Dopo alcune considerazioni generali sull'art. 141-bis c.p.p., introdotto dall'art. 2 l. n. 332 del 1995, per reagire alle costanti prassi disapplicative di quanto originariamente previsto dal codice di procedura penale in tema di documentazione degli atti, l'A. analizza il fenomeno della successione nel tempo di leggi processuali penali. In materia, esclusa l'operatività dell'art. 2, comma 3, c.p. e chiarita l'impossibilità di estendere agli atti processuali penali la legge più favorevole al reo, si applica l'art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale, tradotto nel principio tempus regit actum. Secondo tale regola, in assenza di disposizioni di diritto transitorio, la validità di un atto è regolata dalla legge vigente al momento della sua formazione, a nulla ostando la legge successiva, che esplica efficacia immediata. A tale conclusione perviene la sentenza annotata, che ha riconosciuto la validità degli interrogatori assunti precedentemente all'entrata in vigore dell'art. 141-bis c.p.p., senza le modalità di riproduzione fonografica o audiovisiva da esso previste. Ciò, in contrasto con un indirizzo interpretativo inaugurato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, che, circa l'applicabilità ai processi in corso dell'art. 513 c.p.p., modificato dall'art. 6 l. n. 267 del 1997, statuì la inutilizzabilità sopravvenuta della prova ai fini del decisum, prospettando una duplice configurazione di tale invalidità, quale divieto di acquisizione e divieto d'uso della prova.
Famiglietti, A. (2003). Successione di leggi processuali penali, tempus regit actum ed inutilizzabilità ex art. 141-bis c.p.p. CASSAZIONE PENALE, 43(9), 2689-2706.
Successione di leggi processuali penali, tempus regit actum ed inutilizzabilità ex art. 141-bis c.p.p.
FAMIGLIETTI, ADA
2003-01-01
Abstract
Dopo alcune considerazioni generali sull'art. 141-bis c.p.p., introdotto dall'art. 2 l. n. 332 del 1995, per reagire alle costanti prassi disapplicative di quanto originariamente previsto dal codice di procedura penale in tema di documentazione degli atti, l'A. analizza il fenomeno della successione nel tempo di leggi processuali penali. In materia, esclusa l'operatività dell'art. 2, comma 3, c.p. e chiarita l'impossibilità di estendere agli atti processuali penali la legge più favorevole al reo, si applica l'art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale, tradotto nel principio tempus regit actum. Secondo tale regola, in assenza di disposizioni di diritto transitorio, la validità di un atto è regolata dalla legge vigente al momento della sua formazione, a nulla ostando la legge successiva, che esplica efficacia immediata. A tale conclusione perviene la sentenza annotata, che ha riconosciuto la validità degli interrogatori assunti precedentemente all'entrata in vigore dell'art. 141-bis c.p.p., senza le modalità di riproduzione fonografica o audiovisiva da esso previste. Ciò, in contrasto con un indirizzo interpretativo inaugurato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, che, circa l'applicabilità ai processi in corso dell'art. 513 c.p.p., modificato dall'art. 6 l. n. 267 del 1997, statuì la inutilizzabilità sopravvenuta della prova ai fini del decisum, prospettando una duplice configurazione di tale invalidità, quale divieto di acquisizione e divieto d'uso della prova.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.