Il volume si pone quale obiettivo quello di offrire un contributo originale al fertile dibattito critico volto alla rivalutazione dell’esperienza teatrale dei Romantici, per lungo tempo considerata marginale e non particolarmente felice. Fino agli anni ’80 del Novecento, infatti, i drammi dei maggiori esponenti del cosiddetto Romanticismo, etichettati solitamente come closet dramas, erano percepiti come testi impossibili da mettere in scena, che si sottraevano in maniera sdegnata e volontaria a teatri chiassosi e popolari, per rifugiarsi nel silenzio e nella compostezza della pagina scritta. Al contrario, prendendo le mosse da un’altra definizione impiegata per classificare il teatro dei Romantici − il conio byroniano mental theatre (nel quale l’enfasi è posta sull’aggettivo mental) − il volume dimostra come il teatro di Leigh Hunt, Lord Byron, P.B. Shelley e Mary Shelley fosse teso a operare una metamorfosi nella mente del lettore, foriera di una riforma politica che conducesse alla rigenerazione della società. Lo spostamento dell’allestimento, dal palcoscenico reale al teatro della mente del lettore, sarebbe stato principalmente motivato dalla possibilità che questo espediente offriva di eludere la censura operata su ogni copione dall’examiner of plays, dando quindi modo all’autore di inserire elementi di riflessione critica sulla contemporaneità altrimenti non consentiti. Nel tentativo di individuare tracce di una tendenza comune (se non addirittura di una progettualità congiunta), si è scelto di analizzare drammi in cui gli autori hanno optato per l’inserimento di riferimenti alla dimensione arcadica e alla mitologia classica, stante la qualità simbolica e la componente allegorica del mito, particolarmente adatte all’intento quasi pedagogico e riformatore degli autori (il mito ricorrente è quello di Prometeo, l’eroe che ha scelto di non piegarsi alla tirannide). Il testo si apre con una panoramica sul teatro di inizio Ottocento, a conclusione della quale viene introdotta la tesi dell’autrice. Seguono capitoli sui quattro scrittori che il volume contempla, con una ricostruzione del loro rapporto con il teatro che precede la lettura approfondita dei loro drammi a carattere mitologico.
Marino, E. (2016). La metamorfosi nella mente: i drammi a carattere mitologico di Leigh Hunt, Lord Byron, P.B. Shelley e Mary Shelley. Napoli : Paolo Loffredo Iniziative Editoriali.
La metamorfosi nella mente: i drammi a carattere mitologico di Leigh Hunt, Lord Byron, P.B. Shelley e Mary Shelley
MARINO, ELISABETTA
2016-11-01
Abstract
Il volume si pone quale obiettivo quello di offrire un contributo originale al fertile dibattito critico volto alla rivalutazione dell’esperienza teatrale dei Romantici, per lungo tempo considerata marginale e non particolarmente felice. Fino agli anni ’80 del Novecento, infatti, i drammi dei maggiori esponenti del cosiddetto Romanticismo, etichettati solitamente come closet dramas, erano percepiti come testi impossibili da mettere in scena, che si sottraevano in maniera sdegnata e volontaria a teatri chiassosi e popolari, per rifugiarsi nel silenzio e nella compostezza della pagina scritta. Al contrario, prendendo le mosse da un’altra definizione impiegata per classificare il teatro dei Romantici − il conio byroniano mental theatre (nel quale l’enfasi è posta sull’aggettivo mental) − il volume dimostra come il teatro di Leigh Hunt, Lord Byron, P.B. Shelley e Mary Shelley fosse teso a operare una metamorfosi nella mente del lettore, foriera di una riforma politica che conducesse alla rigenerazione della società. Lo spostamento dell’allestimento, dal palcoscenico reale al teatro della mente del lettore, sarebbe stato principalmente motivato dalla possibilità che questo espediente offriva di eludere la censura operata su ogni copione dall’examiner of plays, dando quindi modo all’autore di inserire elementi di riflessione critica sulla contemporaneità altrimenti non consentiti. Nel tentativo di individuare tracce di una tendenza comune (se non addirittura di una progettualità congiunta), si è scelto di analizzare drammi in cui gli autori hanno optato per l’inserimento di riferimenti alla dimensione arcadica e alla mitologia classica, stante la qualità simbolica e la componente allegorica del mito, particolarmente adatte all’intento quasi pedagogico e riformatore degli autori (il mito ricorrente è quello di Prometeo, l’eroe che ha scelto di non piegarsi alla tirannide). Il testo si apre con una panoramica sul teatro di inizio Ottocento, a conclusione della quale viene introdotta la tesi dell’autrice. Seguono capitoli sui quattro scrittori che il volume contempla, con una ricostruzione del loro rapporto con il teatro che precede la lettura approfondita dei loro drammi a carattere mitologico.File | Dimensione | Formato | |
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