Il saggio (che assume la forma un poco apodittica delle tesi progressivamente numerate e gerarchicamente suddivise) prende in esame il problema della natura del testo, un problema riproposto nella sua radice teorica dalla nuova testualità informatica. L’analisi deve dunque partire dagli elementi (apparentemente) più semplici e costitutivi del testo (l’alfabeto) e soprattutto dalle caratteristiche semiotiche della scrittura/lettura, che fanno di ogni testo un testo ri-prodotto. Si vuole negare, in sostanza, che i caratteri di fluidità e mobilità del testo (connessi come è noto alle modalità propriamente informatiche del testo) siano tali da mettere in questione la possibilità di significare, come sostengono accreditate ed egemoni teorie critiche contemporanee. Qui si sostiene che tali modalità fluide e mobili, segnano la fine non della testualità in quanto tale, ma solo della grande parentesi gutemberghiana, e rassomigliano semmai il testo informatico al testo antico, e al continuo suo farsi e rifarsi in ogni lettura/scrittura. Si avanza in conclusione la tesi opposta a quella criticata, e cioè che il testo sappia significare proprio perché si muove storicamente (nella sua “tradizione”) assieme agli uomini che lo producono e a cui è destinato, e che un testo effettivamente immobile sarebbe invece del tutto incapace di significare.
Mordenti, R. (2010). Il testo e la tradizione. Roma : Accademia Nazionale dei Lincei.
Il testo e la tradizione
MORDENTI, RAUL
2010-01-01
Abstract
Il saggio (che assume la forma un poco apodittica delle tesi progressivamente numerate e gerarchicamente suddivise) prende in esame il problema della natura del testo, un problema riproposto nella sua radice teorica dalla nuova testualità informatica. L’analisi deve dunque partire dagli elementi (apparentemente) più semplici e costitutivi del testo (l’alfabeto) e soprattutto dalle caratteristiche semiotiche della scrittura/lettura, che fanno di ogni testo un testo ri-prodotto. Si vuole negare, in sostanza, che i caratteri di fluidità e mobilità del testo (connessi come è noto alle modalità propriamente informatiche del testo) siano tali da mettere in questione la possibilità di significare, come sostengono accreditate ed egemoni teorie critiche contemporanee. Qui si sostiene che tali modalità fluide e mobili, segnano la fine non della testualità in quanto tale, ma solo della grande parentesi gutemberghiana, e rassomigliano semmai il testo informatico al testo antico, e al continuo suo farsi e rifarsi in ogni lettura/scrittura. Si avanza in conclusione la tesi opposta a quella criticata, e cioè che il testo sappia significare proprio perché si muove storicamente (nella sua “tradizione”) assieme agli uomini che lo producono e a cui è destinato, e che un testo effettivamente immobile sarebbe invece del tutto incapace di significare.File | Dimensione | Formato | |
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