La rilevanza delle pronunce del giudice amministrativo nel giudizio civile ed in quello penale

Il saggio riproduce la relazione tenuta dall'Autore al Convegno di Legge del 27/28 aprile 2012 su l'Europa del diritto: i giudici e gli ordinamenti. Nella parte introduttiva si sofferma sulla distinzione tra concetto di rilevanza ed efficacia giuridica; sulla esigenza di considerare le pronunce del g.a. come qualificate nel c.p.a. e non solo il problema della rilevanza del giudicato; di considerare detta rilevanza anche nei confronti del processo tributario. Il contributo contiene un breve excursus storico sui rapporti tra le giurisdizioni, culminato nell'autonomia a seguito della riforma del c.p.p. nel 1989, ma critica tale soluzione perché non tiene conto dei principi di effettività della tutela giurisdizionale, del giusto processo e del ruolo del c.d. ordinamento multilivello; nonché del principio di leale collaborazione tra giurisdizioni. Dal punto di vista tecnico distingue le fattispecie in cui: a) la rilevanza è semplicemente fattuale; b) costituisce prova o argomento di prova; c) realizza un effetto giuridico riflesso; d) infine quelle in cui produce efficacia diretta. Si segnala la disarmonia tra la concezione sostanziale e quella processuale dell'oggetto del giudizio amministrativo e in particolare dei limiti oggettivi del giudicato, sia nella giurisdizione di legittimità che in quella esclusiva, stante il ruolo assunto dal g.a. come giudice naturale del diritto dell'economia. In prospettiva, si auspica una maggiore effettività delle pronunce del g.a. in direzione dell'accertamento stabile del rapporto controverso, che consentirebbe alle stesse di acquisire non solo effettiva autorità, ma anche evidente autorevolezza.