coesione territoriale, dove la rete assolve al compito di delineare le strutture e non i luoghi, perché implica un processo di astrazione che, basato sulla connessione, rende irriconoscibile i singoli caratteri (e dunque l’origine della possibile centralità) pur valutandone la portata economica (nodalità).Ricorrere al solo modello di rete potrebbe equivalere a rinunciare alla centralità, e dunque, al luogo, ossia ad una porzione di territorio e di spazio economico in cui si realizza la coesione. Per questo, rileggendo il modello reticolare, pure strutturalmente utile, in termini pianificatori alle diverse scale, la Ricerca rileva che esso richiede alle istituzioni di governo ed alle comunità di sostenere un costo, fisico e temporale, della coesione, poiché il "tempo" incide sui flussi e sulle dinamiche che, legati alla distanza fisica, la popolazione deve sostenere per usufruire di un territorio coeso. Poter valutare il peso della distanza fisica nella variazione dei costi nei diversi territori della coesione, senza ricadere in una concezione indifferenziata dello spazio (isomorfo ed isotropico) o ridurre il ragionamento alla sola ottima combinazione di fattori certi (i costi diretti appunto), il Gruppo di lavoro ha scelto di anteporre alle ‘raccomandazioni’ finali non un semplice richiamo alla morfologia dei luoghi, ma la compatibilità ambientale complessiva del luogo stesso secondo uno schema già sperimentato a livello europeo (TIA) applicando lo STeMA. Questa valutazione preventiva, più qualitativa che quantitativa allo stato della reicerca, ha permesso di determinare preventivamente i fattori di attrito nel calcolo dell’accessibilità, per accogliere attività che siano veramente condizioni di sviluppo, per trasformare i vincoli, anche quelli apparentemente più forti, in occasione attiva di mutamento del modello locale, in opposizione alla distribuzione diffusa delle risorse o dei fattori che attraggono la produzione. Il costo dell'imperfetta realizzazione del modello globale-locale, sembra infatti rivelarsi troppo alto per la coesione regionale dopo il 2007 in Italia, correndo il rischio di aumentare i livelli di segregazione spaziale, l’inefficienza economica dei settori produttivi, la mancanza di comunicazione e, quindi, di crescita sociale e culturale complessive. Per questo il tema di fondo della coesione è stato sviluppato a partire dal concetto di sostenibilità ambientale cioè da un obiettivo di misura delle azioni ammesse per realizzare crescita sociale ed economica senza esaurire i potenziali (le riserve) capaci di garantire uguale crescita alle generazioni future. L’ambiente, fatto di territori e dunque di luoghi, diviene un iniseme di sistemi complessi (economico-sociali, naturali strutturali ecc.) e di economicità (è un bene utile, raro e godibile) spesso non monetarizzabile, come nel caso della coesione. Proprio per questo è anche misurabile in termini di valore ambientale iniziale e valore ambientale finale (STeMA). Nella maggior parte dei casi esaminati e valutati (27 città italiane, ad esempio), gli effetti sono stati di disequilibrio anche a causa del mancato completamento dei programmi istitutivi o di regole di piano troppo generiche per adattarsi a specifici contesti geografico-economici. Lo stesso discorso può essere fatto per la scala. Ad esempio: la rete può avere un senso se si leggono le città alla scala sopranazionale, ma a quella interregionale il fenomeno perde di evidenza, soprattutto in presenza di continuum insediativi, che saldando in un unicum parti prima ben delimitate. La coesione tra parti e soggetti sul territorio sembra essere diventata dal 2000 molto più che una prospettiva per l’integrazione europea, ed è una scommessa attraente quella di poter giungere nei territori europei (alle diverse scale geografiche), nei giusti tempi, all’abbattimento di confini canonici per realizzare una piena unificazione economica e sociale, quindi politica, pur tenendo conto delle differenze delle differenti regioni coinvolte. L’integrazione è sullo sfondo di tutta la ricerca sulla coesione territoriale promossa dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, perché un territorio assuma tutti gli stadi strumentali che permettono la qualificazione non solo funzionale degli spazi, coordinandoli verso un unico fine, coinvolgendo in questo processo di scala transregionale le aree intraregionali del nostro Paese.Sia l’Unione europea sia il Ministero delle Infrastrutture sanno bene, però, che la coesione non può prescindere dall’atteggiamento delle popolazioni o degli organismi/organizzazioni e dalla loro disposizione a superare, in senso letterale o figurato, i confini della propria regione di interesse. Tant’è che in passato la realizzazione della coesione (nella sua accezione di integrazione) è stata affidata solo alle regioni già sviluppate, dove più forte era la specializzazioni produttiva.
giu-2006
Settore M-GGR/02 - GEOGRAFIA ECONOMICO-POLITICA
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Prezioso, M
Prezioso, M. (a cura di). (2006). Individuazione e descrizione di criteri e di indicatori di coesione territoriale a supporto della programmazione strategica nazionale e della programmazione comunitaria 2007-2013. Roma : Ministero delle infrastrutture.
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