Alterne sono le vicende che hanno caratterizzato, fin dall’entrata in vigore del codice del 1988, i rapporti tra «nuove contestazioni» e riti alternativi al dibattimento, a fronte della scelta legislativa di nulla prevedere al riguardo. L’omesso riconoscimento all’imputato della facoltà di optare, a seguito della modifica (o dell’integrazione) dell’imputazione in dibattimento, per le alternative decisorie congegnate in sede di riforma – e di beneficiare, conseguentemente, dei relativi effetti premiali – si è palesata, nel tempo, contrastante con le esigenze costituzionali di tutela del diritto di difesa e del principio di uguaglianza. Ciò ha aperto le porte, al sindacato di legittimità della Corte costituzionale, che, tuttavia, ha dato vita ad un percorso accidentato, in cui preliminari soluzioni esegetiche hanno indotto ad individuare, in via progressivamente crescente, aree a rischio di illegittimità, determinando il susseguirsi a cascata di interventi additivi, scaturiti, come per «gemmazione» , dalla prima pronuncia della serie. La sostanziale riscrittura degli artt. 516 e 517 c.p.p. è stata contrassegnata da periodiche svolte e ripensamenti, che hanno costantemente nutrito di nuova linfa la giurisprudenza in esame, consentendo di mettere in discussione gli asserti inizialmente enunciati e di ravvisare vuoti di tutela sempre più ampi. Sicché, nonostante la notevole mole di declaratorie di incostituzionalità, l’approdo si profila, a tutt’oggi, ancora lontano e vasti sono gli spazi per futuri interventi del giudice delle leggi. L’articolo si propone di ripercorrere in chiave critica l’intera vicenda, al fine di saggiare la tenuta dell’assetto attualmente in essere, in vista di una rivisitazione della disciplina vigente.
Troisi, P. (2015). Nuove contestazioni e riti alternativi: il lento percorso di adeguamento della disciplina codicistica ai principi costituzionali. ARCHIVIO PENALE, 3, 1-23.
Nuove contestazioni e riti alternativi: il lento percorso di adeguamento della disciplina codicistica ai principi costituzionali
Troisi, P
2015-01-01
Abstract
Alterne sono le vicende che hanno caratterizzato, fin dall’entrata in vigore del codice del 1988, i rapporti tra «nuove contestazioni» e riti alternativi al dibattimento, a fronte della scelta legislativa di nulla prevedere al riguardo. L’omesso riconoscimento all’imputato della facoltà di optare, a seguito della modifica (o dell’integrazione) dell’imputazione in dibattimento, per le alternative decisorie congegnate in sede di riforma – e di beneficiare, conseguentemente, dei relativi effetti premiali – si è palesata, nel tempo, contrastante con le esigenze costituzionali di tutela del diritto di difesa e del principio di uguaglianza. Ciò ha aperto le porte, al sindacato di legittimità della Corte costituzionale, che, tuttavia, ha dato vita ad un percorso accidentato, in cui preliminari soluzioni esegetiche hanno indotto ad individuare, in via progressivamente crescente, aree a rischio di illegittimità, determinando il susseguirsi a cascata di interventi additivi, scaturiti, come per «gemmazione» , dalla prima pronuncia della serie. La sostanziale riscrittura degli artt. 516 e 517 c.p.p. è stata contrassegnata da periodiche svolte e ripensamenti, che hanno costantemente nutrito di nuova linfa la giurisprudenza in esame, consentendo di mettere in discussione gli asserti inizialmente enunciati e di ravvisare vuoti di tutela sempre più ampi. Sicché, nonostante la notevole mole di declaratorie di incostituzionalità, l’approdo si profila, a tutt’oggi, ancora lontano e vasti sono gli spazi per futuri interventi del giudice delle leggi. L’articolo si propone di ripercorrere in chiave critica l’intera vicenda, al fine di saggiare la tenuta dell’assetto attualmente in essere, in vista di una rivisitazione della disciplina vigente.File | Dimensione | Formato | |
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