Il contributo analizza i caratteri essenziali dell'accollo. L'accollo, che la dottrina colloca variamente ora sul piano della fattispecie, ora sul piano degli effetti, è ricostruito nell'alveo della prima alternativa, come fattispecie autonoma il cui effetto è (innanzitutto) l'assunzione di un debito altrui. Nel cercare di delineare un quadro complessivo esaustivo, il contributo svolge tesi originali, come la distinzione tra accollo semplice e accollo interno. Il contributo muove dalla pacifica ammissione che gli effetti dell’accollo possano essere limitati esclusivamente ad accollante e accollato. Ciò può accadere per tre ragioni diverse: a) perché l’accollo era aperto all’adesione del creditore, ma questi ha dichiarato di non voler aderire, precludendo al contratto di spiegare la sua efficacia nei suoi confronti; b) perché l’accollo era aperto all’adesione del creditore, ma prima che questa intervenisse è stato revocato; c) perché le parti fin dall’inizio hanno inteso stipulare un contratto non aperto all’adesione del creditore. Tutte e tre le ipotesi sono promiscuamente denominate accollo semplice o accollo interno, ma tale accorpamento è meritevole di critica. Parrebbe sussistere tra le prime due figure, da un lato, e la terza, dall’altro, una differenza strutturale che non può essere ignorata: se il patto di accollo nasce aperto all’adesione del creditore, da esso discende l’attribuzione al creditore di una situazione giuridica soggettiva, che sembra consistere in un diritto potestativo. Il creditore può scegliere di aderire, di non rispondere o di non aderire, e può così rendere irrevocabile, o non rifiutare, oppure ancora rifiutare la stipulazione compiuta a suo favore. Vi sarà altresì un periodo, tra la stipulazione dell’accollo e la dichiarazione del creditore, di incertezza sugli effetti, potendo il creditore rifiutare oppure non limitarsi ad aderire, ma liberare il debitore accollato. Ancora, se il creditore rifiuta di aderire, potrebbe essere venuta meno la funzione del contratto; le parti potrebbero averlo posto in essere proprio in funzione dell’adesione del creditore, non desiderando un’efficacia limitata alle loro sfere giuridiche. Oppure, potrebbero aver voluto comunque che il terzo assumesse l’obbligazione dell’accollato, nonostante il rifiuto del creditore. L'accollo semplice nasce aperto all’adesione del creditore ed è pertanto riconducibile alla figura del contratto a favore di terzi, ma poi spiega la sua efficacia solo tra le parti. Viceversa, l'accollo interno non nasce aperto all’adesione del creditore, ma è destinato fin dall'inizio a spiegare i propri effetti esclusivamente nelle sfere giuridiche del primo debitore (accollato) e del secondo debitore (accollante). Le parti non intendono attribuire al creditore alcuna situazione giuridica soggettiva ed egli non può aderirvi: una sua eventuale adesione dovrebbe considerarsi giuridicamente irrilevante. Da qui discende la seguente conseguenza: a differenza dell'accollo semplice, l'accollo interno costituirebbe un contratto atipico irriducibile alla figura del contratto a favore di terzi. La distinzione proposta tra accollo semplice ed accollo interno permette altresì di impostare il problema della c.d. “conversione” dell’accollo esterno: con questo termine, atecnico e alquanto impreciso, si suole a volte designare in dottrina la possibilità che l’accollo, forgiato dalle parti come esterno, non riceva l’adesione ma il rifiuto del creditore e in conseguenza di ciò valga come accollo interno. L’accollo così descritto dovrebbe essere qualificato non come accollo interno ma come accollo semplice, per cui vincolerebbe di per sé tanto l’accollante quanto l’accollato, a meno che essi non lo abbiano sottoposto alla condizione dell’adesione (o della liberazione). Non sembra che vi sia bisogno di riqualificazione o “conversione” alcuna. Per questa ragione è altresì sottoposta a critica l’opinione di chi ritiene che l’accollo esterno sia sempre e necessariamente “convertibile” in accollo con efficacia limitata tra le parti: esse potrebbero escludere questa possibilità, preferendo ad es. non obbligarsi affatto qualora il creditore manifesti il suo rifiuto.
Farace, D. (2013). Art. 1273 - Accollo. In Vincenzo Cuffaro (a cura di), Commentario del codice civile diretto da Enrico Gabrielli. Delle obbligazioni - art. 1218-1276 (pp. 922-971). Utet giuridica.
Art. 1273 - Accollo
FARACE, DARIO
2013-01-01
Abstract
Il contributo analizza i caratteri essenziali dell'accollo. L'accollo, che la dottrina colloca variamente ora sul piano della fattispecie, ora sul piano degli effetti, è ricostruito nell'alveo della prima alternativa, come fattispecie autonoma il cui effetto è (innanzitutto) l'assunzione di un debito altrui. Nel cercare di delineare un quadro complessivo esaustivo, il contributo svolge tesi originali, come la distinzione tra accollo semplice e accollo interno. Il contributo muove dalla pacifica ammissione che gli effetti dell’accollo possano essere limitati esclusivamente ad accollante e accollato. Ciò può accadere per tre ragioni diverse: a) perché l’accollo era aperto all’adesione del creditore, ma questi ha dichiarato di non voler aderire, precludendo al contratto di spiegare la sua efficacia nei suoi confronti; b) perché l’accollo era aperto all’adesione del creditore, ma prima che questa intervenisse è stato revocato; c) perché le parti fin dall’inizio hanno inteso stipulare un contratto non aperto all’adesione del creditore. Tutte e tre le ipotesi sono promiscuamente denominate accollo semplice o accollo interno, ma tale accorpamento è meritevole di critica. Parrebbe sussistere tra le prime due figure, da un lato, e la terza, dall’altro, una differenza strutturale che non può essere ignorata: se il patto di accollo nasce aperto all’adesione del creditore, da esso discende l’attribuzione al creditore di una situazione giuridica soggettiva, che sembra consistere in un diritto potestativo. Il creditore può scegliere di aderire, di non rispondere o di non aderire, e può così rendere irrevocabile, o non rifiutare, oppure ancora rifiutare la stipulazione compiuta a suo favore. Vi sarà altresì un periodo, tra la stipulazione dell’accollo e la dichiarazione del creditore, di incertezza sugli effetti, potendo il creditore rifiutare oppure non limitarsi ad aderire, ma liberare il debitore accollato. Ancora, se il creditore rifiuta di aderire, potrebbe essere venuta meno la funzione del contratto; le parti potrebbero averlo posto in essere proprio in funzione dell’adesione del creditore, non desiderando un’efficacia limitata alle loro sfere giuridiche. Oppure, potrebbero aver voluto comunque che il terzo assumesse l’obbligazione dell’accollato, nonostante il rifiuto del creditore. L'accollo semplice nasce aperto all’adesione del creditore ed è pertanto riconducibile alla figura del contratto a favore di terzi, ma poi spiega la sua efficacia solo tra le parti. Viceversa, l'accollo interno non nasce aperto all’adesione del creditore, ma è destinato fin dall'inizio a spiegare i propri effetti esclusivamente nelle sfere giuridiche del primo debitore (accollato) e del secondo debitore (accollante). Le parti non intendono attribuire al creditore alcuna situazione giuridica soggettiva ed egli non può aderirvi: una sua eventuale adesione dovrebbe considerarsi giuridicamente irrilevante. Da qui discende la seguente conseguenza: a differenza dell'accollo semplice, l'accollo interno costituirebbe un contratto atipico irriducibile alla figura del contratto a favore di terzi. La distinzione proposta tra accollo semplice ed accollo interno permette altresì di impostare il problema della c.d. “conversione” dell’accollo esterno: con questo termine, atecnico e alquanto impreciso, si suole a volte designare in dottrina la possibilità che l’accollo, forgiato dalle parti come esterno, non riceva l’adesione ma il rifiuto del creditore e in conseguenza di ciò valga come accollo interno. L’accollo così descritto dovrebbe essere qualificato non come accollo interno ma come accollo semplice, per cui vincolerebbe di per sé tanto l’accollante quanto l’accollato, a meno che essi non lo abbiano sottoposto alla condizione dell’adesione (o della liberazione). Non sembra che vi sia bisogno di riqualificazione o “conversione” alcuna. Per questa ragione è altresì sottoposta a critica l’opinione di chi ritiene che l’accollo esterno sia sempre e necessariamente “convertibile” in accollo con efficacia limitata tra le parti: esse potrebbero escludere questa possibilità, preferendo ad es. non obbligarsi affatto qualora il creditore manifesti il suo rifiuto.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Farace - Art. 1273.pdf
solo utenti autorizzati
Descrizione: articolo principale
Licenza:
Copyright dell'editore
Dimensione
365.83 kB
Formato
Adobe PDF
|
365.83 kB | Adobe PDF | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.