Il dibattito filosofico acceso dalla corrente del "nuovo realismo", sorta in Italia e diffusasi internazionalmente nei primi quindici anni del terzo millennio, grazie in particolare ad autori quali Maurizio Ferraris, ha rinverdito l'interesse per l'opera teoretica del grande storico francese della filosofia medievale e moderna Etienne Gilson. Gilson, sulla scorta di una critica rilettura di Tommaso d'Aquino, sostiene il primato delle cose, a quello delle idee. Delle "Cose", ancor più che della Realtà, che come nozione generalizzante è già inevitabilmente nozione ideale. Qual'è la certezza prima da cui si dipana l'avventure conoscitiva dell'uomo? E non può non esserci un " certo" presupposto, che di contro non sarebbe possibile neanche parlare e comunicare. La filosofia non come scienza assoluta, quindi, ma come scienza subordinata, non alla teologia, ma alla alterità delle cose. La modernità - e Cartesio come suo emblema - hanno affermato che la prima evidenza è l'esistenza dell'io come pensante. Gilson al contrario sostiene che, filogeneticamente la prima evidenza è: le cose sono. Tale evidenza e non "io sono" o "Dio esiste" è il punto di partenza originario, l'inattraversabile evidenza da cui sgorga una sapere consapevole delle proprie capacità e dei propri limiti. Inevitabile, ripercorrendo il filo del discorso gilsoniano, un confronto con Kant, la fenomenologia del novecento, l'epistemologia e la filosofia della conoscenza tanto analitica che continentale. La dottrina gilsoniana appare, nell'epoca della liquefazione della ragione e della realtà, come dottrina- antidoto coerente, non solo epidemica sul carattere fondamentalmente esistenziale della conoscenza metafisica, ma anche epistemologica - valorizzando le evidenze del "senso comune" come necessario punto di partenza della filosofia come interpretazione dell'esperienza, incontrando così, inaspettatamente la analoga ricerca che Hannah Arendt svilupperà nella sua ultima ed inconclusa opera in cui abbandonando il terreno della politica e morale affronta la questione radicale della vita della mente.
Bucarelli, M.o. (2014). Il primato delle cose. Il metodo filosofico di Étienne Gilson. Nuova Cultura.
Il primato delle cose. Il metodo filosofico di Étienne Gilson
Marco Bucarelli
2014-01-01
Abstract
Il dibattito filosofico acceso dalla corrente del "nuovo realismo", sorta in Italia e diffusasi internazionalmente nei primi quindici anni del terzo millennio, grazie in particolare ad autori quali Maurizio Ferraris, ha rinverdito l'interesse per l'opera teoretica del grande storico francese della filosofia medievale e moderna Etienne Gilson. Gilson, sulla scorta di una critica rilettura di Tommaso d'Aquino, sostiene il primato delle cose, a quello delle idee. Delle "Cose", ancor più che della Realtà, che come nozione generalizzante è già inevitabilmente nozione ideale. Qual'è la certezza prima da cui si dipana l'avventure conoscitiva dell'uomo? E non può non esserci un " certo" presupposto, che di contro non sarebbe possibile neanche parlare e comunicare. La filosofia non come scienza assoluta, quindi, ma come scienza subordinata, non alla teologia, ma alla alterità delle cose. La modernità - e Cartesio come suo emblema - hanno affermato che la prima evidenza è l'esistenza dell'io come pensante. Gilson al contrario sostiene che, filogeneticamente la prima evidenza è: le cose sono. Tale evidenza e non "io sono" o "Dio esiste" è il punto di partenza originario, l'inattraversabile evidenza da cui sgorga una sapere consapevole delle proprie capacità e dei propri limiti. Inevitabile, ripercorrendo il filo del discorso gilsoniano, un confronto con Kant, la fenomenologia del novecento, l'epistemologia e la filosofia della conoscenza tanto analitica che continentale. La dottrina gilsoniana appare, nell'epoca della liquefazione della ragione e della realtà, come dottrina- antidoto coerente, non solo epidemica sul carattere fondamentalmente esistenziale della conoscenza metafisica, ma anche epistemologica - valorizzando le evidenze del "senso comune" come necessario punto di partenza della filosofia come interpretazione dell'esperienza, incontrando così, inaspettatamente la analoga ricerca che Hannah Arendt svilupperà nella sua ultima ed inconclusa opera in cui abbandonando il terreno della politica e morale affronta la questione radicale della vita della mente.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.