Il presente studio prende in esame la rivista artistico-letteraria Italien und Deutschland in Rücksicht auf Sitten, Gebräuche, Litteratur und Kunst (Italia e Germania. In considerazione di usi, costumi, letteratura e arte), pubblicata tra il 1789 e il 1793 dalla casa editrice della prestigiosa Accademia delle Arti e delle Scienze di Berlino. Il periodico fu ideato e curato dallo scrittore Karl Philipp Moritz che, durante il suo soggiorno romano (1786-1788), coinciso con quello di Goethe, ebbe la possibilità di collaborare con figure che si rivelarono determinanti per l’esportazione del modello classico in Germania. Tra queste, l’archeologo Aloys Hirt, secondo collaboratore della rivista e vera anima della stessa. Italien und Deutschland funge in primis da osservatorio privilegiato per cogliere i molteplici livelli della circolazione artistica italo-tedesca tra fine Settecento e inizi Ottocento. Il solo titolo si prefigura quale formula volta empaticamente a sintetizzare l’unione di due nature diverse e a evocare la sintesi di principî artistici altrettanto differenti. All’interesse di tipo comparativo si unisce poi quello antropologico che fa del giornale uno strumento utile a tratteggiare la fisionomia dell’Italia della Spätaufklärung, nei modi e nelle forme della socialità. Tuttavia, nonostante le numerose sfaccettature di un’opera dalla vita forse troppo breve perché se ne potesse decretare il successo, Italien und Deutschland è stata ingiustamente e inspiegabilmente dimenticata tanto dalla critica dell’epoca, quanto da quella attuale. Ad oggi non sono stati condotti studi o ricerche scientifiche sulla rivista e la pressoché assente letteratura critica in proposito non aiuta a far luce sui molti punti oscuri che la interessano. L’unica eccezione è offerta dai saggi di due studiosi, Jürgen Zimmer e Claudia Sedlarz, protagonisti, negli ultimi decenni, di un primo significativo passo in direzione della riscoperta del periodico, cui hanno cercato di restituire nuova importanza, sottolineando la grande lacuna che l’indifferenza nei suoi confronti ha finora rappresentato . È inoltre degno di nota il fatto che, soltanto con il progetto avviato nel 1987 dall’Accademia delle Scienze di Göttingen, il nome di Italien und Deutschland figuri in un elenco degli organi di recensione della Germania dell’Illuminismo . Tale indice, monitorato da una banca-dati in continuo aggiornamento, contenente i titoli di 195 riviste in lingua tedesca, è stato in seguito trasformato in materiale liberamente consultabile in rete dall’Università di Bielefeld che, con il programma intitolato Retrospektive Digitalisierung wissenschaftlicher Rezensionsorgane und Literaturzeitschriften des 18. und 19. Jahrhunderts aus dem deutschen Sprachraum, si è proposta di eseguire la digitalizzazione di ciascun periodico individuato da Göttingen. Della seconda fase del progetto (2006-2008) fa parte l’inserimento di Italien und Deutschland, disponibile quindi online dal febbraio 2008 nell’edizione presente presso la Staatsbibliothek di Berlino. Il giornale di Hirt e Moritz ha così dovuto attendere due secoli per vedersi finalmente riconosciuto quel posto ufficiale nel novero degli organi periodici della Spätaufklärung tedesca, che gli era stato negato da tutti i preesistenti elenchi di riviste letterarie del XVIII secolo - si ricordano, tra gli altri, Die Zeitschriften des Deutschen Sprachgebietes von den Anfängen bis 1830 di Joachim Kirchner Hiersemann, il testo di Jürgen Wilke (1978), Literarische Zeitschriften des 18. Jahrhunderts (1688–1789), e infine le Zeitschriften der Berliner Spätaufklärung del 1979, di Paul Hocks e Peter Schmidt . Neppure assegnando al giornale lo status specifico di «rivista artistica» si ha una qualche probabilità di trovarne tracce negli studi dedicati all’argomento, primo fra tutti il testo canonico di Ernst Herbert Lehmann sulla storia della Kunstzeitschrift in Germania . In un’unica occasione le pagine di Italien und Deutschland hanno conosciuto l’onore di essere pubblicamente esposte, per di più in un contesto prestigioso come quello del museo. Nella mostra Auch ich in Arkadien. Kunstreisen nach Italien 1600-1900, allestita presso lo Schiller-Nationalmuseum di Marbach nel 1966, fu presentato un esemplare del frontespizio del primo numero del giornale, nonché una copia dell’incisione in rame raffigurante le sculture di Dannecker e Scheffauer, le due promesse dell’arte tedesca attive a Roma, cui Hirt dedica un articolo della rivista . Si è indotti a credere che la scarsa attenzione di cui Italien und Deutschland fu oggetto sin dall’epoca della sua uscita sia strettamente legata al più generale disinteresse della critica nei confronti della persona e dell’opera dei due autori. […] die Auslese aus dem deutschen 18. Jahrhundert [scheint] im Deutschland des 19. Jahrhunderts […] besonders einseitig betrieben worden zu sein […]. Reduziert wurde […] das Werk der Klassiker […]. Besonders reduziert wurde damit auch das Werk des Berliner Spätaufklärers Karl Philipp Moritz. Auf ein Werk - die Abhandlung »Über die bildende Nachahmung des Schönen« - hatte die Geistgeschichte am Ende des 19. Jahrhunderts die rund fünfzig von Moritz in siebenunddreißig Lebensjahren publizierten Titel reduziert, und [...] wurde auch dies dem Goetheschen Kopfe zugeschlagen . Sebbene a questa affermazione Anneliese Klingenberg faccia seguire la constatazione del grande lavoro di riscoperta ruotato attorno all’opera di Moritz nel secolo scorso, la studiosa non manca di sottolineare come, malgrado ciò, si sia continuato a tralasciare larga parte della sua produzione . In effetti, nonostante il grande interesse odierno per gli scritti di quest’autore, solo durante la seconda metà del Novecento la sua poliedrica e interessante personalità, dopo essere stata a lungo trascurata, è tornata ad attirare l’attenzione della critica. Probabilmente proprio a causa dell’ampio spettro di generi con cui Moritz osò cimentarsi e del carattere frammentario e disomogeneo della sua vasta opera - che la mancanza di un lascito e di manoscritti ha reso spesso difficile da reperire -, solo di recente si è potuta concretizzare la messa a punto di un’edizione critica completa dei suoi scritti . Gran parte della produzione del romanziere, filosofo e saggista tedesco, che pure aveva conosciuto, sul finire del Settecento, una discreta notorietà, grazie al saggio citato dalla Klingenberg e ad altri titoli fortunati , - che gli procurarono l’ammirazione di grandi protagonisti del primo romanticismo, quali Jean Paul, Tieck e Wackenroder -, passò nei decenni a venire quasi del tutto inosservata. Le insinuazioni riguardanti la subalternità e la dipendenza da Goethe - primo assertore della novità dei suoi testi, nonché affezionato amico -, pronte a mettere in discussione l’originalità delle sue teorie estetiche, non giovarono poi alla rivalutazione dello scrittore. Tra le opere presto dimenticate, anche i Viaggi di un tedesco in Italia - a cui è strettamente legato il lavoro alla rivista -, rivalutati solo in epoca attuale, ma nondimeno frutto di un’esperienza di assoluto rilievo per l’evoluzione del pensiero estetico e filosofico di Moritz. Considerato ciò, non stupisce che gli studiosi abbiano sempre dimenticato di far menzione, se non marginalmente ed esclusivamente in rapporto al resoconto del suo soggiorno romano, di Italien und Deutschland. Moritz tuttavia, com’è noto, seppure riabilitato solo recentemente dalla critica, che gli ha altresì conferito la qualifica di «precursore» («precusore di Kant», «precursore dei romantici» ), ha potuto ritagliarsi il suo spazio in quell’olimpo dei classici, che non riuscì a scalare invece Hirt, il quale già in vita perse molta della sua celebrità, per essere poi quasi completamente dimenticato dopo la morte. Eppure le sue ricerche potrebbero definirsi oggi interdisciplinari. Durante il suo lungo soggiorno romano si confrontò, da autodidatta, con l’arte antica e moderna come mai nessuno aveva fatto prima a Berlino: fu studioso dell’antico, teorico e critico d’arte e archeologia, architetto dilettante, direttore teatrale ed esponente di spicco della politica culturale della corte prussiana. In quest’ambito si fece promotore del primo museo pubblico del regno, ottenne l’incarico di consigliere artistico per l’allestimento dei castelli reali, fu nominato membro dell’Accademia delle Scienze, di quella delle Arti e della Bauakademie e in ultimo gli venne assegnata la prima cattedra di archeologia presso l’Università di Berlino che, nel 1810, aveva contribuito a fondare. Nelle opere rimaste, comprendenti monografie e trattati pubblicati in piccole edizioni, insieme a decine di recensioni e saggi usciti nel corso della sua lunga carriera su periodici e giornali, si rintracciano tutte le forme della pubblicistica del XVIII secolo: dal resoconto di viaggio, anche in forma epistolare, allo scritto accademico erudito, fino al racconto aneddotico. Nonostante la ricchezza della sua produzione, l’importanza delle sue teorie e l’impegno profuso negli ambiti più diversi, Hirt dovette condividere con molti suoi contemporanei, altrettanto meritevoli di aver dato impulso alla vita culturale del tempo e di aver fatto conoscere ai connazionali le novità artistiche che fiorivano in Italia, la triste sorte della Vergessenheit. Sebbene la scomparsa dell’autore dal firmamento culturale e artistico della sua epoca non sembra essere in alcun modo giustificabile, si ritiene di poter rintracciare nel cambiamento dei tempi una prima ragione di tanta noncuranza: il classicismo restauratore, di cui Hirt si faceva portavoce, dovette risultare troppo rigido alla generazione dei suoi primi allievi che, proiettati ormai in un’ottica già completamente romantica, non riuscirono a scorgere la grande carica innovativa del suo pensiero. È stato ancora una volta grazie all’opera di Zimmer e della Sedlarz che, solo pochi anni fa, si è cercato di fissare il profilo scientifico di Hirt e di valutare la sua incidenza sulla cultura berlinese . Il presente lavoro prende le mosse proprio dall’invito che i due studiosi hanno rivolto alla ricerca: quello di dedicare a Italien und Deutschland e alla sua storia un’analisi approfondita, in grado di gettare nuova luce su un periodico rimasto troppo a lungo nell’ombra. Una prima linea di indagine sarà quella volta a ricostruire la rete di stimoli, di interessi culturali e di rapporti che si intrecciò tra i protagonisti di questa vicenda: le circostanze insomma che portarono alla nascita del sodalizio tra Moritz e Hirt. Si cercherà in primo luogo di risalire alle origini del progetto, di cui non rimane traccia alcuna se non i pochissimi riferimenti indiretti presenti nella corrispondenza di Goethe. Il carteggio tra i due autori è andato perduto, così come qualsivoglia altra testimonianza in grado di attestare lo scambio di idee intercorso fra loro e di far luce sui motivi che portarono all’improvviso abbandono della collaborazione da parte di Hirt e alla fine stessa del periodico. Si passerà di qui a valutare in che misura, nell’edizione finale del giornale, ci si sia discostati dall’idea contenuta nel programma originario. Tale questione pone, a sua volta, un problema di classificazione relativo al genere testuale della rivista. Nel tentativo di delinearne il profilo, così da attribuirle uno status specifico, si cercherà di evidenziare la novità insita nell’idea di una pubblicazione giornalistica organica volta a privilegiare lo scambio fra i due paesi, che già alcuni contemporanei di Hirt e Moritz avevano invano cercato di mettere in piedi. Capire quanta parte dell’attualità italiana venisse trasmessa, in quegli anni, ai lettori d’oltralpe rappresenterà un punto di riferimento importante per comprendere quale fosse la domanda culturale a cui Italien und Deutschland intendeva rispondere, soprattutto rispetto a una visione della penisola, diffusa nella Germania del tardo XVIII secolo, legata esclusivamente alle idealità classiche. Il riferimento al dato attuale e l’attenzione per tematiche nuove come quelle riguardanti la contemporanea produzione artistica europea rappresenteranno il primo indicatore di una problematizzazione del richiamo unilaterale al classico, che sul finire del secolo le spoliazioni napoleoniche contribuiranno a mettere ulteriormente in crisi. In effetti, le confische francesi provarono duramente l’identità culturale italiana, che si vide così depredata del suo ruolo di centro propulsore dell’arte. Ad essere messo in discussione fu il primato stesso dell’antico, cui si iniziò a preferire il fermento di Londra e Parigi, sempre più avvertite come vera alternativa alla «decadente» Roma. Si ribalta così un concetto che fino ad allora era stato predominante: quello per cui la magnificenza della «Roma antica» era tale da annullare il volto degradato della «Roma moderna», alla quale in primo luogo il sistema politico ed ecclesiastico, avvertito come corrotto dalla maggior parte dei viaggiatori stranieri, aveva impedito di rinnovarsi . Nella rivista risulta evidente proprio come, accanto all’immagine dell’Italia quale terra in cui fare l’esperienza massima dell’antico, stesse iniziando a prendere forma in questo periodo l’idea di un paese dove potersi finalmente confrontare anche con i vari aspetti della modernità. Si vedrà come anche lo stesso Moritz cominci a proiettarsi verso una tale ottica. La sua visione dell’Italia non ruotava, come per Goethe, in maniera totalizzante attorno alla rievocazione di un mondo classico, che pure rimane un punto fermo nella costituzione della propria coscienza artistica, ma poneva al centro dell’indagine l’elemento vitale della contemporaneità. Uno degli intenti che questo studio vuole perseguire è allora quello di dimostrare come la vera novità del periodico risieda nel grande interesse rivolto dai suoi autori al linguaggio artistico della «Roma moderna», fino ad allora influenzato, come detto, dal forte pregiudizio sulla decadenza italiana che aveva spinto molti tedeschi a misconoscerne il valore . Si vorrà inoltre provare che l’inizio di un ripensamento del richiamo unilaterale al classico in Italien und Deutschland risulta altresì testimoniato dall’apertura a tematiche che, quand’anche non di argomento contemporaneo, restavano comunque estranee al canone del tempo. Ciò troverà esemplificazione, tra gli altri, nel saggio sull’architettura delle basiliche paleocristiane e nello scritto che sancirà la riscoperta di un artista del primo rinascimento quale Giovanni da Fiesole, rimasto, al pari di molti suoi contemporanei, all’ombra di quei maestri come Michelangelo, Tiziano e Raffaello che, soprattutto in virtù delle teorie di Raphael Mengs, avevano oscurato il resto del panorama quattrocentesco. Dopo aver inserito il lavoro al progetto dei due autori nell’ambito dei loro rispettivi percorsi di vita, da cui non si può prescindere, soprattutto tenuto conto di quanto in essi si rifletta l’epoca di transizione cui Hirt e Moritz appartengono, si procederà alla presentazione dell’opera. Dapprima verrà dato conto dell’organizzazione generale della rivista, mentre nella seconda parte del lavoro si cercherà, in maniera più dettagliata, di restituire alla specificità dei singoli interventi la loro funzione centrale e comunicativa, disegnando, attraverso alcuni di quelli più significativi, la mappa dei motivi e dei temi offerta dal giornale ai suoi lettori. Prima ancora però l’indagine sarà indirizzata alla ricostruzione della fortuna di Italien und Deutschland, cercando di valutare quanto e quale interesse una rivista del genere abbia potuto suscitare nel pubblico dell’epoca, e che tipo di risultati concreti poté sortire l’opera sul mercato letterario. Un’ultima linea di ricerca sarà, infine, quella dedicata al confronto tra i contributi pubblicati da Moritz nel periodico e la loro riproposizione all’interno del suo diario di viaggio. In questa sede, dopo una breve ricostruzione della genesi delle Reisen, si procederà all’analisi delle varianti contenutistiche delle due stesure, cui seguirà l’esame delle modifiche sintattiche, stilistiche e ortografiche, apportate di volta in volta in entrambe le versioni dei testi moritziani. Fine ultimo della ricerca è dunque quello di salvare dall’oblio Italien und Deutschland, mostrando, attraverso la grande varietà dei riferimenti che è possibile rintracciare a partire dalle sue pagine, come questa sconosciuta rivista della Goethezeit rappresenti un mondo tutto da scoprire
Giuliano, L. (2011). Italien und Deutschland: storia di una rivista della Goethezeit [10.58015/giuliano-lucia_phd2011].
Italien und Deutschland: storia di una rivista della Goethezeit
GIULIANO, LUCIA
2011-01-01
Abstract
Il presente studio prende in esame la rivista artistico-letteraria Italien und Deutschland in Rücksicht auf Sitten, Gebräuche, Litteratur und Kunst (Italia e Germania. In considerazione di usi, costumi, letteratura e arte), pubblicata tra il 1789 e il 1793 dalla casa editrice della prestigiosa Accademia delle Arti e delle Scienze di Berlino. Il periodico fu ideato e curato dallo scrittore Karl Philipp Moritz che, durante il suo soggiorno romano (1786-1788), coinciso con quello di Goethe, ebbe la possibilità di collaborare con figure che si rivelarono determinanti per l’esportazione del modello classico in Germania. Tra queste, l’archeologo Aloys Hirt, secondo collaboratore della rivista e vera anima della stessa. Italien und Deutschland funge in primis da osservatorio privilegiato per cogliere i molteplici livelli della circolazione artistica italo-tedesca tra fine Settecento e inizi Ottocento. Il solo titolo si prefigura quale formula volta empaticamente a sintetizzare l’unione di due nature diverse e a evocare la sintesi di principî artistici altrettanto differenti. All’interesse di tipo comparativo si unisce poi quello antropologico che fa del giornale uno strumento utile a tratteggiare la fisionomia dell’Italia della Spätaufklärung, nei modi e nelle forme della socialità. Tuttavia, nonostante le numerose sfaccettature di un’opera dalla vita forse troppo breve perché se ne potesse decretare il successo, Italien und Deutschland è stata ingiustamente e inspiegabilmente dimenticata tanto dalla critica dell’epoca, quanto da quella attuale. Ad oggi non sono stati condotti studi o ricerche scientifiche sulla rivista e la pressoché assente letteratura critica in proposito non aiuta a far luce sui molti punti oscuri che la interessano. L’unica eccezione è offerta dai saggi di due studiosi, Jürgen Zimmer e Claudia Sedlarz, protagonisti, negli ultimi decenni, di un primo significativo passo in direzione della riscoperta del periodico, cui hanno cercato di restituire nuova importanza, sottolineando la grande lacuna che l’indifferenza nei suoi confronti ha finora rappresentato . È inoltre degno di nota il fatto che, soltanto con il progetto avviato nel 1987 dall’Accademia delle Scienze di Göttingen, il nome di Italien und Deutschland figuri in un elenco degli organi di recensione della Germania dell’Illuminismo . Tale indice, monitorato da una banca-dati in continuo aggiornamento, contenente i titoli di 195 riviste in lingua tedesca, è stato in seguito trasformato in materiale liberamente consultabile in rete dall’Università di Bielefeld che, con il programma intitolato Retrospektive Digitalisierung wissenschaftlicher Rezensionsorgane und Literaturzeitschriften des 18. und 19. Jahrhunderts aus dem deutschen Sprachraum, si è proposta di eseguire la digitalizzazione di ciascun periodico individuato da Göttingen. Della seconda fase del progetto (2006-2008) fa parte l’inserimento di Italien und Deutschland, disponibile quindi online dal febbraio 2008 nell’edizione presente presso la Staatsbibliothek di Berlino. Il giornale di Hirt e Moritz ha così dovuto attendere due secoli per vedersi finalmente riconosciuto quel posto ufficiale nel novero degli organi periodici della Spätaufklärung tedesca, che gli era stato negato da tutti i preesistenti elenchi di riviste letterarie del XVIII secolo - si ricordano, tra gli altri, Die Zeitschriften des Deutschen Sprachgebietes von den Anfängen bis 1830 di Joachim Kirchner Hiersemann, il testo di Jürgen Wilke (1978), Literarische Zeitschriften des 18. Jahrhunderts (1688–1789), e infine le Zeitschriften der Berliner Spätaufklärung del 1979, di Paul Hocks e Peter Schmidt . Neppure assegnando al giornale lo status specifico di «rivista artistica» si ha una qualche probabilità di trovarne tracce negli studi dedicati all’argomento, primo fra tutti il testo canonico di Ernst Herbert Lehmann sulla storia della Kunstzeitschrift in Germania . In un’unica occasione le pagine di Italien und Deutschland hanno conosciuto l’onore di essere pubblicamente esposte, per di più in un contesto prestigioso come quello del museo. Nella mostra Auch ich in Arkadien. Kunstreisen nach Italien 1600-1900, allestita presso lo Schiller-Nationalmuseum di Marbach nel 1966, fu presentato un esemplare del frontespizio del primo numero del giornale, nonché una copia dell’incisione in rame raffigurante le sculture di Dannecker e Scheffauer, le due promesse dell’arte tedesca attive a Roma, cui Hirt dedica un articolo della rivista . Si è indotti a credere che la scarsa attenzione di cui Italien und Deutschland fu oggetto sin dall’epoca della sua uscita sia strettamente legata al più generale disinteresse della critica nei confronti della persona e dell’opera dei due autori. […] die Auslese aus dem deutschen 18. Jahrhundert [scheint] im Deutschland des 19. Jahrhunderts […] besonders einseitig betrieben worden zu sein […]. Reduziert wurde […] das Werk der Klassiker […]. Besonders reduziert wurde damit auch das Werk des Berliner Spätaufklärers Karl Philipp Moritz. Auf ein Werk - die Abhandlung »Über die bildende Nachahmung des Schönen« - hatte die Geistgeschichte am Ende des 19. Jahrhunderts die rund fünfzig von Moritz in siebenunddreißig Lebensjahren publizierten Titel reduziert, und [...] wurde auch dies dem Goetheschen Kopfe zugeschlagen . Sebbene a questa affermazione Anneliese Klingenberg faccia seguire la constatazione del grande lavoro di riscoperta ruotato attorno all’opera di Moritz nel secolo scorso, la studiosa non manca di sottolineare come, malgrado ciò, si sia continuato a tralasciare larga parte della sua produzione . In effetti, nonostante il grande interesse odierno per gli scritti di quest’autore, solo durante la seconda metà del Novecento la sua poliedrica e interessante personalità, dopo essere stata a lungo trascurata, è tornata ad attirare l’attenzione della critica. Probabilmente proprio a causa dell’ampio spettro di generi con cui Moritz osò cimentarsi e del carattere frammentario e disomogeneo della sua vasta opera - che la mancanza di un lascito e di manoscritti ha reso spesso difficile da reperire -, solo di recente si è potuta concretizzare la messa a punto di un’edizione critica completa dei suoi scritti . Gran parte della produzione del romanziere, filosofo e saggista tedesco, che pure aveva conosciuto, sul finire del Settecento, una discreta notorietà, grazie al saggio citato dalla Klingenberg e ad altri titoli fortunati , - che gli procurarono l’ammirazione di grandi protagonisti del primo romanticismo, quali Jean Paul, Tieck e Wackenroder -, passò nei decenni a venire quasi del tutto inosservata. Le insinuazioni riguardanti la subalternità e la dipendenza da Goethe - primo assertore della novità dei suoi testi, nonché affezionato amico -, pronte a mettere in discussione l’originalità delle sue teorie estetiche, non giovarono poi alla rivalutazione dello scrittore. Tra le opere presto dimenticate, anche i Viaggi di un tedesco in Italia - a cui è strettamente legato il lavoro alla rivista -, rivalutati solo in epoca attuale, ma nondimeno frutto di un’esperienza di assoluto rilievo per l’evoluzione del pensiero estetico e filosofico di Moritz. Considerato ciò, non stupisce che gli studiosi abbiano sempre dimenticato di far menzione, se non marginalmente ed esclusivamente in rapporto al resoconto del suo soggiorno romano, di Italien und Deutschland. Moritz tuttavia, com’è noto, seppure riabilitato solo recentemente dalla critica, che gli ha altresì conferito la qualifica di «precursore» («precusore di Kant», «precursore dei romantici» ), ha potuto ritagliarsi il suo spazio in quell’olimpo dei classici, che non riuscì a scalare invece Hirt, il quale già in vita perse molta della sua celebrità, per essere poi quasi completamente dimenticato dopo la morte. Eppure le sue ricerche potrebbero definirsi oggi interdisciplinari. Durante il suo lungo soggiorno romano si confrontò, da autodidatta, con l’arte antica e moderna come mai nessuno aveva fatto prima a Berlino: fu studioso dell’antico, teorico e critico d’arte e archeologia, architetto dilettante, direttore teatrale ed esponente di spicco della politica culturale della corte prussiana. In quest’ambito si fece promotore del primo museo pubblico del regno, ottenne l’incarico di consigliere artistico per l’allestimento dei castelli reali, fu nominato membro dell’Accademia delle Scienze, di quella delle Arti e della Bauakademie e in ultimo gli venne assegnata la prima cattedra di archeologia presso l’Università di Berlino che, nel 1810, aveva contribuito a fondare. Nelle opere rimaste, comprendenti monografie e trattati pubblicati in piccole edizioni, insieme a decine di recensioni e saggi usciti nel corso della sua lunga carriera su periodici e giornali, si rintracciano tutte le forme della pubblicistica del XVIII secolo: dal resoconto di viaggio, anche in forma epistolare, allo scritto accademico erudito, fino al racconto aneddotico. Nonostante la ricchezza della sua produzione, l’importanza delle sue teorie e l’impegno profuso negli ambiti più diversi, Hirt dovette condividere con molti suoi contemporanei, altrettanto meritevoli di aver dato impulso alla vita culturale del tempo e di aver fatto conoscere ai connazionali le novità artistiche che fiorivano in Italia, la triste sorte della Vergessenheit. Sebbene la scomparsa dell’autore dal firmamento culturale e artistico della sua epoca non sembra essere in alcun modo giustificabile, si ritiene di poter rintracciare nel cambiamento dei tempi una prima ragione di tanta noncuranza: il classicismo restauratore, di cui Hirt si faceva portavoce, dovette risultare troppo rigido alla generazione dei suoi primi allievi che, proiettati ormai in un’ottica già completamente romantica, non riuscirono a scorgere la grande carica innovativa del suo pensiero. È stato ancora una volta grazie all’opera di Zimmer e della Sedlarz che, solo pochi anni fa, si è cercato di fissare il profilo scientifico di Hirt e di valutare la sua incidenza sulla cultura berlinese . Il presente lavoro prende le mosse proprio dall’invito che i due studiosi hanno rivolto alla ricerca: quello di dedicare a Italien und Deutschland e alla sua storia un’analisi approfondita, in grado di gettare nuova luce su un periodico rimasto troppo a lungo nell’ombra. Una prima linea di indagine sarà quella volta a ricostruire la rete di stimoli, di interessi culturali e di rapporti che si intrecciò tra i protagonisti di questa vicenda: le circostanze insomma che portarono alla nascita del sodalizio tra Moritz e Hirt. Si cercherà in primo luogo di risalire alle origini del progetto, di cui non rimane traccia alcuna se non i pochissimi riferimenti indiretti presenti nella corrispondenza di Goethe. Il carteggio tra i due autori è andato perduto, così come qualsivoglia altra testimonianza in grado di attestare lo scambio di idee intercorso fra loro e di far luce sui motivi che portarono all’improvviso abbandono della collaborazione da parte di Hirt e alla fine stessa del periodico. Si passerà di qui a valutare in che misura, nell’edizione finale del giornale, ci si sia discostati dall’idea contenuta nel programma originario. Tale questione pone, a sua volta, un problema di classificazione relativo al genere testuale della rivista. Nel tentativo di delinearne il profilo, così da attribuirle uno status specifico, si cercherà di evidenziare la novità insita nell’idea di una pubblicazione giornalistica organica volta a privilegiare lo scambio fra i due paesi, che già alcuni contemporanei di Hirt e Moritz avevano invano cercato di mettere in piedi. Capire quanta parte dell’attualità italiana venisse trasmessa, in quegli anni, ai lettori d’oltralpe rappresenterà un punto di riferimento importante per comprendere quale fosse la domanda culturale a cui Italien und Deutschland intendeva rispondere, soprattutto rispetto a una visione della penisola, diffusa nella Germania del tardo XVIII secolo, legata esclusivamente alle idealità classiche. Il riferimento al dato attuale e l’attenzione per tematiche nuove come quelle riguardanti la contemporanea produzione artistica europea rappresenteranno il primo indicatore di una problematizzazione del richiamo unilaterale al classico, che sul finire del secolo le spoliazioni napoleoniche contribuiranno a mettere ulteriormente in crisi. In effetti, le confische francesi provarono duramente l’identità culturale italiana, che si vide così depredata del suo ruolo di centro propulsore dell’arte. Ad essere messo in discussione fu il primato stesso dell’antico, cui si iniziò a preferire il fermento di Londra e Parigi, sempre più avvertite come vera alternativa alla «decadente» Roma. Si ribalta così un concetto che fino ad allora era stato predominante: quello per cui la magnificenza della «Roma antica» era tale da annullare il volto degradato della «Roma moderna», alla quale in primo luogo il sistema politico ed ecclesiastico, avvertito come corrotto dalla maggior parte dei viaggiatori stranieri, aveva impedito di rinnovarsi . Nella rivista risulta evidente proprio come, accanto all’immagine dell’Italia quale terra in cui fare l’esperienza massima dell’antico, stesse iniziando a prendere forma in questo periodo l’idea di un paese dove potersi finalmente confrontare anche con i vari aspetti della modernità. Si vedrà come anche lo stesso Moritz cominci a proiettarsi verso una tale ottica. La sua visione dell’Italia non ruotava, come per Goethe, in maniera totalizzante attorno alla rievocazione di un mondo classico, che pure rimane un punto fermo nella costituzione della propria coscienza artistica, ma poneva al centro dell’indagine l’elemento vitale della contemporaneità. Uno degli intenti che questo studio vuole perseguire è allora quello di dimostrare come la vera novità del periodico risieda nel grande interesse rivolto dai suoi autori al linguaggio artistico della «Roma moderna», fino ad allora influenzato, come detto, dal forte pregiudizio sulla decadenza italiana che aveva spinto molti tedeschi a misconoscerne il valore . Si vorrà inoltre provare che l’inizio di un ripensamento del richiamo unilaterale al classico in Italien und Deutschland risulta altresì testimoniato dall’apertura a tematiche che, quand’anche non di argomento contemporaneo, restavano comunque estranee al canone del tempo. Ciò troverà esemplificazione, tra gli altri, nel saggio sull’architettura delle basiliche paleocristiane e nello scritto che sancirà la riscoperta di un artista del primo rinascimento quale Giovanni da Fiesole, rimasto, al pari di molti suoi contemporanei, all’ombra di quei maestri come Michelangelo, Tiziano e Raffaello che, soprattutto in virtù delle teorie di Raphael Mengs, avevano oscurato il resto del panorama quattrocentesco. Dopo aver inserito il lavoro al progetto dei due autori nell’ambito dei loro rispettivi percorsi di vita, da cui non si può prescindere, soprattutto tenuto conto di quanto in essi si rifletta l’epoca di transizione cui Hirt e Moritz appartengono, si procederà alla presentazione dell’opera. Dapprima verrà dato conto dell’organizzazione generale della rivista, mentre nella seconda parte del lavoro si cercherà, in maniera più dettagliata, di restituire alla specificità dei singoli interventi la loro funzione centrale e comunicativa, disegnando, attraverso alcuni di quelli più significativi, la mappa dei motivi e dei temi offerta dal giornale ai suoi lettori. Prima ancora però l’indagine sarà indirizzata alla ricostruzione della fortuna di Italien und Deutschland, cercando di valutare quanto e quale interesse una rivista del genere abbia potuto suscitare nel pubblico dell’epoca, e che tipo di risultati concreti poté sortire l’opera sul mercato letterario. Un’ultima linea di ricerca sarà, infine, quella dedicata al confronto tra i contributi pubblicati da Moritz nel periodico e la loro riproposizione all’interno del suo diario di viaggio. In questa sede, dopo una breve ricostruzione della genesi delle Reisen, si procederà all’analisi delle varianti contenutistiche delle due stesure, cui seguirà l’esame delle modifiche sintattiche, stilistiche e ortografiche, apportate di volta in volta in entrambe le versioni dei testi moritziani. Fine ultimo della ricerca è dunque quello di salvare dall’oblio Italien und Deutschland, mostrando, attraverso la grande varietà dei riferimenti che è possibile rintracciare a partire dalle sue pagine, come questa sconosciuta rivista della Goethezeit rappresenti un mondo tutto da scoprireFile | Dimensione | Formato | |
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