L’io della poesia di Guido Gozzano trascorre dalla vita alla morte fin dal suo primo componimento: la biografia è sùbito mitobiografia, leggenda di un transito. Guido compitava senza sorpresa nella sua esistenza l’oscura premonizione, alla quale ognuno si dovrà poi arrendere. La poesia che apre la raccolta inaugurale, La via del rifugio (1907) - e le dà il titolo -, è una composizione fatidica. Rappresenta la scena primaria, il sogno iniziale. Potrebbe evocare il peccato originale, lo stigma che pesa dall'inizio su tutto il tempo che ancora manca alla fine. Vi vengono annunciati i principi governatori di quello che fu il congegnato sistema della vita non vissuta, della vita all'insegna di una morte quieta. Son già lì i fiori non colti, come quel "[...] quatrifoglio/ che non raccoglierò". Ciò che è rinuncia dichiarata alla superstizione, come di chi non possa credere alla fortuna e ai suoi amuleti, e insieme oscuro vaticinio, come di chi sappia che è inutile trarre le sorti, perché tutto è stabilito. La leggenda riprese da sùbito dopo la morte, si disse che due candide farfalle accompagnarono al cimitero il loro poeta, sorvolandone la bara e posandovisi sopra, a tratti lievi, come petali. Farfalle trasvolano da Pascoli a Govoni, a Ungaretti e Montale, ma queste due, bianche, vanno e vengono da più lontano: sono le sorelle della "[…] farfalla bianca che torna/ dal paese dei morti […]" che riappare in Betocchi. Le altre sono parole trafitte e raggelate "come fossero coleotteri/ in una scatola di vetro", recuperando un indipendente, ma ermeneutico, couplet di Oxilia. Da quella prima farfalla che apre La via del rifugio, la Vanessa Io colore del carbone, a queste ultime due, bianche, un ciclo si chiude, legando la vita nell'opera. Guido Gozzano fu il primo a tentar di violare la ciclicità che oltrepassa i confini dell'io.

Gareffi, A. (2004). L'io trascorso di Guido Gozzano. NUOVI ARGOMENTI, 276-301.

L'io trascorso di Guido Gozzano

GAREFFI, ANDREA
2004-01-01

Abstract

L’io della poesia di Guido Gozzano trascorre dalla vita alla morte fin dal suo primo componimento: la biografia è sùbito mitobiografia, leggenda di un transito. Guido compitava senza sorpresa nella sua esistenza l’oscura premonizione, alla quale ognuno si dovrà poi arrendere. La poesia che apre la raccolta inaugurale, La via del rifugio (1907) - e le dà il titolo -, è una composizione fatidica. Rappresenta la scena primaria, il sogno iniziale. Potrebbe evocare il peccato originale, lo stigma che pesa dall'inizio su tutto il tempo che ancora manca alla fine. Vi vengono annunciati i principi governatori di quello che fu il congegnato sistema della vita non vissuta, della vita all'insegna di una morte quieta. Son già lì i fiori non colti, come quel "[...] quatrifoglio/ che non raccoglierò". Ciò che è rinuncia dichiarata alla superstizione, come di chi non possa credere alla fortuna e ai suoi amuleti, e insieme oscuro vaticinio, come di chi sappia che è inutile trarre le sorti, perché tutto è stabilito. La leggenda riprese da sùbito dopo la morte, si disse che due candide farfalle accompagnarono al cimitero il loro poeta, sorvolandone la bara e posandovisi sopra, a tratti lievi, come petali. Farfalle trasvolano da Pascoli a Govoni, a Ungaretti e Montale, ma queste due, bianche, vanno e vengono da più lontano: sono le sorelle della "[…] farfalla bianca che torna/ dal paese dei morti […]" che riappare in Betocchi. Le altre sono parole trafitte e raggelate "come fossero coleotteri/ in una scatola di vetro", recuperando un indipendente, ma ermeneutico, couplet di Oxilia. Da quella prima farfalla che apre La via del rifugio, la Vanessa Io colore del carbone, a queste ultime due, bianche, un ciclo si chiude, legando la vita nell'opera. Guido Gozzano fu il primo a tentar di violare la ciclicità che oltrepassa i confini dell'io.
2004
Pubblicato
Rilevanza nazionale
Articolo
Sì, ma tipo non specificato
Settore L-FIL-LET/10 - LETTERATURA ITALIANA
Italian
Gareffi, A. (2004). L'io trascorso di Guido Gozzano. NUOVI ARGOMENTI, 276-301.
Gareffi, A
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