In Molise ci passano tutti una volta o l’altra, ma pochi conoscono questa regione nell’era della globalizzazione, dove l’informazione, la comunicazione, il messaggio, l’immagine contano più di quello che la nostra mente ed i nostri occhi sanno ‘appercepire’. Testimone attivo della cultura centro-meridionale del nostro Paese, la Regione ha saputo cogliere nel tempo, e non senza difficoltà, spunti di forte modernità. Nel Molise odierno i cardini che hanno fatto la storia del Mezzogiorno convivono oggi inalterati con quelli dell’Europa del dopo Maastricht, in un’organizzazione territoriale ed economico-sociale che, su base locale, dettarono i Sanniti prima, i Romani poi ed in ultimo i Borboni: pochi centri di mercato, Campobasso e Termoli, si sono ‘aggiunti’ a Venafro, Isernia, Boiano, Larino, Sepino e Pietrabbondante. Alcuni di questi colpiscono la nostra attenzione più per i resti archeologici che per la popolazione insediata, nonostante l’ubicazione in aree altamente fertili (in dialetto le piane), disposte lungo due direttrici di attraversamento (nord-ovest e sud-est). In Molise ci sono passati e ci passano tutti si diceva; molti vi si sono fermati: dall’uomo preistorico ai Sabini-Sanniti ai Romani, dai Bulgari ai Saraceni ai Longobardi ai Normanni, dagli Angioini agli Aragonesi ai Borboni, dai Tedeschi agli Americani, dai rimpatriati dopo le grandi ondate migratorie del secolo scorso e degli anni ’60, ai vacanzieri delle regioni confinanti (Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia) che ritrovano ogni estate le proprie radici, o attraversano il Molise per raggiungere la costa adriatica. Perché il Molise è anche una regione di passaggio; è stata più volte divisa ed accorpata, razionalizzata, riorganizzata; vi sono state costruite nuove ‘borgate’, ‘castella’ al posto di tuguri, dighe ed invasi, attribuiti toponimi; sono stati sperimentati modelli (per separare i comuni urbani da quelli agricoli, o industrializzare, per poli di sviluppo, una regione sostanzialmente agricola ed artigiana); si è passati dal Contado (con 91 comuni-feudi) ai distretti ed ai governi, dai comuni ai mandamenti ai circondari, dalla ‘Provincia di Molise’ all’attuale assetto regionale, fatto di due province amministrative (Campobasso ed Isernia) e 136 comuni. Il toponimo regionale non è cambiato dal 667, anno in cui – narrano le cronache - il Duca Grimaldo ripopolò l’area compresa tra i borghi di Sepino, Boiano ed Isernia, favorendo l’insediamento di gruppi provenienti dalla Bulgaria, dopo uno dei tanti terremoti distruttivi che ciclicamente interessano l’area. Molise, non “Abruzzo e Molise” o, come dice ancora qualcuno, “Abruzzi”. Regione da soli quarant’anni, cioè da quando la Legge n. 3 ha modificato nel 1963 l’art. 131 della Costituzione istituendo la ventesima regione italiana, separandola, il 17 dicembre, dall’Abruzzo. Una regione che, dalla metà del ‘500 ad oggi ha ampliato di poco la sua estensione territoriale (da 3.018 agli attuali 4.438 kmq) occupando solo l’1,5% del territorio nazionale (il “primato” è della Valle d’Aosta con l’1,1%); una regione dove ogni anno si perde popolazione (336.805 abitanti nel 1991, 316.548 nel 2001) ma la natalità d’impresa cresce del doppio rispetto a quella nazionale (1,64 contro 0,68 nel 2003). Il Molise, che sino alla metà dell‘800 rappresentava per il Regno di Napoli un importante ‘granaio’ dove sperimentare le teorie dell’Abate Galiani, è anche il core del Samnium propriamente detto. Qui sono stati ritrovati i resti dell’Homo Aeserniensis; qui ci si è dotati, sin dall’antichità, di una struttura politico-amministrativa confederativa (la Confederazione Sannita) estendendola alle popolazioni agricole stanziali sino alla Basilicata. E’ quindi un peccato che il museo archeologico di Isernia non si sia ancora trasformato in parco archeologico, o che il famoso ‘bronzo agnonese’ sia conservato al British Museum di Londra e non a Capracotta, perché si saprebbe che questa lastra di bronzo con iscrizione osca e traduzione greca è servita (come la stele di Rosetta per i geroglifici egizi) a decifrare la lingua dei Sanniti; così come è un peccato che dei tratturi si conosca solo il tratto pugliese che porta alla Capitanata foggiana, ma non quello molisano, senza il quale non sarebbe esistita la transumanza. Traccia appariva sino a qualche anno fa anche il sito dell’Abbazia di Castel San Vincenzo, costruito dai monaci benedettini nel 690 sulle sorgenti del Volturno e divenuto il più grande complesso monastico del Ducato di Benevento. Visitarlo oggi è come camminare a piedi in un romanzo medievale, così come sembra di poter incontrare proconsoli e poeti elegiaci passeggiando lungo i resti del cuniculus di Venefro o per le vie di Altilia. I Molisani conoscono queste ed altre risorse della propria storia (si narra ancora di un lago profondissimo sulle colline di Scapoli), ma hanno anche imparato a gestirle dentro e fuori la Regione trasformandole in base imprenditoriale, importando ed esportando, preferendo lo slow al fast negli scenari di sviluppo territoriale e nella realizzazione di progetti, portati a compimento nonostante i lunghi periodi di isolamento fisico e culturale. Francesco Jovine, scrittore e poeta molisano del ‘900, l’unico dello scorso secolo ad aver raggiunto una certa notorietà nazionale ed internazionale, lo scrive nell’introduzione alla I edizione del Touring Club Italiano di Attraverso l’Italia. Illustrazione delle regioni italiane: “Chiusa tra il Trigno e il Fortore, col gruppo del Matese che la domina e genera il suo più grande fiume (il Volturno, ndA), la piccola regione si presenta con caratteri fisici che, pur partecipando di quelli delle regioni contigue affini, la distinguono e ne fanno un nucleo di sufficiente omogeneità” (1948, pp. 199-204). E continua, Jovine, attingendo ad un vocabolario di aggettivi sferzanti, per precisare la natura di questo Molise che appare sul frontespizio con un carattere più piccolo di quello di Abruzzo, quasi a volere minimizzare il ruolo di una regione non ancora autonoma, ma pur sempre regione (vol. XIV, Abruzzo e Molise), definendola importuosa, con centri abitati e aziende minuscoli, aspra, montuosa, brulla, rocciosa, avara di vegetazione, piccola anche nelle estensioni di terre agevoli e dei brevi poderi. E poi franosa, piena di burroni … Ma il crudo realismo di Jovine, visceralmente attaccato alla sua terra molisana, diventa lirismo quando accenna al bisogno di totale indipendenza del piccolo proprietario molisano, alla pertinace resistenza a qualsiasi forma di dominio, ai ‘remoti confini della storia’ sparsi dappertutto nella terra molisana, ai ‘fermissimi riti familiari’ che accompagno ‘gli atti supremi della vita: il nascere, il morire, le nozze’… Sarà questa fermezza ad aver mantenuto inalterato il milieu molisano (nella lavorazione del rame, del ferro, della pietra, del legno, dei filati e dei tessuti, dei molini, dei pastifici e dei prodotti lattiero-caseari) consentendo di accettare la sfida della globalizzazione? Un milieu che coniuga l’impiego di nuove tecnologie con un artigianato pregevolissimo, l’energia eolica con quella idroelettrica, il turismo itinerante con la valorizzazione storico-culturale delle antiche centrali-mulini, la didattica ambientale con la produzione biologica, l’agricoltura e l’allevamento con l’agriturismo e le coltivazioni di qualità, l’industria agro-alimentare con la piccola meccanica, il tessile per l’alta moda con la tessitura dei merletti. E anche se ancora oggi, quando si parla di Molise, si è soliti distinguere in Alto, Medio e Basso Molise, è il dipanarsi della Regione in diverse e variegate realtà (almeno 13) a costituire la sua vera originalità: essere base geografica per uno sviluppo ancora potenzialmente sostenibile del territorio e dell’economia.

Prezioso, M. (2005). Molise. Novara : De Agostini.

Molise

PREZIOSO, MARIA
2005-01-01

Abstract

In Molise ci passano tutti una volta o l’altra, ma pochi conoscono questa regione nell’era della globalizzazione, dove l’informazione, la comunicazione, il messaggio, l’immagine contano più di quello che la nostra mente ed i nostri occhi sanno ‘appercepire’. Testimone attivo della cultura centro-meridionale del nostro Paese, la Regione ha saputo cogliere nel tempo, e non senza difficoltà, spunti di forte modernità. Nel Molise odierno i cardini che hanno fatto la storia del Mezzogiorno convivono oggi inalterati con quelli dell’Europa del dopo Maastricht, in un’organizzazione territoriale ed economico-sociale che, su base locale, dettarono i Sanniti prima, i Romani poi ed in ultimo i Borboni: pochi centri di mercato, Campobasso e Termoli, si sono ‘aggiunti’ a Venafro, Isernia, Boiano, Larino, Sepino e Pietrabbondante. Alcuni di questi colpiscono la nostra attenzione più per i resti archeologici che per la popolazione insediata, nonostante l’ubicazione in aree altamente fertili (in dialetto le piane), disposte lungo due direttrici di attraversamento (nord-ovest e sud-est). In Molise ci sono passati e ci passano tutti si diceva; molti vi si sono fermati: dall’uomo preistorico ai Sabini-Sanniti ai Romani, dai Bulgari ai Saraceni ai Longobardi ai Normanni, dagli Angioini agli Aragonesi ai Borboni, dai Tedeschi agli Americani, dai rimpatriati dopo le grandi ondate migratorie del secolo scorso e degli anni ’60, ai vacanzieri delle regioni confinanti (Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia) che ritrovano ogni estate le proprie radici, o attraversano il Molise per raggiungere la costa adriatica. Perché il Molise è anche una regione di passaggio; è stata più volte divisa ed accorpata, razionalizzata, riorganizzata; vi sono state costruite nuove ‘borgate’, ‘castella’ al posto di tuguri, dighe ed invasi, attribuiti toponimi; sono stati sperimentati modelli (per separare i comuni urbani da quelli agricoli, o industrializzare, per poli di sviluppo, una regione sostanzialmente agricola ed artigiana); si è passati dal Contado (con 91 comuni-feudi) ai distretti ed ai governi, dai comuni ai mandamenti ai circondari, dalla ‘Provincia di Molise’ all’attuale assetto regionale, fatto di due province amministrative (Campobasso ed Isernia) e 136 comuni. Il toponimo regionale non è cambiato dal 667, anno in cui – narrano le cronache - il Duca Grimaldo ripopolò l’area compresa tra i borghi di Sepino, Boiano ed Isernia, favorendo l’insediamento di gruppi provenienti dalla Bulgaria, dopo uno dei tanti terremoti distruttivi che ciclicamente interessano l’area. Molise, non “Abruzzo e Molise” o, come dice ancora qualcuno, “Abruzzi”. Regione da soli quarant’anni, cioè da quando la Legge n. 3 ha modificato nel 1963 l’art. 131 della Costituzione istituendo la ventesima regione italiana, separandola, il 17 dicembre, dall’Abruzzo. Una regione che, dalla metà del ‘500 ad oggi ha ampliato di poco la sua estensione territoriale (da 3.018 agli attuali 4.438 kmq) occupando solo l’1,5% del territorio nazionale (il “primato” è della Valle d’Aosta con l’1,1%); una regione dove ogni anno si perde popolazione (336.805 abitanti nel 1991, 316.548 nel 2001) ma la natalità d’impresa cresce del doppio rispetto a quella nazionale (1,64 contro 0,68 nel 2003). Il Molise, che sino alla metà dell‘800 rappresentava per il Regno di Napoli un importante ‘granaio’ dove sperimentare le teorie dell’Abate Galiani, è anche il core del Samnium propriamente detto. Qui sono stati ritrovati i resti dell’Homo Aeserniensis; qui ci si è dotati, sin dall’antichità, di una struttura politico-amministrativa confederativa (la Confederazione Sannita) estendendola alle popolazioni agricole stanziali sino alla Basilicata. E’ quindi un peccato che il museo archeologico di Isernia non si sia ancora trasformato in parco archeologico, o che il famoso ‘bronzo agnonese’ sia conservato al British Museum di Londra e non a Capracotta, perché si saprebbe che questa lastra di bronzo con iscrizione osca e traduzione greca è servita (come la stele di Rosetta per i geroglifici egizi) a decifrare la lingua dei Sanniti; così come è un peccato che dei tratturi si conosca solo il tratto pugliese che porta alla Capitanata foggiana, ma non quello molisano, senza il quale non sarebbe esistita la transumanza. Traccia appariva sino a qualche anno fa anche il sito dell’Abbazia di Castel San Vincenzo, costruito dai monaci benedettini nel 690 sulle sorgenti del Volturno e divenuto il più grande complesso monastico del Ducato di Benevento. Visitarlo oggi è come camminare a piedi in un romanzo medievale, così come sembra di poter incontrare proconsoli e poeti elegiaci passeggiando lungo i resti del cuniculus di Venefro o per le vie di Altilia. I Molisani conoscono queste ed altre risorse della propria storia (si narra ancora di un lago profondissimo sulle colline di Scapoli), ma hanno anche imparato a gestirle dentro e fuori la Regione trasformandole in base imprenditoriale, importando ed esportando, preferendo lo slow al fast negli scenari di sviluppo territoriale e nella realizzazione di progetti, portati a compimento nonostante i lunghi periodi di isolamento fisico e culturale. Francesco Jovine, scrittore e poeta molisano del ‘900, l’unico dello scorso secolo ad aver raggiunto una certa notorietà nazionale ed internazionale, lo scrive nell’introduzione alla I edizione del Touring Club Italiano di Attraverso l’Italia. Illustrazione delle regioni italiane: “Chiusa tra il Trigno e il Fortore, col gruppo del Matese che la domina e genera il suo più grande fiume (il Volturno, ndA), la piccola regione si presenta con caratteri fisici che, pur partecipando di quelli delle regioni contigue affini, la distinguono e ne fanno un nucleo di sufficiente omogeneità” (1948, pp. 199-204). E continua, Jovine, attingendo ad un vocabolario di aggettivi sferzanti, per precisare la natura di questo Molise che appare sul frontespizio con un carattere più piccolo di quello di Abruzzo, quasi a volere minimizzare il ruolo di una regione non ancora autonoma, ma pur sempre regione (vol. XIV, Abruzzo e Molise), definendola importuosa, con centri abitati e aziende minuscoli, aspra, montuosa, brulla, rocciosa, avara di vegetazione, piccola anche nelle estensioni di terre agevoli e dei brevi poderi. E poi franosa, piena di burroni … Ma il crudo realismo di Jovine, visceralmente attaccato alla sua terra molisana, diventa lirismo quando accenna al bisogno di totale indipendenza del piccolo proprietario molisano, alla pertinace resistenza a qualsiasi forma di dominio, ai ‘remoti confini della storia’ sparsi dappertutto nella terra molisana, ai ‘fermissimi riti familiari’ che accompagno ‘gli atti supremi della vita: il nascere, il morire, le nozze’… Sarà questa fermezza ad aver mantenuto inalterato il milieu molisano (nella lavorazione del rame, del ferro, della pietra, del legno, dei filati e dei tessuti, dei molini, dei pastifici e dei prodotti lattiero-caseari) consentendo di accettare la sfida della globalizzazione? Un milieu che coniuga l’impiego di nuove tecnologie con un artigianato pregevolissimo, l’energia eolica con quella idroelettrica, il turismo itinerante con la valorizzazione storico-culturale delle antiche centrali-mulini, la didattica ambientale con la produzione biologica, l’agricoltura e l’allevamento con l’agriturismo e le coltivazioni di qualità, l’industria agro-alimentare con la piccola meccanica, il tessile per l’alta moda con la tessitura dei merletti. E anche se ancora oggi, quando si parla di Molise, si è soliti distinguere in Alto, Medio e Basso Molise, è il dipanarsi della Regione in diverse e variegate realtà (almeno 13) a costituire la sua vera originalità: essere base geografica per uno sviluppo ancora potenzialmente sostenibile del territorio e dell’economia.
2005
Settore M-GGR/02 - GEOGRAFIA ECONOMICO-POLITICA
Italian
Rilevanza nazionale
Molise; analisi regionale; economia; ambiente; territorio;
Collana a cura di P. Landini. Monografia pp. 463-525
Prezioso, M. (2005). Molise. Novara : De Agostini.
Monografia
Prezioso, M
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