Tra gli aspetti maggiormente interessati dalla nuova disciplina delle impugnazioni (d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11) risalta, senza dubbio, il ridimensionamento del potere del magistrato del pubblico ministero di introdurre il secondo grado di giudizio. Tre sono le direttrici lungo le quali si è mossa la riforma: la riscrittura dei casi di appello, attraverso una selezione, in senso riduttivo, delle pronunce suscettibili di essere sottoposte a controllo di merito ad iniziativa della parte pubblica; l’esclusione della potestà di esperire appello incidentale; la ridefinizione delle sfere di legittimazione riconosciute agli uffici inquirenti. È su quest’ultimo aspetto che è, in particolare, incentrata l’analisi, al fine di discernere portata e implicazioni sistematiche della novella legislativa, che sovverte l’assetto che il legislatore del 1988 aveva ereditato dal codice “Rocco”. Il profilo maggiormente problematico attiene alla identificazione del perimetro della “acquiescenza” dell’ufficio operante in primo grado, divenuto presupposto indispensabile del potere di appello del Procuratore Generale. Il dato normativo induce, al riguardo, a riflettere.
Troisi, P. (2019). L’appello del pubblico ministero. In G. Ranaldi (a cura di), La riforma delle impugnazioni penali. Semplificazione, deflazione, restaurazione. (pp. 119-143). Pisa : Pisa University Press.
L’appello del pubblico ministero
Troisi, P
2019-01-01
Abstract
Tra gli aspetti maggiormente interessati dalla nuova disciplina delle impugnazioni (d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11) risalta, senza dubbio, il ridimensionamento del potere del magistrato del pubblico ministero di introdurre il secondo grado di giudizio. Tre sono le direttrici lungo le quali si è mossa la riforma: la riscrittura dei casi di appello, attraverso una selezione, in senso riduttivo, delle pronunce suscettibili di essere sottoposte a controllo di merito ad iniziativa della parte pubblica; l’esclusione della potestà di esperire appello incidentale; la ridefinizione delle sfere di legittimazione riconosciute agli uffici inquirenti. È su quest’ultimo aspetto che è, in particolare, incentrata l’analisi, al fine di discernere portata e implicazioni sistematiche della novella legislativa, che sovverte l’assetto che il legislatore del 1988 aveva ereditato dal codice “Rocco”. Il profilo maggiormente problematico attiene alla identificazione del perimetro della “acquiescenza” dell’ufficio operante in primo grado, divenuto presupposto indispensabile del potere di appello del Procuratore Generale. Il dato normativo induce, al riguardo, a riflettere.File | Dimensione | Formato | |
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