Il lavoro sul ciclo dell’acqua a Cirene si presenta come il frutto di un’ampia ed articolata ricerca che all’analisi accurata di tutte le fonti bibliografiche relative all’importante sito nord-africano, unisce i dati desunti dalla documentazione d’archivio e dalle vecchie relazioni di scavo, tra cui vi sono ancora molti materiali inediti, ma anche un’attenta indagine sul campo, condotta nel corso di diverse campagne di scavo, la cui continuità è stata resa impossibile poi dalle mutate condizioni politiche della Libia. Va sottolineato il fatto che solo in tempi relativamente recenti nella ricerca archeologica sul campo si è prestata maggior attenzione agli aspetti relativi all’ingegneria idraulica e alle infrastrutture ad essa collegate: soprattutto nei grandi centri dell’antichità l’interesse è rivolto principalmente all’impianto urbanistico, alla viabilità, alle fasi edilizie dei grandi edifici, agli apparati decorativi. A maggior ragione quindi risulta meritevole un lavoro di questo tipo che, nonostante le difficoltà derivanti da una documentazione spesso carente o incompleta e dell’ampiezza del contesto analizzato riesce a delineare un quadro generale dell’approvvigionamento idrico della città di Cirene, ben nota in letteratura per la complessità del suo impianto urbanistico, ivi comprese le diverse aree santuariali ad essa strettamente correlate. Ad una utile e quanto mai opportuna nota introduttiva sugli aspetti idrogeologici della Cirenaica, segue l’analisi della documentazione relativa all’approvvigionamento idrico nei diversi settori della città, caratterizzati da funzioni e aspetti particolari: nel Quartiere dell’Agorà ad esempio si registra una ben ripartita distribuzione di pozzi e cisterne, funzionali alle esigenze della vita quotidiana, mentre il grande e rinomato Santuario di Apollo gravita intorno alla presenza della fonte sacra al dio, intorno a cui si organizza e si evolve nel tempo tutto il complesso di strutture rituali e sacrali, ma anche funzionali, come il Balaneion, necessarie in un contesto di grande affluenza di fedeli e quindi di visibilità da parte dei promotori, finanziatori e costruttori. Particolarmente interessante risulta il quadro dell’evoluzione nel tempo delle necessità idriche, che in epoca ellenistico-romana rende necessaria la generale riorganizzazione idraulica del complesso di vasche e riserve d’acqua, l’Aqua Augusta, a supporto delle aumentate necessità, anche a livello di “esibizione” dell’acqua attraverso le numerose fontane e la realizzazione alla fine del I sec. d.C. del primo grande complesso termale di tipo romano, fino alle successive trasformazioni dopo il terremoto del 365 d.C., che portarono alla riorganizzazione del vasto settore termale in due complessi distinti, uniti da un ingresso comune: le Piccole e le Grandi Terme. Molto particolare è la situazione all’interno del Santuario di Demetra, la cui localizzazione fu scelta dagli antichi proprio per le caratteristiche idrografiche del territorio, ricco di piccole sorgenti e vicino al corso dell’uadi Bel Gadir, dove l’acqua necessaria ai riti iniziatici veniva immagazzinata all’interno di alcune cisterne scavate nella roccia per essere utilizzata in bacini lustrali. Di grande interesse risulta poi il riesame dei grandi serbatoi monumentali collegabili all’acquedotto di Cirene, presi in considerazione in passato soprattutto per l’eccezionale presenza, sui blocchi lapidei con cui sono costruiti, di contrassegni epigrafici. Nel corso delle campagne di scavo condotte dall’Università di Urbino negli anni compresi fra il 2008 e il 2012, è stato possibile procedere ad un’accurata documentazione delle cisterne del Caravanserraglio, dell’uadi Bu Turquia e del vicino villaggio di Saf-Saf, restituendo un’analisi completa delle strutture e del ricco corredo epigrafico, giungendo alla proposta ricostruttiva del percorso che l’acquedotto che riforniva Cirene doveva seguire dalle sorgenti di Ghegab fino alla città per una lunghezza di circa 19 km. Appare convincente, sulla base dello studio dei contrassegni epigrafici incisi sui blocchi costruttivi dei serbatoi, interpretabili come marche di cava, ma anche per il collegamento al nuovo sviluppo urbanistico della città verso sud-est, la datazione proposta per la realizzazione dell’acquedotto in età tardo-ellenistica: in questo contesto l’area su cui insistono i serbatoi viene a definire il limite stesso dell’estensione urbana, che va ad inglobare nella nuova cinta muraria i santuari periferici di Apollo e Zeus. Numerosi interventi di restauro all’acquedotto e alle strutture collegate avvennero sicuramente in età imperiale, come potrebbe documentare anche un’iscrizione dell’epoca di Marco Aurelio che ricorda la costruzione di receptacula o serbatoi, realizzati con denaro pubblico. Il quadro della rete idrica a Cirene si completa con l’analisi anche del sistema di smaltimento delle acque, ugualmente ripercorso sia attraverso la documentazione d’archivio che con la ricerca sul campo, documentandone la complessità e l’articolazione, che certamente si sviluppano cronologicamente durante tutto il periodo di vita della città; probabilmente in età ellenistica venne realizzato il grande collettore di drenaggio, più volte ripreso con diversi interventi durante il periodo imperiale romano. Dopo aver fornito un quadro cronologico conclusivo, in forma schematica, con l’individuazione di grandi tappe collegabili alle principali fasi storiche di vita della città di Cirene, dalla fondazione coloniale in epoca arcaica alla conquista araba del 641 d.C., si è poi affrontata, privilegiando gli aspetti utili per i possibili confronti con la capitale, l’analisi della documentazione relativa agli acquedotti antichi in Cirenaica, in grandi e piccoli centri. Ne emerge un utile contesto di riferimento per le analoghe caratteristiche morfologiche del territorio e di popolamento in epoca greca e romana. In questo contesto più ampio e generale, emerge la carenza di studi specifici, nella maggior parte datati: tranne pochi casi, essi risalgono ad un periodo compreso tra il XIX e l’inizio del XX secolo, talvolta rimasti inediti. Prezioso completamento e arricchimento del lavoro è un vasto apparato grafico e fotografico, che riunisce e spesso pone a confronto la vecchia e la nuova documentazione: in molti casi il supporto delle fotografie d’epoca aggiunge informazioni e dati ormai irrecuperabili sul terreno. Le piante generali di Cirene, aggiornate con i nuovi dati, restituiscono visivamente la distribuzione delle strutture connesse all’impianto idrico e la loro attribuzione cronologica, ricomponendo il quadro unitario della ricerca. La ricerca vuole essere un contributo utile sia alle indagini su Cirene e la Cirenaica che alle tematiche relative all’idraulica antica,

(2015). Cirene e l'acqua.

Cirene e l'acqua

CARIDDI, LORENZO
2015-01-01

Abstract

Il lavoro sul ciclo dell’acqua a Cirene si presenta come il frutto di un’ampia ed articolata ricerca che all’analisi accurata di tutte le fonti bibliografiche relative all’importante sito nord-africano, unisce i dati desunti dalla documentazione d’archivio e dalle vecchie relazioni di scavo, tra cui vi sono ancora molti materiali inediti, ma anche un’attenta indagine sul campo, condotta nel corso di diverse campagne di scavo, la cui continuità è stata resa impossibile poi dalle mutate condizioni politiche della Libia. Va sottolineato il fatto che solo in tempi relativamente recenti nella ricerca archeologica sul campo si è prestata maggior attenzione agli aspetti relativi all’ingegneria idraulica e alle infrastrutture ad essa collegate: soprattutto nei grandi centri dell’antichità l’interesse è rivolto principalmente all’impianto urbanistico, alla viabilità, alle fasi edilizie dei grandi edifici, agli apparati decorativi. A maggior ragione quindi risulta meritevole un lavoro di questo tipo che, nonostante le difficoltà derivanti da una documentazione spesso carente o incompleta e dell’ampiezza del contesto analizzato riesce a delineare un quadro generale dell’approvvigionamento idrico della città di Cirene, ben nota in letteratura per la complessità del suo impianto urbanistico, ivi comprese le diverse aree santuariali ad essa strettamente correlate. Ad una utile e quanto mai opportuna nota introduttiva sugli aspetti idrogeologici della Cirenaica, segue l’analisi della documentazione relativa all’approvvigionamento idrico nei diversi settori della città, caratterizzati da funzioni e aspetti particolari: nel Quartiere dell’Agorà ad esempio si registra una ben ripartita distribuzione di pozzi e cisterne, funzionali alle esigenze della vita quotidiana, mentre il grande e rinomato Santuario di Apollo gravita intorno alla presenza della fonte sacra al dio, intorno a cui si organizza e si evolve nel tempo tutto il complesso di strutture rituali e sacrali, ma anche funzionali, come il Balaneion, necessarie in un contesto di grande affluenza di fedeli e quindi di visibilità da parte dei promotori, finanziatori e costruttori. Particolarmente interessante risulta il quadro dell’evoluzione nel tempo delle necessità idriche, che in epoca ellenistico-romana rende necessaria la generale riorganizzazione idraulica del complesso di vasche e riserve d’acqua, l’Aqua Augusta, a supporto delle aumentate necessità, anche a livello di “esibizione” dell’acqua attraverso le numerose fontane e la realizzazione alla fine del I sec. d.C. del primo grande complesso termale di tipo romano, fino alle successive trasformazioni dopo il terremoto del 365 d.C., che portarono alla riorganizzazione del vasto settore termale in due complessi distinti, uniti da un ingresso comune: le Piccole e le Grandi Terme. Molto particolare è la situazione all’interno del Santuario di Demetra, la cui localizzazione fu scelta dagli antichi proprio per le caratteristiche idrografiche del territorio, ricco di piccole sorgenti e vicino al corso dell’uadi Bel Gadir, dove l’acqua necessaria ai riti iniziatici veniva immagazzinata all’interno di alcune cisterne scavate nella roccia per essere utilizzata in bacini lustrali. Di grande interesse risulta poi il riesame dei grandi serbatoi monumentali collegabili all’acquedotto di Cirene, presi in considerazione in passato soprattutto per l’eccezionale presenza, sui blocchi lapidei con cui sono costruiti, di contrassegni epigrafici. Nel corso delle campagne di scavo condotte dall’Università di Urbino negli anni compresi fra il 2008 e il 2012, è stato possibile procedere ad un’accurata documentazione delle cisterne del Caravanserraglio, dell’uadi Bu Turquia e del vicino villaggio di Saf-Saf, restituendo un’analisi completa delle strutture e del ricco corredo epigrafico, giungendo alla proposta ricostruttiva del percorso che l’acquedotto che riforniva Cirene doveva seguire dalle sorgenti di Ghegab fino alla città per una lunghezza di circa 19 km. Appare convincente, sulla base dello studio dei contrassegni epigrafici incisi sui blocchi costruttivi dei serbatoi, interpretabili come marche di cava, ma anche per il collegamento al nuovo sviluppo urbanistico della città verso sud-est, la datazione proposta per la realizzazione dell’acquedotto in età tardo-ellenistica: in questo contesto l’area su cui insistono i serbatoi viene a definire il limite stesso dell’estensione urbana, che va ad inglobare nella nuova cinta muraria i santuari periferici di Apollo e Zeus. Numerosi interventi di restauro all’acquedotto e alle strutture collegate avvennero sicuramente in età imperiale, come potrebbe documentare anche un’iscrizione dell’epoca di Marco Aurelio che ricorda la costruzione di receptacula o serbatoi, realizzati con denaro pubblico. Il quadro della rete idrica a Cirene si completa con l’analisi anche del sistema di smaltimento delle acque, ugualmente ripercorso sia attraverso la documentazione d’archivio che con la ricerca sul campo, documentandone la complessità e l’articolazione, che certamente si sviluppano cronologicamente durante tutto il periodo di vita della città; probabilmente in età ellenistica venne realizzato il grande collettore di drenaggio, più volte ripreso con diversi interventi durante il periodo imperiale romano. Dopo aver fornito un quadro cronologico conclusivo, in forma schematica, con l’individuazione di grandi tappe collegabili alle principali fasi storiche di vita della città di Cirene, dalla fondazione coloniale in epoca arcaica alla conquista araba del 641 d.C., si è poi affrontata, privilegiando gli aspetti utili per i possibili confronti con la capitale, l’analisi della documentazione relativa agli acquedotti antichi in Cirenaica, in grandi e piccoli centri. Ne emerge un utile contesto di riferimento per le analoghe caratteristiche morfologiche del territorio e di popolamento in epoca greca e romana. In questo contesto più ampio e generale, emerge la carenza di studi specifici, nella maggior parte datati: tranne pochi casi, essi risalgono ad un periodo compreso tra il XIX e l’inizio del XX secolo, talvolta rimasti inediti. Prezioso completamento e arricchimento del lavoro è un vasto apparato grafico e fotografico, che riunisce e spesso pone a confronto la vecchia e la nuova documentazione: in molti casi il supporto delle fotografie d’epoca aggiunge informazioni e dati ormai irrecuperabili sul terreno. Le piante generali di Cirene, aggiornate con i nuovi dati, restituiscono visivamente la distribuzione delle strutture connesse all’impianto idrico e la loro attribuzione cronologica, ricomponendo il quadro unitario della ricerca. La ricerca vuole essere un contributo utile sia alle indagini su Cirene e la Cirenaica che alle tematiche relative all’idraulica antica,
2015
2015/2016
Studi umanistici, antichità classiche e la loro fortuna, archeologia, filologia e storia
28.
Settore L-ANT/07 - ARCHEOLOGIA CLASSICA
Italian
in convenzione con la Scuola Archeologica italiana di Atene
Tesi di dottorato
(2015). Cirene e l'acqua.
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